La sfida per portare innovazione in montagna è stata lanciata.
La chiave di volta sarà la formazione professionale.
Promosso dalla Provincia di Reggio Emilia, con un finanziamento di 200mila euro provenienti dal Fse dell’Unione Europea, il progetto Innovappennino è stato presentato venerdì 20 maggio nella Sala del consiglio comunale di Castelnovo ne' Monti.
Il suo obiettivo è analizzare in modo dettagliato i bisogni formativi dell’Appennino reggiano, a partire dal potenziale di sviluppo delle imprese e delle professioni.
I partners sono gli enti di formazione Ifoa, Cesvip ed Irecoop.
Il Censis partecipa al supporto metodologico.
“La nostra proposta sulla montagna come luogo di sperimentazione per un nuovo modello formativo è nata all’interno dell’Unità anticrisi della Provincia di Reggio Emilia – ha detto la presidente Sonia Masini, che con le sue parole ha dato ufficialmente avvio ad Innovappennino – Vogliamo estendere questa iniziativa come buona pratica a tutto il territorio provinciale, perché crediamo che possa essere utile alle aziende, così da assicurare la loro capacità competitiva e la loro permanenza sul mercato, ai cittadini, soprattutto quelli più giovani, che vogliono ampliare le proprie competenze per lanciarsi in una nuova impresa e costruirsi il futuro professionale”.
La presidente ha ricordato quanto un progetto simile possa “essere di supporto sia agli enti pubblici che operano in montagna, per riqualificare il personale secondo le esigenze di innovazione richieste alla pubblica amministrazione, sia per gli enti di formazione, per favorire la loro integrazione e la costruzione di interventi mirati alle esigenze dei territori”.
Al centro dell’attenzione anche il tema della razionalizzazione del sistema formativo.
“La Provincia ha voluto aprire un ragionamento con gli enti di formazione per evitare la frammentazione e la dispersione delle risorse, oltre che agire nel modo migliore nell’interesse dei cittadini e delle imprese per ragionare su un nuovo modello di sviluppo – ha precisato Sonia Masini – Tuttavia, nonostante i tentativi di collaborazione ed aggregazione fatti e indotti dalla Provincia, ancora non abbiamo visto fusioni tra gli enti: abbiamo bisogno che dai più dei 20 attuali si possa passare a 5 molto specializzati”.
Innovappennino si divide in quattro fasi.
La prima prevede il coinvolgimento diretto di imprese ed enti del territorio per identificare i fabbisogni formativi reali, attraverso attività che vedranno la collaborazione della metodologia e dei ricercatori del Censis.
In seconda battuta, ci sarà un’elaborazione dell’offerta formativa, sia per i contenuti sia per le modalità didattiche, tra cui sono previsti percorsi di e-learning, così da facilitare la partecipazione e ridurre gli spostamenti.
La terza fase riguarda la formazione e l’accompagnamento per la creazione d’impresa e lo sviluppo di competenze ed attitudini di lavoratori ed imprenditori.
In ultimo, si procederà alla valutazione e al seminario finale di un progetto che ha riscosso successo ed interesse tra enti locali, istituzioni, sindacati ed associazioni di categoria.
Il presidente del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, Fausto Giovanelli, ha affermato che “la ricerca sulla formazione non deve essere difensiva di quello che esisteva prima, ma deve spingere il territorio verso un’innovazione nei confronti della quale facciamo resistenza”.
Luciano Correggi, presidente Gal, ricorda che “l’integrazione tra la formazione professionale, la creazione di reti e la partecipazione a bandi di finanziamento permette di cogliere importanti opportunità”.
Giuseppe Pezzarossi, Ifoa, è “d’accordo sulla razionalizzazione degli enti, in quanto le risorse andranno a calare. È un progetto che ci dà lustro e cambia le modalità di individuazione dei fabbisogni formativi, ragionando in una logica bottom-up. Il dato di fatto è che quanto più un territorio incorpora competenze, tanto meglio è, soprattutto in un contesto di crisi economica”.
Anche Sergio Vistarini del Censis mette l’accento sul modello e sul fabbisogno formativo: “Significa individuare un modello di sviluppo futuro del territorio e capire come i diversi attori intendono accompagnarlo”.
Per Sergio Fiorini di Legacoop, “il fatto di sperimentare un nuovo modello che superi la frammentazione dell’offerta formativa carica questo progetto e l’Appennino di importanti responsabilità; è segno che nell’area della montagna, nonostante ci siano condizioni di fragilità imprenditoriale, si manifestano grosse opportunità da portare a sintesi”.
“In montagna si vede una coesione sociale che in altri distretti è difficile trovare, quindi le imprese coinvolte sapranno dare il giusto ritorno” ha commentato Mirco Pisi, rappresentante della Cna, anche perché, come ha suggerito Dusca Bonini della Cgil, “l’imprenditorialità rappresenta un’opportunità per restare in questo territorio”.
Sulla stessa linea di apprezzamento Francesca Sorbi di Confapi, da cui arriva “una totale apertura per il progetto: è la prima volta che ci si approccia ai reali fabbisogni dell’impresa montagna in modo strutturato e omogeneo. Il modello che ne uscirà non sarà una semplice questione montanara”.