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Il dovere di ricordare ciò che è stato

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E’ uno dei momenti storici in cui l’Appennino tosco-emiliano fu al centro di fatti che segnarono il destino dell’Italia e forse proprio per questo le iniziative sul ricordo di deportazioni, eccidi e sofferenze nel periodo conclusivo della seconda guerra mondiale qui sono ancora così forti e sentite. Ancora una volta dunque è ampio e di forte intensità il programma approntato dal Comune di Castelnovo ne' Monti in occasione della Giornata della Memoria, che si celebra ogni anno il 27 gennaio, per ricordare la “Shoah” e più in generale tutte le enormi afflizioni causate dall’ultimo conflitto, in occasione dell’anniversario dell’ingresso degli alleati nel campo di concentramento di Auschwitz.

Gli eventi sono allestiti in collaborazione dagli assessorati alla scuola ed alla cultura e con il Teatro Bismantova e la biblioteca comunale: quest’anno il tema centrale sarà la trasmissione della memoria, in particolare tra nonni e nipoti.

Dicono al proposito gli assessori Mirca Gabrini e Francesca Correggi: “Crediamo che sia indispensabile raccogliere e custodire, ora più che mai, ogni esperienza di coloro che restano gli ultimi testimoni diretti di quei fatti terribili, i cui racconti, ricordi, pensieri, debbono essere tramandati e conservati, perché ci sono di monito e di esempio, sempre di fortissima attualità ed importanza ancora oggi”.

Nelle due mattinate del 27 e 28 gennaio si terranno due momenti rivolti in particolare alle scuole. Il programma delle due giornale è lo stesso: alle ore 9,30 ci sarà la testimonianza di Vittorio Scalabrini, sulla sua esperienza di guerra, tratta dal libro “Memorie – Dalla campagna di Russia all’Italia repubblicana” che Scalabrini ha dato di recente alle stampe.

“La testimonianza di Scalabrini è particolare – spiega Mirca Gabrini - rappresenta un punto di vista diverso ma puntuale, ovvero quello di un soldato, ma a catturarci è stato in particolare il coinvolgimento con cui il libro viene sostenuto e illustrato da suo nipote, che mostra un esempio di quale legame e frutti possa creare la memoria tra generazioni diverse. Vuole essere un invito ed esempio concreto rivolto ai ragazzi a ricercare un rapporto intimo con i nonni per farsi raccontare le loro esperienze di guerra al fine di costituirne un patrimonio utile per tutti che mi impegnerò, con il loro aiuto e quello di studiosi esperti, a raccogliere, conservare e restituire. Il racconto di Scalabrini poi è importante perché testimonia ulteriormente come il vivere una esperienza di guerra sia un fatto traumatico, che poi per tutta la vita dissuade ed allontana dall’idea di accettarla”.

Ma al centro della giornata ci sarà anche l’importanza dell’impegno civile e sociale, e il ruolo primario che la propria testimonianza di vita, di esperienze così difficili ed apparentemente lontane, nel tempo e dalla percezione comune odierna, può avere in questo impegno, dato che in realtà temi profondi come questi restano sempre di viva attualità. Seguendo questo filo, dalle 10,30 invece sarà proiettato il film “Ogni cosa è illuminata”, trasposizione cinematografica dell’omonima autobiografia di Jonathan Safran.

Il film di Liev Schreiber (Usa, 2005) è incentrato sulla vicenda di Jonathan, uno studente americano deciso a ritrovare in Ucraina la donna che salvò suo nonno dalla furia nazista. Quando atterra nella steppa, impacciato, con i suoi occhiali da miope, sembra un marziano. Incontra Alexander – guida strapazza-lingua - che insieme al nonno “cieco” lo accompagnerà nella ricerca del villaggio di Trachimbrod, uno dei numerosi shtetl bruciati e dimenticati durante la Seconda Guerra Mondiale. Un luogo che ha smesso per sempre di essere geografico, sopravvivendo soltanto nell'anima di coloro che ne hanno pazientemente raccolto e conservato, fino a collezionarle, le tracce e gli oggetti minimi. Un'opera illuminante e illuminata come suggerisce il titolo, che lavora sui registri del tragico e del comico, rivelando del primo l'universalità e del secondo il tempo e i modi della cultura, nel caso specifico quella yiddish.

