Entro il 12 febbraio gli studenti della terza media devono scegliere a quale scuola iscriversi il prossimo anno. Sul tema l'insegnante Nicoletta Beretti, dell'Istituto Prof. Motti, ci invia un contributo che pubblichiamo volentieri
In questo periodo, come insegnante dell’Istituto Professionale, mi sono occupata delle attività di orientamento finalizzate alla scelta della scuola superiore.
Ho fornito informazioni a genitori e ragazzi a teatro, ho accolto i ragazzi per gli stage, sono stata presente in occasione di una delle giornate di scuola aperta. Questa esperienza ripetuta negli anni, i miei vissuti di genitore che ha dovuto accompagnare un figlio nella decisione lo scorso anno, la storia scolastica di una ragazza, già diplomata, mia alunna alle scuole elementari, mi hanno indotto a esprimere pubblicamente le mie riflessioni.
Nell’esperienza di stage ho incontrato tante ragazze, il più delle volte ancora confuse, con l’esigenza di conciliare le loro idee con le aspettative della famiglia e le valutazione degli insegnanti.
Da docente credo di poter affermare che i criteri che guidano il consiglio orientativo privilegino le abilità cognitive e i risultati raggiunti nelle diverse materie, per cui chi presenta difficoltà in qualche ambito viene indirizzato verso i percorsi professionali o tecnici.
E’ dato certo che attualmente le scuole medie investono molte risorse ed energie per l’orientamento: si sono costituiti gruppi di insegnanti, ci si avvale degli esperti dell’equipe psicopedagogica che operano nelle scuole.
Come genitore, lo scorso anno, ho partecipato e vissuto buona parte di queste iniziative.
Mi sono confrontata con un consiglio orientativo nel quale, né mio figlio, né io ci riconoscevamo, ho espresso perplessità riguardo all’attività dello psicologo nelle classi volta prevalentemente a garantire un esame di realtà rispetto alle aspirazioni per il loro futuro dei ragazzi, con la conseguenza di demolire dei sogni che, io credo, vadano comunque accolti.
Ho avuto la fortuna, nel mio percorso professionale, di attraversare tre ordini di scuola: infanzia, elementare, superiore.
La storia che voglio raccontare riguarda una ragazza [tralasciamo il nome per motivi di privacy] che è stata mia scolara alle elementari, alunna dell’ultima quinta prima del mio passaggio alla scuola superiore.
Quella classe era composta da otto ragazzi vivaci, curiosi, alcuni con notevoli capacità.
L'allieva di cui parlo ha mostrato nei diversi anni difficoltà diffuse in molte materie.
Ricordo bene l’impegno profuso per farle imparare le regole ortografiche e il senso di frustrazione provato per gli errori che persistevano.
Il giudizio che l’ha accompagnata all’ingresso alle medie evidenziava le carenze e faceva presumere un percorso in salita.
I ragazzi di questa classe hanno affrontato la maturità lo scorso luglio: la ragazza in questione si è diplomata ragioniera con il massimo dei voti ed è stata la migliore del gruppo delle elementari.
Inoltre ha rappresentato il suo istituto in una esperienza alla Comunità Europea, scelta sulla base dei suo ottimo percorso.
Questi risultati, oltre a riempirmi di gioia, mi hanno costretto a interrogarmi: “Quali insegnanti, con quali strategie, sono riusciti a portarla a questi traguardi? Che cosa si è modificato in lei da consentirle un tale cambiamento?”
Ho così deciso di parlarle perché ritengo questo sia un bell’esempio per chi si appresta a fare una scelta.
Lei mi ha raccontato che la svolta ha avuto inizio in seconda media: la scuola ha organizzato un corso di recupero pomeridiano, la sua brava insegnante di italiano le è stata molto vicina e le ha insegnato come studiare.
In lei poi è scattata una consapevolezza: “Ci sono delle persone che sono qui per me, perché io non devo darmi da fare…”
Sapere come studiare le ha permesso di migliorare i suoi risultati, la gratificazione che ne è derivata ha incentivato motivazione e impegno e al termine della scuola media il giudizio è stato più che positivo.
Per la scelta della scuola superiore ha ricevuto come indicazione dalla mamma quella di “puntare in alto” e ha colto nel papà la segreta speranza che il percorso scolastico fosse rivolto a proseguire l’attività nell’azienda agricola di famiglia. Nella scuola superiore si è rafforzato il senso di responsabilità; ha cominciato a studiare con costanza e impegno utilizzando metodi adatti al suo stile di apprendimento: schemi perché la sua memoria è prevalentemente visiva, esempi a cui fare riferimento e da cui partire per comprendere gli aspetti teorici, esercizio, ripetizione degli argomenti per migliorare la capacità espositiva, guidata dal principio “che ciò che si comincia va portato a termine”.
Altri aspetti determinanti sono stati la lettura e la passione per materie come economia e diritto.
Questa bella esperienza ha fatto scaturire in me molte domande.
Quanta attenzione dedichiamo come insegnanti e come genitori allo sviluppo del senso di responsabilità?
Quanto siamo capaci di far leva sulle potenzialità, quanta abilità mettiamo in campo per sostenere i ragazzi nelle loro aspirazioni piuttosto che classificarli secondo schemi legati prevalentemente all’apprendimento, ai risultati, alle aspettative personali e sociali?
