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“Siamo di nuovo in guerra!”

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Speravamo che non accadesse più, ci siamo battuti con coerenza e determinazione perché non si dovesse pronunciare più la terrificante parola! E invece siamo di nuovo in GUERRA, sulla base di una autorizzazione del Consiglio di sicurezza dell'ONU che, al fine di "porre in essere tutte le misure necessarie" per proteggere i civili libici, ha dato in realtà il via libera a un massiccio intervento armato e a bombardamenti dall’esito imprevedibile. Nella nostra regione è già stata attivata la base di San Damiano e i tornado sono pronti a partire.

Nei mesi scorsi si sono verificati nello scenario politico internazionale gravi ritardi e manchevolezze che hanno reso inadeguato il sostegno effettivo alle rivoluzioni democratiche avviate in alcuni Paesi del Nordafrica. Ma in particolare i gravi ritardi e le omissioni nei confronti della Libia, che hanno fatto seguito, per quel che riguarda in particolare il governo italiano, allo scellerato trattato dell’agosto 2008 con il dittatore libico, hanno reso impossibile fornire il necessario sostegno politico al movimento di liberazione e non praticabile l’ipotesi di soluzioni di interposizione condivisa affidata all’ONU ed ai suoi caschi blu. Gheddafi ha potuto così intensificare la campagna militare e la sanguinosa repressione, in attesa di una presa di posizione internazionale che tardava ad arrivare.

Fin dall’inizio è risultato evidente che la discussione su come affrontare la crisi libica fosse orientata verso l’uso della forza e della No Fly Zone, piuttosto che alla ricerca di soluzioni alternative che non prevedessero operazioni militari. Nella risoluzione del Consiglio di Sicurezza alcune delle misure messe in campo (quelle economiche e negoziali, il cessate il fuoco e la ricerca di mediazione) non sono state perseguite con convinzione.

La decisione di imporre la "No fly zone" e la scelta dell’intervento militare attivo quale “misura necessaria per proteggere i civili” si sta in realtà configurando come un’operazione militare in grande stile piuttosto che come un intervento a tutela dei civili e appare l’incredibile replica di politiche che in passato non hanno certamente contribuito a risolvere la questione, seppur critica, della tutela delle popolazioni civili in situazioni di conflitto. Ciò che si sta attuando è assai diverso da quella che fu l’intervento di interposizione in Libano, rischia di cambiare, anche nei movimenti e nelle opinioni pubbliche, la percezione della situazione e delle possibili vie d’uscita.

Riaffermiamo la nostra chiara condanna del regime di Gheddafi, delle violazioni dei diritti umani dei cittadini libici e dei migranti e ci impegniamo a sostenere, in tutte le forme e modalità possibili, i movimenti che chiedono democrazia e libertà. Ciò non comporta rinunciare alla critica a queste modalità d’uso della forza, ma piuttosto continuare a sostenere un impegno necessario ed indispensabile per una reale soluzione su un terreno che preveda un cessate il fuoco, l’invio di caschi blu di interposizione, l’uscita di scena del dittatore e il suo giudizio da parte della Corte Penale Internazionale. Sarà poi urgente contribuire al rafforzamento delle organizzazioni della società civile per una nuova stagione di democrazia, di diritti e per il mantenimento della Libia unita. È nostro preciso dovere, in quanto forza politica che ripudia la guerra come strumento di soluzione delle controversie internazionali, contribuire all’affermazione e allo sviluppo di una nuova politica estera italiana ed europea, nella ricerca costante di interlocuzione con le realtà della società civile ed i movimenti sociali in tutto il bacino del Mediterraneo.

(Sinistra Ecologia Libertà - Coordinamento provinciale Reggio Emilia)

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Sul medesimo argomento abbiamo ricevuto, in giornata, in modo indipendente dal precedente, anche un contributo di Mauro Bigi, sindaco di Vezzano sul Crostolo, che proponiamo di seguito.