A coordinare le due giornate sarà il presidente di Istoreco Mirco Carrattieri. Ma le iniziative allestite per il Giorno della memoria non si esauriscono qui: giovedì 27 gennaio, alla biblioteca comunale "A. Campanini", alle ore 10 ed alle ore 14,30 ci saranno le “Narrazioni per non dimenticare”, rivolte alle classi quarte delle scuole elementari, a cura dei volontari della biblioteca. E sempre giovedì, in serata alle 21, la proiezione aperta al pubblico del film “Ogni cosa è illuminata”. In apertura della serata un “confronto tra generazioni”, con la testimonianza ancora di Vittorio Scalabrini e l’intervento di Mirco Carrattieri. Per tutto il mese di gennaio inoltre la biblioteca comunale propone una selezione di opere sulla memoria dell’olocausto.

5 COMMENTS

  1. Non dimenticare
    Sono anni che attendo la commemorazione di una famiglia di castelnovesi di origine ebrea. Si stabilirono a Castelnovo ne’ Monti alla fine dell’ottocento, provenienti dalla valle dell’Engadina, confederazione svizzera. A Castelnovo costruirono una bella casa, villa Largader, e iniziarono una fiorente attività commerciale. Era il negozio dei “coloniali”, ovvero generi di drogheria, sale, zucchero, tabacchi, liquori, profumi, ecc. Nicolò Largader il padre, la madre Anna e due figli. Foto di Paul Scheuermeier li ritraggono davanti alla villa, ora casa Marconi, all’inizio di via Roma, e sul pianoro della Pietra di Bismantova assieme ad amici (un bel volume pubblicato dalla comunità di Sologno è conservato nella biblioteca comunale A. Campanini). Alla fine degli anni trenta (1930), con l’applicazione delle leggi razziali, viene loro tolta la licenza commerciale e in seguito seguono il triste destino di numerosi ebrei deportati. Solo il figlio, di cui non si conosce il nome, ritorna a Castelnovo ne’ Monti nel 1946, unico superstite della famiglia. Si ferma un’intera giornata a guardare quella che fu la sua casa natale, ora di proprietà di estranei. Alla sera si incammina fuori Castelnovo, a cui non farà mai più ritorno. Una signora castelnovese, M.C., ormai anziana, li ricorda bambini, e in particolare la bella figlia, dai lunghi capelli neri, bravissima suonatrice di pianoforte.
    Una mia ricerca, oltre quindici anni fa, presso l’anagrafe di Castelnovo ne’ Monti, non ha dato alcun frutto; stessa cosa presso gli archivi della parrocchia. Don Evangelista, da me interpellato con due lettere, mi ha segnalato che nessuna annotazione esiste, su questa famiglia, negli archivi parrocchiali (ma successiva ricerca del sig. Corrado Giansoldati vi avrebbe in seguito trovato diversi riferimenti). Le mie ricerche mi hanno portato a trovare una breve nota, nel registro delle vittime dell’olocausto, conservato nello stato della California, Usa. Il documento si chiama “Registro assicurativo (del) periodo dell’Olocausto” ed è così introdotto: “During World War II, many Jewish families in Europe purchased life insurance policies as financial protection for loved ones who would survive the war. However, Nazi Germany did not preserve insurance policy documents nor did they issue death certificates for Jews and countless untold others murdered in the concentration camps. As a result, many Holocaust victims and their heirs to this day have been unable to collect on the policies purchased over half a century ago. The State of California’s Department of Insurance has played a pivotal role in protecting the rights of Holocaust survivors and their heirs. California was instrumental in the establishment of the International Commission on Holocaust Era Insurance Claims (ICHEIC) (www.icheic.org), and acted as both an active participant and a constructive critic in ICHEIC’s development and work. After ICHEIC’s closing in March 2007, the Department remains aggressive in its representation of claimant’s interest. The Department’s files regarding ICHEIC’s development and operation, as well as claims files, will be preserved at the California State Archive in Sacramento. ICHEIC’s documents will become part of the archive at the US Holocaust Museum“.
    Traduzione letterale: “Durante la Seconda Guerra Mondiale, molte famiglie ebree in Europa hanno acquistato polizze assicurative sulla vita come protezione finanziaria per i loro cari che ‘sarebbero’ sopravvissuti alla guerra. Tuttavia, i Nazisti non conservarono i documenti relativi alle polizze di assicurazione né rilasciarono certificati di morte per gli Ebrei né per gli innumerevoli assassinati nei campi di concentramento. Di conseguenza, molte vittime dell’Olocausto e i loro eredi sono stati impossibilitati, sino ad oggi, ad incassare le polizze stipulate oltre mezzo secolo fa. Lo Stato della California ha giocato un ruolo fondamentale nella protezione dei diritti dei sopravvissuti all’Olocausto e dei loro eredi. Il Governo della California è stato attivo nel costituire la Commissione Internazionale per la riscossione delle polizze del periodo dell’Olocausto (ICHEIC) ed è intervenuto come partecipante e controllore dei lavori della commissione… L’elenco conservato negli archivi dello Stato della California, comprende ventimila nomi di Ebrei, indicati come tali, dalle associazioni ebraiche che hanno condotto una dura battaglia legale contro Banche e Assicurazioni Europee. Banche e Assicurazioni Europee che avevano incamerato conti correnti o premi di polizze assicurative sulla vita, di persone d’etnia ebraica, morte in campo di concentramento o durante le deportazioni o per mano di nazionalsocialisti.
    Solo dopo un accordo generale sulle somme da liquidare, le Banche, Svizzere e non solo, le Assicurazioni, tra le quali anche assicurazioni italiane, come Le Generali, hanno liquidato ai legittimi eredi o alle associazioni ebraiche diversi MILIARDI di euro o, anche, il contenuto delle cassette e dei caveau intestati agli ebrei morti.
    Sotto la lettera “L” a pagina 9, riga 15, risulta che il premio dell’assicurazione sulla vita del signor Largader D. è stato pagato all’erede legittima, signora Perl Caterina. Questo risulta dal documento.
    Se l’Amministrazione e il sindaco Gianluca Marconi (oggi comproprietario della ex Villa Largader) intendessero proseguire le ricerche di eventuali parenti (che credo di aver individuato nel Canton Ticino) o sopravvissuti alla deportazione offro il mio aiuto e tutto ciò che sino ad ora ho rinvenuto. Una lapide in memoria di questa famiglia apposta sulla casa che fu la loro e l’invito ai discendenti a tornare a Castelnovo ne’ Monti per ricevere la cittadinanza onoraria sarebbe sicuramente il miglior modo di “non dimenticare” e per quanto possibile porgere un risarcimento morale alla memoria delle vittime dell’odio razziale.
    Questo intendo come degna celebrazione della Giornata della Memoria.

