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Castelnovo / In corso il restauro del Crocifisso della chiesa parrocchiale della Pieve

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Da alcune settimane è in corso il restauro del Crocifisso al quale è intitolata l’omonima cappella posta nella chiesa parrocchiale della Pieve di Castelnovo ne’ Monti. Lo stato di conservazione della preziosa opera si può desumere dalle considerazioni contenute nella preliminare relazione di restauro: “Il Crocifisso in terracotta policroma, inserito nell’ancona in scagliola, si presenta in precarie condizioni conservative. Un pesante strato, composto da cere, oli, vernici e depositi ambientali, occulta la coloritura sottostante appiattendo la plasticità del manufatto e nega la fondamentale fruibilità cromatica dell’opera. Sono presenti interventi di restauro eseguiti nel passato, diverse lesioni e fenditure nelle zone di attacco delle parti che compongono la scultura e altre rotture si evidenziano con fessure e sbeccature…”.

La presenza dell’altare del Crocifisso è attestata per la prima volta nell’inventario redatto dall’arciprete don Domenico Manini il 13 aprile 1690. Questo arciprete, originario di Cadignano (presso Gova, in quel tempo nel vicariato di Minozzo), resse la Pieve dal 1644 al 1693 e fu uno dei grandi benefattori del tempio castelnovese nel primo periodo post-tridentino, assieme a don Ambrogio Iattici, allo zio don Giovanni Maria Manini, suoi predecessori, ed al Conte don Giovanni Paolo Pallù della Crovara, suo successore. Don Domenico aveva già eretto, nel 1665, l’altare di S. Antonio da Padova, nella cappella situata al centro della navata in cornu Epistulae (cioè a destra per chi guarda la chiesa dal fondo), provvedendo, a sue spese, a dotarlo di una ricca ancona lignea, opera dei Ceretti di Casola di Montefiorino.

Pose il Crocifisso sul nuovo altare e così lo descrisse nell’inventario già citato: “Crocifisso grande di terra, incolorito, con casamento (ancona, ndr) di stucco”. La cappella era appresso a quella, già menzionata, di S. Antonio da Padova, lungo la stessa navata, immediatamente prima del braccio del transetto posto a mezzogiorno. Il luogo era quello dell’attuale cappella dell’Immacolata Concezione (che sarà canonicamente eretta quasi due secoli dopo) ma, a quei tempi, lo spazio che vi era disponibile era assai ridotto per la presenza, dalla stessa parte, delle due grandi cappelle fatte costruire, nei decenni precedenti, dalle importanti famiglie Pacchioni e Sola. Esse, addirittura, si protendevano verso l’esterno, occupando parte dell’attuale sagrato (si veda, in proposito, la pianta della chiesa contenuta nel “codice” del vescovo Gian Agostino Marliani del 1664 e riportata qui sopra).

La sfavorevole angustia di questa prima cappella del Crocifisso fu sottolineata dal vescovo Ottavio Picenardi in occasione della sua visita pastorale del 20 agosto 1705. Essa, tuttavia, doveva durare ancora ben poco: fino alla riedificazione della chiesa, iniziata nel 1713 da don Giovanni Paolo Pallù (1694-1726), che volle la trasformazione del tempio dalla sua primitiva architettura romanica all’attuale forma barocca, secondo i nuovi dettami suggeriti dal Concilio di Trento.

In quegli anni le cappelle assunsero le dimensioni attuali e l’altare del Crocifisso fu arretrato nella prima cappella, sempre dalla parte dell’Epistola, ove rimase sino al 1838, quando l’arciprete don G. Battista Caselli (1832-1841) lo fece definitivamente collocare a sinistra dell’altare maggiore (guardando dalla navata), scambiandone la posizione con quella occupata, dalla fine del ‘500 e fino ad allora, dall’altare di S. Pancrazio.

Questi ripetuti spostamenti produssero effetti negativi sull’artistico simulacro, con statua di autore ignoto dai lineamenti delicati e drammaticamente atteggiati. Fu sicuramente allo scopo di adattarla alle successive sistemazioni che venne inopportunamente amputata la Croce lignea.

L’opera di recupero del prezioso Crocifisso è eseguita nel laboratorio reggiano della restauratrice castelnovese Maura Favali, che ha recentemente ridonato vita e splendore alla statua cinquecentesca di S. Antonio Abate, ricollocata ora nella sua storica cappella. L’onere economico per il restauro del Crocifisso è interamente sostenuto dal Coro Bismantova di Castelnovo ne’ Monti.