Di fronte all’ennesima guerra “per la pace”, che è un evidente ossimoro, mi trovo, ci troviamo, ancora una volta di fronte al dilemma se questa sia giusta o meno. Come cittadino, come cristiano, come sindaco. Il tema della guerra giusta è un dibattito antico, legato alla storia dell’uomo moderno. Aristotele ha aperto il dibattito affermando che la guerra fosse giusta solo se "in vista di pace". Per Cicerone: “Sono ingiuste tutte le guerre scatenate in difetto di motivo legittimo. Nessuna guerra è infatti giusta se non provocata dall'esigenza di vendetta contro il nemico per un torto perpetrato o da quella di cacciata dello stesso invasore dai confini del territorio statale”. Poi Sant’Agostino concepì la teoria della guerra giusta come un insieme di condizioni necessarie che servivano nel loro insieme a rendere la guerra moralmente accettabile in alcuni casi piuttosto che assolutamente inaccettabile. E così fino ai giorni nostri quando secondo Norberto Bobbio giusta è ogni guerra atta a realizzare la “pace positiva”, consistente nella situazione di dominio della giustizia e sussistenza di benessere sociale diffuso ed omogeneo. Ora senza potermi addentrare troppo nel tema per evidente carenze personali filosofiche e per motivi di spazio, vorrei sottolineare, come del resto ha fatto nelle sue ultime opere Emanuele Severino, che la soluzione al mio, al nostro quesito stia allora nel secondo termine: “giusta”. E allora possiamo dire oggi, viste le premesse e le riflessioni, dell’intervento armato contro il governo libico di alcuni paesi sotto l’egida dell’Onu che si tratti di una guerra giusta? No, non è una guerra giusta. Non ci troviamo di fronte all’invasione di una nazione contro un’altra, come quando l’Iraq invase il Kuwait. Non siamo di fronte a genocidi come nell’ex-Yugoslavia. Non c’è un progetto demoniaco come era il nazismo di Hitler. Siamo ”semplicemente” di fronte alla repressione brutale da parte di un governo illegittimo, se così vogliamo intendere i governi non eletti democraticamente, verso il suo popolo. Ora se l’Onu dovesse intraprendere, o comunque dare il via libera, a guerre giuste tutte le volte che si dovesse presentare quest’occasione, è chiaro che avremmo l’apertura di un conflitto al giorno. A partire dalla Cina, per citare il caso più eclatante, quando soppresse con la violenza i moti di Tiannmen. Quanti furono i morti e le violenze allora? Più o meno di quelle della Libia di questi giorni? Si potrebbe obiettare che erano 20 anni fa. Ma se succedesse domattina il mondo si comporterebbe diversamente da allora? No, non credo. La verità è che a partire da principi anche giusti si fanno norme da applicare solo ai più deboli, mai ai più forti. E nei casi che di volta in volta, per lo più per interessi economici, i forti scelgono. Ci sono altre situazioni che in questi anni, in questi mesi erano e sono similari. L’Onu ha forse detto o fatto qualcosa? No. Ce la prendiamo oggi con lo sfigato di turno, il Saddam Hussein del Mediterraneo, l’anello debole della catena dei governi, tra cui molti mediorientali, ingiusti. Colpirne uno, quello più debole, per educarne cento, sembra essere la filosofia tornata di moda dell’Onu. Ora, che Gheddafi fosse un dittatore lo sapevamo da tempo. E non abbiamo fatto nulla, per non dico rimuoverlo ma anche solo per incidere sulla sua politica interna. Anzi lo abbiamo accolto, riverito, omaggiato, in Italia e in Europa, come nel suo paese, fino a pochi mesi fa. Non c’erano problemi ieri? Nessuno pensava che se mai ci fosse stata una ribellione nei suoi confronti, non si sarebbe comportato come oggi? Pensavamo che al primo sussulto avrebbe fatto le valigie? Che ipocrisia. E così ci troviamo di fronte ancora una volta ad una guerra ingiusta. Moriranno ancora una volta degli innocenti, da una parte all’altra. Alla caduta del governo Gheddafi non credo assisteremo, anche se me lo auguro, alla nascita di un governo democratico stile europeo. Ho paura di una situazione tipo Iraq o Somalia o Afghanistan. O nella migliore delle ipotesi alla nascita di un novello Gheddafi, ma un po’ più rispettabile. Cosa si poteva fare? Come per tutte le malattie, è meglio prevenire che curare. E quindi partendo col tempo avremmo potuto evitare l’ennesima e inutile e ingiusta strage. Ma oggi, mi chiedo, mi si chiederà, con già i morti nelle strade e gli insorti bombardati? Semplice. Bastava che l’Onu, invitando alla tavola tutti i paesi che acquistano petrolio dalla Libia, decretasse l’embargo totale, sia in entrata che in uscita, di tutte le risorse. E Gheddafi, o meglio i suoi, sarebbero addivenuti a più miti consigli. In pochi giorni. Dire ad un paese che da domani mattina le tue frontiere sono completamente chiuse, e dirlo ad un paese esportatore di petrolio, è un ultimatum più spaventoso addirittura della guerra. Naturalmente se si è certi, da una parte e dall’altra, che non si tratti di un bluff... Ma non l’hanno fatto. Perché ancora una volta ci troviamo di fronte ad una guerra per il petrolio. Avete visto i francesi come sono stati veloci? Non vogliono farsi fregare come in Iraq, dove tutti i contratti legati al petrolio e per la ricostruzione li gestiscono gli Usa. Questa volta toccherà a loro, che per primi sono scesi in campo. Ci mancava solo la Carlà in versione Giovanna d’Arco!! E’ sempre un problema di soldi, di potere economico. La giustizia è un’altra cosa.

