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Alla Pieve di Castelnovo ne’ Monti si è parlato di “Acqua dono di Dio e bene comune” col vescovo cileno

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Infanti De La Mora, vescovo dell’Aysèn regione della Patagonia cilena, ha origini italiane.
Nato a Codroipo nel Friuli, emigrato a 19 anni, è diventato sacerdote in Cile e in seguito vescovo in una regione affascinante per il suo ambiente incontaminato, da cercare sulle carte in fondo all’altro emisfero verso il polo sud.
Per la prima volta è salito nel nostro Appennino e un bel tramonto dalla Pietra gli ha permesso di vedere un panorama nitido prima di sostare nel santuario davanti all’immagine della Madonna.
Sorpreso di scoprire un pezzetto dell’Italia piccola , ha descritto qualcosa della sua grande diocesi, estesa lungo più di mille chilometri di praterie, fiumi e laghi, stretta tra le Ande e la costa frastagliata del Pacifico dove le multinazionali dell’alimentare allevano il salmone facendo concorrenza a quello norvegese.
Prima dell’incontro serale in programma alla Pieve, don Aldo Orienti accoglie il vescovo per una cena nella Casa della Carità di Cagnola, assieme agli ospiti e ai numerosi volontari secondo le regole della condivisione famigliare e ricorda che, ai tempi duri del seminario di Albinea, si mandava qualcuno “in patagonia” per indicare il luogo più inospitale in fondo al corridoio lungo e freddo dove si sentivano irrompere le acque nel vicino cesso.
Il vescovo Infanti si presenta più giovane dei 57 anni, di alta statura, modi affabili e immediata confidenza.
Rimane colpito dallo spirito della Casa, chiede di saperne di più su questa originale ispirazione della fede.
Il dialogo coinvolge tutti spaziando tra le spiegazioni di suor Giovanna su don Mario Prandi, mandato parroco dalla città a Fontanaluccia nella nostra montagna più isolata, quelle di don Aldo su don Sergio Pignedoli nunzio in Bolivia prima di diventare cardinale e di Don Benedetto sulle differenze incontrate cominciando a fare il prete nei paesi lungo il Po prima di superare la ritrosia montanara.
Il Parroco don Evangelista Margini apre l’incontro serale partecipato dal Sindaco Marconi, Assessori e sono rappresentati quasi tutti i gruppi del Consiglio comunale tranne uno.
Fulvio Bucci illustra l’iniziativa "Acqua dono di Dio e bene comune" condotta dalle diocesi italiane, compresa la nostra, attraverso la “Rete interdiocesana Nuovi stili di vita” e apre la strada a Monsignor Luis che porta l’ampia e profonda riflessione negli enormi spazi dell’America latina, tra le montagne della cordigliera, le acque dei due oceani e quelle dolci catturate dai grandi investitori che puntano sull’inevitabile rivalutazione di questa sostanza di cui nessuno può privarsi. Volendo, una persona può rinunciare a tutto tranne che all’acqua e l’argomento coinvolge ogni meridiano e latitudine.
Un uditorio attento percepisce la dimensione della posta in gioco accompagnato dal vescovo a scrutare la realtà sudamericana dove è possibile comprare migliaia di ettari di terra in un colpo solo, allevare il salmone facendo diventare il fondale come una superficie asfaltata.
Un solo soggetto può possedere il 96% dell’acqua dolce con le norme introdotte in Cile da Pinochet per favorire lo sfruttamento privato di un bene comune e stavolta siamo noi italiani a far la parte dei “predatori dell’oro blù” nell’Aysèn .
Ne sappiamo poco o nulla, ma il nostro ente nazionale per l’energia elettrica ha vinto la posta in gioco attraverso l’acquisto della società idroelettrica spagnola. Il vescovo Infanti ha sollevato la questione con la Lettera pastorale "Dacci oggi la nostra acqua quotidiana" (edita da EMI) ponendola anche nella sede dell’Assemblea dell’ENEL.
In questo modo la Chiesa cattolica per prima ha cominciato a chiedere cosa ne pensava la gente del progetto da tre miliardi di dollari per bloccare due fiumi della Patagonia cilena con grandi dighe e costruire un elettrodotto che provoca su quel territorio una ferita larga 120 metri e lunga 1600 chilometri.
Le domande estese alla comunità internazionale sono precise: chi è proprietario dell’acqua, a chi vanno i benefici dello sfruttamento, qual è il rispetto delle regole fissate dalla Commissione Mondiale delle dighe…
In conclusione il vescovo conduce la riflessione sulla nostra fede, sul bisogno di mettere al centro il mondo con tutti suoi abitanti e non più solo quella parte della specie umana capace di sottomettere le altre e di giustificare l’arbitrio su ogni risorsa del creato.
Fa notare che la realtà non è casuale… siamo di fronte non più ad un epoca di cambiamento, ma a un cambiamento d’epoca caratterizzato da forte instabilità e da strutture di potere che escludono i popoli, le culture, le persone più vulnerabili: non più solo i poveri, ma veri e propri esclusi.
Propone una visione del mondo ecocentrica per superare le due visioni tradizionali, quella antropocentrica che pone al centro l’uomo, oppure quella cosmocentrica che pone tutto in funzione del cosmo (e siccome non possiamo eliminare la povertà, eliminiamo i poveri).
Al contrario, la visione ecocentrica considera che la Terra è di Dio e tutto è stato creato per raggiungere la pienezza: persone, piante e animali. Abbiamo bisogno di una conversione ecologica, nuova cultura, sobrietà e comunione in luogo dell’aggressività e la riflessione del vescovo Luis Infanti viene salutata con caloroso applauso.
Emiliano Codeluppi ricorda la dimensione più piccola ma non meno insidiosa della nostra questione per le norme italiane da abrogare e sollecita la massima partecipazione per rendere valido il referendum. Gianluca Marconi porge al Vescovo Luis Infanti un sacchetto di doni dove non possono mancare la concretezza del formaggio e la raffigurazione della Pietra di Bismantova.
Le slide utilizzate dal vescovo Luis Infanti possono essere richieste a Domenico Dolci, capace organizzatore di un’iniziativa che ha riscosso interesse su tutto in vicariato della montagna

(Enrico Bussi)