    (Alessandro Raniero Davoli)


  2. Rispondo volentieri al consigliere Alessandro Davoli, sperando sinceramente che sia mosso solo da intenti di chiarezza storica e di onorare una famiglia di origine ebrea residente per diversi anni a Castelnovo, poi vittima delle leggi razziali e del terribile destino della deportazione, come altre famiglie di uguale origine nel nostro paese ed in tutta la montagna. Spero davvero che a muoverlo non sia un nuovo intento polemico personale–familiare nei miei riguardi. In famiglia ricordiamo bene la famiglia Largader: ho avuto modo di parlarne in questi giorni anche con mio cugino Umberto Gianferrari e soprattutto la zia ottantaseienne Paola, sua mamma. Questo è ciò che ha raccontato.
    In via Roma, di fronte all’attuale Centro culturale polivalente, c’era una grande casa: era dei Largader, di provenienza Svizzera. In quella grande casa abitavano tra gli altri i fratelli Benassi della omonima falegnameria (Marco, Giovanni e Stefano) e molti dipendenti dell’Edison, poi divenuta negli anni Enel. Durante il bombardamento di Castelnovo, rimasto ben chiaro ed indelebile nella memoria collettiva, nel corso della seconda guerra mondiale, anche quella casa venne bombardata. Rimasero feriti tra gli altri Stefano Benassi e la moglie Elisa, maestra, che perse anche alcune dita di una mano. Ma in altri punti del paese si contarono purtroppo anche numerose vittime. Marco Benassi e Giovanni Benassi erano i genitori di quelli che sarebbero poi diventati i due professori Benassi tutt’oggi vivi e vegeti, l’uno di matematica, l’altro di lettere. La famiglia Benassi, dopo il bombardamento, trovò rifugio presso la famiglia Zannini, presso il padre della signora Elda, scrittrice, viva e vegeta anch’ella. Della casa dei Largader erano rimasti su soltanto i muri maestri. Dai proprietari il nonno Pasquale comprò quei ruderi e il terreno circostante. Ringrazio Umberto per questa ricostruzione, a cui poi ha aggiunto, facendomelo pervenire, il ricordo peraltro ben presente in me e tutti i familiari, di come il nonno si comportò quando gli ebrei castelnovesi vennero radunati per essere avviati alla deportazione. Su un punto lo correggo: all’epoca il nonno non era sindaco, bensì commissario prefettizio: in tale veste si recò in piazza, cercò di fermare i soldati che li stavano portando via e non riuscendo, ben consapevole delle conseguenze a cui sarebbe andato incontro, li baciò ed abbracciò tutti. Nei giorni seguenti fu immediatamente destituito dal suo incarico e sui quotidiani apparse la sua foto con la didascalia “L’amico dei nemici”. E’ poi risaputo che spinto anche da questi fatti il nonno fu uno dei principali fautori della resistenza in montagna co-fondando le Fiamme Verdi.
    Per quanto riguarda la proposta di cercare e invitare a Castelnovo i discendenti della famiglia Largader e testimoniare la loro presenza in targhe commemorative, credo che sia sicuramente valida, ma che andrebbe allargata anche ai discendenti delle altre famiglie locali che subirono quella stessa tragica sorte. Ci attiveremo per valutare come riuscire a portarla avanti.