(Mauro Bigi, sindaco di Vezzano sul Crostolo)

2 COMMENTS

  1. Dopo le guerre puniche…
    …quelle di Punizione. Un altro bellissimo modo di spendere soldi, i nostri soldi. Fantastico comunque, dopo aver firmato un accordo dove l’Italia in venti anni deve versare cinque miliardi di euro alla Libia, aver sottoscritto di tutto con Gheddafi ed averlo difeso in ogni momento, Berlusconi ed il suo governo riesce sempre a stupirci. Dietrofront da panico con tanto di assist al Cavaliere bianco (nero in questo caso) Sarkò che pur di forare buchi in mezzo mondo, invece di aiutare i cosiddetti “ribelli”, va a bombardarli facendo di tutta l’erba un fascio.
    La Libia è uno dei maggiori rifornitori di petrolio in Italia, magari i nostri debiti avevano raggiunto le stesse cifre di quello pubblico e quindi come bonus abbiamo sbloccato cacciabombardieri e frasi tipo “in nome della democrazia”.
    “Naturalmente la gente comune non vuole la guerra: nè in Russia nè in Inghilterra nè in Germania. Questo è comprensibile. Ma, dopotutto, sono i governanti del paese che determinano la politica ed è sempre facile trascinare con sè il popolo, sia che si tratti di una democrazia o di una dittatura fascista o di un parlamento o di una dittatura comunista. Che abbia voce o no, il popolo può essere sempre portato al volere dei capi…”.
    Chi l’ha detto? Un anarchico proudhoniano? No, Herman Goering durante il processo di Norimberga, finendo il discorso con: “…È facile. Tutto quello che dovete fare è dir loro che sono attaccati e denunciare i pacifisti per mancanza di patriottismo e in quanto espongono il paese al pericolo. Funziona allo stesso modo in tutti i paesi”.
    Deja vu?

    (Asmir Lalic)

  2. Dilemma: petrolio o anello?
    Personalmente mi sono fatto l’idea che una guerra non è mai giusta; non giuste nemmeno quelle recenti fatte e sbandierate per esportare la democrazia o tanto meno quelle per rimuovere il burqa alle donne. Mi viene sempre il sospetto concreto che lo scopo sia ben altro. Ma oltre a queste considerazioni mi sono fatto alcune domande. Stavamo parlando appena qualche giorno fa di referendum nucleare sì o nucleare no. Quanto ci costerà in termini di energia questa guerra (sommata alle altre in corso)? Considerando anche il fatto che andiamo a distruggere le armi che gli abbiamo venduto noi!! Armi vendute in cambio di energia che viene utilizzata anche a fabbricare le stesse armi. Così che finita questa burrasca gliene venderemo delle altre nuove, più potenti. Fino alla prossima distruzione! E’ un ottimo modo di “incentivare l’economia” di chi produce le armi, ma è una scaletta che mi piace molto poco. Si dice che si fa la massima attenzione a non fare vittime civili… ma chi guida un carro armato o lavora in queste caserme non sono esseri umani, con famiglia, figli…? Forse potrebbero essere obbligati a fare quel lavoro, o no?
    Un consiglio: non potrebbe essere un’ottima medicina fargli bere il suo petrolio invece di baciargli l’anello?

    (Elio Bellocchi)