Nelle prossime settimane sono in programma due iniziative di IMPRESA MONTAGNA sul tema delle fonti di energia rinnovabili con particolare riferimento al loro utilizzo in Appennino. Su questo Enrico Bussi ha inviato una riflessione di IMPRESA MONTAGNA che può prestarsi alla discussione anche in occasione delle due iniziative previste il 7 febbraio a Castelnovo ne' Monti e il 28 febbraio a Felina
Fonti di Energia Rinnovabili oppure Fregature Energetiche Ripetute
C’è FER e FER
Nella montagna reggiana c’è chi si batte per evitare la seconda delle due com’è avvenuto con le vicende recenti. Però non basta, l’Appennino non può perdere la possibilità di valorizzare in modo corretto le energie rinnovabili, che fanno parte delle sue risorse importanti e l’associazione Impresa Montagna organizza alcune iniziative allo scopo di capire meglio quali rischi si incontrano e imboccare delle soluzioni valide.
Grandi manovre europee
L’Unione Europea ha stabilito nel 2009 di ridurre entro il 2020 la dipendenza dai combustibili fossili (carbone, petrolio, metano). Il piano europeo applicato dall’Italia prevede le forme di risparmio energetico (edifici, lavorazioni, trasporti) e lo sfruttamento delle Fonti di Energia Rinnovabili innalzando dal 4,5% al 17% la loro incidenza sul totale dell’energia prodotta. Indica anche quale contributo ci si aspetta da ciascuna FER per raggiungere quell’aumento: le biomasse dovrebbero fornire oltre il 50%, eolico 27%, idroelettrico 10%, fotovoltaico 6%, geotermico 3%, solare termico 2,5%. Sono cifre arrotondate che derivano da stime e lasciano molti dubbi, secondo il Comitato Termotecnico Italiano, poichè nel bel paese mancano le applicazioni sperimentate per ogni situazione e la conoscenza delle risorse effettivamente disponibili in ogni punto del territorio.
Grande confusione nazionale
Le regioni italiane si sono dimostrate troppo piccole per sviluppare le tecnologie adatte a sfruttare le FER, figuriamoci cosa potrà accadere trasferendo maggiore autonomia di spesa ai comuni. Si è già visto che in assenza di governo del territorio imperversano le imprese a caccia di incentivi e nascono impianti che non tengono conto del corretto rapporto con l’ambiente provocando danni per la produzione alimentare e gli abitanti. Nelle campagne reggiane arrivano anche le imprese straniere a cercare terreni perché gli altri Paesi europei non permettono di sottrarre superfici all’alimentazione per destinarle all’energia, pur avendo più terra a disposizione di ogni persona rispetto all’Italia. Questo problema è stato segnalato da tempo dall’associazione Rurali Reggiani che collabora con Impresa Montagna nel seguire gli effetti perversi degli incentivi erogati a chi costruisce qualsiasi tipo di impianto per sfruttare le fonti di energia alternative a quella fossile, senza tener conto del bilancio energetico, del bilancio alimentare e dei contraccolpi sulla socetà.
Quali biomasse
Preoccupa il peso attribuito alle biomasse per coprire il 17% del fabbisogno energetico italiano, perché dovrebbero fornire 22 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio. Dividendo la cifra tra le regioni, all’Emilia-Romagna compete di ricavare dalle FER 1,5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, di cui 0.75 da biomasse che corrispondono a 2,1 milioni di tonnellate di legna secca: si tratta di una quantità enorme e possiamo misurarla in un altro modo per sottolineare le conseguenze drammatiche. Se otteniamo le biomasse da coltivazioni di sorgo, mais, pioppo ecc. dedicate a produrre energia servono 100.000 ettari di superficie agricola utile, molto più di tutta quella presente in due province emiliane !! In altre parole, se continua la politica degli incentivi distribuiti a occhi chiusi per sfruttare le biomasse e per distendere dei pannelli solari a terra, vanno i malora gli alimenti derivati da cereali, foraggi e ortofrutta e i vantaggi attesi dagli abitanti per l’energia pulita.
Come rimediare
Qualcuno dei nostri debolissimi assessorati provinciali all’agricoltura cerca di far valere qualche divieto, ma è come pretendere che il vigile alzando la paletta riesca a fermare un TIR lanciato a piena velocità. L’attuale spinta speculativa resta forte e cerca di accaparrare la terra migliore, pianeggiante, proprio quella che i Comuni hanno utilizzato intensamente negli ultimi 20 anni per espandere le costruzioni e la viabilità. Però è possibile evitare di ammazzare le aziende contadine rimanenti se si mettono i pannelli solari sui tetti invece che a terra, se in ogni zona si individuano le sostanze organiche residuali che si possono impiegare per produrre energia, se si sperimentano le soluzioni tecniche e se si combinano le diverse FER trovando l’organizzazione più adatta.