    (Gian Luca Marconi)

  3. La famiglia Largader
    La storia che ho brevemente raccontato si presta a diverse interpretazioni; oltre venti anni fa una signora di Castelnovo, M.C., moglie di un noto professionista, tuttora in vita, mi ha raccontato quanto si ricordava degli “ebrei svizzeri”. Il marito A.S., già assessore del comune di Castelnovo, accortosi della delicatezza di quanto sua moglie mi stava raccontando, intervenne dicendo subito che secondo lui i Largader erano svizzeri ma forse “non ebrei”. E’ sicuramente un ricordo imbarazzante, anche per la sinistra locale, che mai in tanti anni ha pubblicamente sollevato questa vicenda. Sfortunatamente dall’anagrafe di Castelnovo ne’ Monti molti documenti sono spariti, e tra questi, pare, anche tutto quanto riguarda la famiglia Largader. Come ho detto, e don Evangelista Margini potrà confermare, ho scritto due volte al rettore della Parrocchia per avere notizie; ho ricevuto infine una lunga telefonata, durante la quale, dopo avermi spiegato la posizione della Chiesa cattolica sulla deportazione degli ebrei, mi fu detto che nulla risultava (nulla!) negli archivi parrocchiali. Solo di recente il signor Corrado Giansoldati mi ha contattato; nel condurre una sua personale ricerca sulle antiche famiglie castelnovesi ha rinvenuto un carteggio intercorso tra l’allora arciprete e credo Domenico Largader; quest’ultimo chiedeva di poter battezzare in segreto il figlio, anche se di religione protestante. Da questo risulta che la famiglia era residente a Castelnovo da tempo e che non erano ebrei ortodossi ma convertiti al cristianesimo. Molte reticenze ho trovato anche nell’ambito del cosiddetto centrodestra, un precedente capogruppo comunale da me interpellato mi aveva promesso alcune testimonianze di persone anziane che potevano conoscere la storia in dettaglio. Poi non se ne fece nulla. Capisco gli imbarazzi, è una storia che coinvolge diverse famiglie, importanti, di Castelnovo ne’ Monti. E’ una vicenda che potrebbe rivelare qualche lato oscuro su cui molti credono sarebbe meglio tacere. Io non la penso così e credo che far emergere la verità, qualunque essa sia, non possa che fare bene alla nostra comunità, ai nostri cittadini di qualunque fede, di qualunque appartenenza politica. E se si scoprirà che la famiglia Largader è stata vittima della follia dell’olocausto solo perché “straniera” un risarcimento postumo, morale, con l’invito a tornare oggi a rivedere il paese nel quale sono nati alcuni di loro, per riceverne la cittadinanza onoraria, potrebbe essere un punto d’onore per tutti noi.
    Questo è l’invito che rivolgo al sindaco Gian Luca Marconi e a tutta l’Amministrazione.

    (Alessandro Raniero Davoli)

  4. Il giorno della memoria
    Do atto ad Alessandro Davoli e quindi al sindaco G.L. Marconi delle iniziative concrete proposte e della loro probabile realizzazione. Sono cose che restano e sono di monito alle generazioni future. Chi scrive ha conosciuto il suo papà all’età di otto anni proprio a causa della guerra e della prigionia di cui fu vittima il genitore. Con la guerra tutto è perduto, con la pace ogni cosa è possibile. Quanto affermo sia di guida ad ogni bambino e giovane affinché il futuro sia costellato di civiltà migliori all’insegna della libertà, della democrazia, del pane quotidiano per tutti. La guerra in tutti i luoghi portò dispiaceri e caddero nel torto anche coloro che si eressero a portatori di giustizia. L’Appennino reggiano ricorda troppe prepotenze e troppi soprusi provenienti dagli uni e dagli altri. Nessuno sembra avere colpa, la colpa è soltanto della guerra che comunque adduce cecità in tutte le menti, specialmente in quelle di coloro che la scatenano.

    (Bruno Tozzi)