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Nel tempo di internet e di Ruby ci può essere un modo diverso di comunicare

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REGGIO EMILIA (22 gennaio 2010) – Come comunicare nel mondo dell’informazione globale nel rispetto delle persone? Quale il ruolo della Chiesa nel comunicare ai tempi di internet? Se ne è parlato quest’oggi, sabato 22 gennaio, alla presenza di Fabio Zavattaro, vaticanista, inviato speciale del Tg1, che ha incontrato i colleghi giornalisti reggiani. Occasione il tradizionale invito in Diocesi per la festa del patrono dei giornalisti, San Francesco di Sales. Presenti il vescovo vicario Lorenzo Ghizzoni e don Emilio Landini, responsabile diocesano per le comunicazioni sociali.

Si parte dal 1966 e da Paolo VI che nella prima giornata dei mezzi della comunicazione sociale parla della vastità di questo fenomeno e si interroga sulla grande potenzialità e responsabilità che i media utilizzano. Tema della comunicazione sociale che è caro a papa Giovanni Paolo II e anche a Benedetto XVI. Con una novità: il mondo dell’era digitale fa i conti con una grande esplosione dei mezzi dove, addirittura,” i servizi per i telegiornali si possono spedire via computer. E i social network consentono di interagire da una parte all’altra del mondo”.

“E il caso di Avetrana che riempie per giorni un terzo dei media? E le intercettazioni avvenute sul caso Ruby venute alla luce sui quotidiani e capaci di colpire i minori. Dove non ci si cura del linguaggio usato. Eppure ogni storia è una storia umana – cita le parole di papa Benedetto, Zavattaro – e perché oggi sbattere sempre il mostro in prima pagina? Perché fa vendere. Come il fatto che si scriva di ‘Avvenire’ sugli altri quotidiani solo perché il direttore, Marco Tarquinio, fa le pulci al caso Ruby-Berlusconi, ma non perchè scrive di carità”.

C’è un aspetto da indagare: “Quando assistiamo in televisione a una rissa tra politici restiamo incollati allo schermo. E’ lo stesso meccanismo per cui nel guardare un Gp ci si attende di vedere un incidente. Dentro di noi c’è il desiderio di aspettare qualcosa di clamoroso”. Ma c’è un limite. “Nessuno deve sentirsi in diritto di giudicare gli altri – spiega Zavattaro - Ma dobbiamo guardare noi stessi, ricordando che il nostro comportamento ha un influsso sugli altri. Occorre capire che anche la persona più lontana da noi ha una sua dignità che non va calpestata: ed è questa la chiave per comunicare”.

“La Chiesa oggi comunica valori e attenzione all’uomo, lo deve fare anche con i nuovi strumenti. Ricordiamo che il papa già tempo fa parlò di ‘infoetica’: quando la comunicazione perde gli ancoraggi etici finisce per non tenere conto la centralità dell’uomo e di condizionare la vita dell’uomo. Dobbiamo avvinarci alla capacità di comunicare senza ferire chi è coinvolto nei fatti di cronaca. Troppo spesso, a differenza del giornalismo anglosassone, abbiamo la tendenza a portare la persona prima ancora della condanna del tribunale: non facciamo in questi casi un buon servizio”.

Un altro esempio: “Quante volte giornalisti riportano la voce dei vescovi e scrivono: ‘il Vaticano dice’. E’ un modo che fa comodo per far sostenere tesi pro o contro. E’ il gioco del cattolico tirato per la giacchetta”. “La Chiesa invece propone un mondo fatto di rispetto e, partendo dal modo di individuare le notizie (il cane che morde l’uomo), propone di fare comunicazione in positivo”.

Anche se certamente “entrare in contatto col mondo dei media per la Chiesa non è facile. Perché per altro passano solo le cose negative: la pedofilia, una frase del dialogo del papa a Ratisbona…”. In merito ai nuovi mezzi di comunicazione: “La Chiesa è in ritardo. La Chiesa che comunica si deve inserire in questa nuova rete: però superando il vero rischio, che è quello di chiudersi in casa davanti a un pc. Aspetto proprio del cattolico, invece, è quello di stare in mezzo alle persone”. Cita ancora il Papa, Zavattaro: “Il mondo della comunicazione attraverso internet cambia la comunicazione stessa, è come la rivoluzione industriale. Ma esprime anche una nuova capacità di comunione. Le nuove tecnologie consentono alle persone di incontrarsi oltre i confini dello spazio”.

Però con alcuni interrogativi posti dal Papa: “Chi è il mio prossimo in questo mondo? C’è il rischio di essere meno presenti? E di essere più distratti perché viviamo meno attenti? E conserviamo tempo di alimentare davvero rapporti umani profondi e duraturi?”.

“La comunicazione oggi ci porta a vivere un’altra realtà, a volte lontane, anche con risvolti potenzialmente positivi. Quando le persone si scambiano informazioni stanno già condividendo se stessi: ci può allora essere una informazione rispettosa dell’altro. Ecco, allora, che la Chiesa non deve avere paura. Conservando però la capacità di sapere dire ciò che non va nel rispetto della natura umana”. E a chi dal pubblico chiede come essere presenti nei media locali come cattolici, la risposta è decisamente anglosassone, ”attraverso la notizia, con una lettura che abbia dignità piena”.

”Credo… nel futuro del giornalismo ai tempi di internet”

La domanda di Redacon a Zavattaro è incentrata sul futuro del giornalismo ai tempi di auditel, del calo globale degli spettatori della televisione e dei lettori della carta stampata: i giornalisti di domani saranno i blogger? ”Certo la crisi di alcuni media c‘è. E internet è davvero tra le prime cause. Non abbiamo ancora capito come essere comunicatori al tempo di internet. Dobbiamo trovare nuove forme di essere qui presenti. E‘ in questo modo che possiamo riallacciare i giovani. E‘ morto solo il modo di comunicare di un tempo. Dai tempi di Aronne c‘è sempre stato un giornalista che comunica, ci sarà ancora”.

Gabriele Arlotti