Nella media montagna
Per nostra fortuna ci sono ancora delle persone che sfruttano la fotosintesi allevando il bestiame con l’erba e tagliando alberi maturi per la legna. La prima condizione è dunque quella di non intralciare, ma di sostenere chi coltiva l’ambiente indirizzando gli investimenti verso gli impianti capaci di valorizzare deiezioni degli animali, scarti del campo e del bosco. La seconda condizione è quella di non portare in montagna delle biomasse prodotte in altri continenti (non riducono la dipendenza energetica) e del rifiuto urbano da bruciare. Il rifiuto solido poco selezionato e tritato (compost da rifiuti, cdr) è stato riclassificato come biomassa per favorirne l’impiego energetico e metà di questo materiale in Italia riceve incentivi per essere bruciato. Invece i Paesi avanzati dimostrano che il modo giusto di trattare il rifiuto solido urbano è quello di organizzare la raccolta differenziata “porta a porta”, perché così si premia ogni nucleo famigliare che fa la selezione più accurata e la parte organica può andare a sostituire i concimi chimici, oppure a ricavare energia attraverso la fermentazione. In tal modo si avvia un circuito virtuoso che consente il completo riuso di vetro, metallo, plastica, carta e di restituire la parte organica all’ambiente attraverso la flora microbica che la trasforma in compost, oppure in biogas all’interno del digestore dove si accumula per poter generare energia elettrica e termica.
Consolidare le borgate
L’impiego delle biomasse per la combustione viene già fatto con la legna e nella nostra montagna si può ottimizzare. Gli interventi per ridurre la dispersione del calore permettono di rendere autosufficienti gli edifici adoperando moderne stufe e caminetti a legna, caldaie a cippato. Per migliorare il bilancio energetico ed evitare l’inquinamento occorre evitare l’impiego di biocarburanti importati che sono anche vulnerabili di fronte alle frodi. Infatti, a livello locale è molto difficile controllare in quali condizioni si producono gli olii vegetali nelle terre africane, dell’estremo oriente, oppure se nel pellet sono entrati (com’è accaduto) dei residui inquinati da rifiuti tossici e piante radioattive.
Due serate di informazione a Castelnovo né Monti
ENERGIE PULITE ? lunedì 7 febbraio alle 20.30 nella sala del Consiglio comunale
ENERGIE LOCALI lunedì 28 febbraio alle 20,30 a Felina.
Le due iniziative sono organizzate da Impresa Montagna con la collaborazione dell’associazione Rurali Reggiani e servono a due scopi. In primo luogo gli esperti portano aggiornamenti sulle tecnologie più adatte a queste zone dove le aziende agricole sono attive con allevamenti e boschi e si può combinare l’energia prodotte dalle risorse locali con i consumi di energia di imprese e abitazioni vicine. In un secondo tempo si possono valorizzare i rifiuti urbani ottenuti con la raccolta differenziata “porta a porta”. Gli ottimi risultati ottenuti in un piccolo Comune di montagna come Ponte delle Alpi sono stati illustrati a Castelnovo in dicembre. Se si segue l’esempio di quel Comune e di altri si ottengono dei risultati preziosi, come ridurre le tariffe, creare posti di lavoro, integrare le biomasse di origine agricola nella produzione di biogas e alleggerire il bilancio comunale.
Innovazioni tecniche e organizzative
Per utilizzare le biomasse locali sono disponibili delle tecnologie mature come quella del biogas, mentre altre come la gassificazione sono ancora in fase di perfezionamento. L’agricoltura da sola non riesce a sostenere degli investimenti aggiuntivi, oltre a quelli richiesti per aumentare la dimensione delle aziende e per affrontare il mercato. Occorre dunque cercare le possibili sinergie tra settori, tra investimenti privati e pubblici e ogni Fonte di Energia Rinnovabile si sfrutta meglio se si progettano impianti, individuali o collettivi, da collegare in rete, per esempio integrando l’energia da biomasse con quella del fotovoltaico, ecc.
La creazione di reti tra imprese è stata promossa nel 2010 dalla Regione Emilia-Romagna e lo Stato dal 2011 incentiva il “Contratto di Rete” introdotto nel nostro ordinamento come una nuova forma di impresa agile e idonea allo scopo. In questo quadro così importante e complesso possiamo ricevere dei contributi significativi da un’azienda multiservizi come IREN che intende far crescere a Reggio il settore delle energie rinnovabili, dal CRPA che conduce le attività di sperimentazione e uno “sportello energia” per la Regione, da esperti di ENEA, Università e altri centri di ricerca.
Sono buone ragioni per incontrarsi, avere informazioni e indirizzare la progettazione verso impianti basati sulle risorse del luogo e sulle necessità della popolazione.
(Impresa Montagna, gennaio 2011)