Credo che questi principi possano essere fondamentali per qualsiasi scelta riguardante la scuola superiore, tanto per gli indirizzi professionali che per i licei.
La scelta è il primo passo di un progetto di vita in cui ogni percorso scolastico ha dignità e valore: uno studente responsabile e preparato potrà essere un bravo meccanico, una competente e sensibile educatrice, un capace tecnico, un valido docente universitario.
La neo-ragioniera ora lavora presso l’ufficio vendite di un’azienda a Sassuolo; sta studiando perché il suo datore di lavoro ha deciso di investire per rendere più specifica la sua preparazione.
Io desidero complimentarmi pubblicamente con lei e ringraziarla perché adesso è lei che ha insegnato a me.
Nicoletta Beretti
Hai ragione!
Grazie, cara Nicoletta, della tua testimonianza. E’ proprio così, la tua ex alunna ci dà una bella lezione! Noi insegnanti (noi adulti) rischiamo spesso di farci prendere da automatismi e da semplificazioni che non aiutano i ragazzi a crescere e che (tristissimo) li mortificano. Occorre essere più attenti, più vicini ai ragazzi, più sensibili ai loro mondi, alle loro storie, ai loro percorsi… Nessun automatismo, ogni alunno è diverso dall’altro e a noi adulti spetta un compito preciso: renderli responsabili della loro vita e capaci di spiccare il volo. Grazie di aver condiviso ciò che hai visto e sperimentato. Tanta insicurezza dei ragazzi dipende dall’incapacità degli adulti di credere in loro e di lavorare con loro e per loro in una prospettiva che vada al di là della pagella.
(Nazzarena Milani)
Che sogno!
Che bella storia, spero che anche per mio figlio possa essere così; per ora, da tanti anni ormai, è solo un sogno, grazie.
(Una mamma)
Grazie… ma…
Grazie di averci resi partecipi di questa bellissima esperienza che meriterebbe approfondimenti di pagine e pagine, di trattati e trattati e complimenti alla ragazza cui auguro grandi successi. Mi limito, però a questa considerazione: è una buona notizia che, purtroppo, fa notizia.
Non è la norma, è l’eccezione. Purtroppo è raro, nella scuola, trovare insegnanti in grado di accompagnare con dedizione i ragazzi secondo il loro “bios”, il loro modo di essere e di apprendere. Molto più frequente è trovare insegnanti che svolgono in modo ragionieristico il loro lavoro. Non importa se ognuno di noi ha un diverso modo di apprendere (almeno potrebbero essere formati a due sistemi generici di apprendimento: induttivo e deduttivo!), ha un diverso modo di relazionarsi con la scuola, ha sempre diverse situazioni di vita che lo condizionano. E sono gli stessi insegnanti che, senza preparazione specifica, consigliano a Tizio o Caio i loro percorsi formativi e di vita! Nè io nè i miei figli, purtroppo, abbiamo incontrato persone che ci insegnassero a studiare. Solo la responsabilizzazione indotta dai miei genitori e tanto “lavoro” mi hanno permesso di continuare gli studi ed avere un lavoro decente. La scuola, come ogni altra organizzazione, è composta di uomini e questi dovrebbero essere scelti, oltre che per la preparazione “tecnica” (che Vi assicuro essere in molti casi decisamente lacunosa!), anche per come riesce a trasmettere ciò che sa (cosa non scontata, nemmeno per i geni), ma soprattutto per la dedizione al ruolo che esercitano. Fa, purtroppo, notizia che a questa ragazza sia capitata un insegnante che sa fare il suo lavoro. E… se non l’avesse casualmente trovata sul suo cammino? Avremmo buttato via una mente brillante. Ci avrebbe rimesso lei ma anche la società.
(Elio Peri)
Vale Rossi
Belle e giustissime parole, Nazzarena. Anche la maestra delle elementari di Valentino Rossi aveva detto al ragazzo che con la sua moto non si sarebbe mai guadagnato il pane… Come capiva le capacità dei suoi alunni… Così tanti professori anche oggi; tolgono ogni stimolo ai giovani e ne spengono le capacità.
(Patrizia)
Credo che la ragazza di cui la prof. Nicoletta Beretti riferisce sia stata fortunata ad incontrare lungo il cammino scolastico una prof. che abbia saputo e voluto conoscerla tanto bene da aiutarla ed indirizzarla verso le strategie e i percorsi che avrebbero realizzato le sue potenzialità. La prof. in questione, mi sembra, possiede oltre ad una professionalità alta una qualità che non è contemplata in nessun contratto: passione umana e pedagogica. Sicuramente l’atteggiamento di apertura alla conoscenza ed all’aiuto individualizzato questa prof. lo avrà espresso anche con tutti gli altri studenti che la sorte le ha messo accanto. In quanti avranno saputo cogliere le opportunità offerte loro? Per il successo dell’opera educativo-formativa occorre la collaborazione di più parti improntata ad una grande fiducia reciproca. Comunque fa bene al cuore ascoltare di risultati positivi per percorsi scolastici riusciti di ragazzi della nostra montagna. Grazie Nicoletta per averne scritto.
(MontiClem)