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“Porta delle due valli”: inaugurazione alla Sparavalle giovedì 9 dicembre

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Le "Porte del Parco", secondo i programmi a lunga scadenza, dovranno essere quattordici. Strutture che, negli obiettivi dell’Ente, sono destinate a “marcare” gli ingressi al territorio dell’area protetta e ai suoi luoghi più significativi. E la prima di queste strutture – la prima Porta, appunto - sarà aperta ufficialmente giovedì 9 dicembre, alle 14,30, nel comune di Busana, in località Sparavalle. Il luogo, lungo la statale del Cerreto, sul crinale che si alza fra la Val Secchia e la Val d’Enza, è un punto "naturale" per l’osservazione: uno di quei balconi nei quali, anche se si è di fretta, non si disdegna di fare una sosta per ammirare un panorama affascinante, costituito da una parte grande di questo versante dell’Appennino.

In questo sito ideale, alla presenza dell’assessore al turismo dell’Emilia-Romagna, Maurizio Melucci, del presidente del Parco Fausto Giovanelli, del sindaco di Busana e presidente dell’Unione dei comuni dell'alto Appennino reggiano Sandro Govi e di Pier Luigi Saccardi, vicepresidente della Provincia di Reggio Emilia, si darà dunque il via alla sperimentazione della funzionalità del "bilite", l’oggetto che è stato scelto per identificare l’ingresso nel Parco, per accogliere i visitatori e per accompagnarli alla prima osservazione del territorio protetto.

Ideato dagli architetti Andrea Bergianti, Francesco Bombardi ed Elena Vincenzi (anch’essi presenti all’inaugurazione), la cui proposta è risultata vincente nella gara appositamente bandita dal Parco, tale "bilite" è un segno forte, un “marcatore territoriale” unificante per un’area protetta che, anche in questo modo, cerca di portare ad unità la grande complessità delle sue geografie – umana, politica ed economica – diverse per ciascuna delle quattro zone che lo compongono.

Ma il bilite, che in realtà non è di due pietre, ma di castagno e acciaio, due componenti resistenti nel tempo, non è solo messaggio "in sé", una sorta di logo di riconoscimento del Parco. La sua struttura, per quanto assai semplice, è pensata per assolvere a diverse funzioni contemporaneamente: punto informativo, luogo di sosta e orientamento, piattaforma di osservazione panoramica là dove la collocazione favorisce la dotazione di un cannocchiale per l’esplorazione. E’ esattamente questo il caso del sito di Sparavalle, dove il grande cannocchiale è affiancato da una "tavola d’orientamento" metallica, con l’indicazione delle cime che si possono osservare. L’invito è esplicito: “fermatevi e guardate; state entrando in un territorio che non per caso porta il nome di Parco nazionale”.

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17 COMMENTS


  1. In un’epoca in cui qualsiasi opera di architettura pavoneggia se stessa e il suo autore, il bilite, disegnato per la Porta del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano presso Sparavalle, è una vera e propria opera d’arte che parla il linguaggio della contemporaneità ascoltando il soffio vitale del luogo. Un vero monumento moderno che, grazie ai suoi pregi di semplicità e alla sua matericità, si pone in secondo piano rispetto al sito in cui è installato evocando le forti valenze paesaggistiche e l’erculea identità del luogo. Nonostante sia il primo dei 14 “punti” da disseminare nei 24000 ettari di estensione del Parco, il bilite di Sparavalle, invece di dissolversi nel vasto territorio, trasforma il perimetro geometrico in contorno dal profilo culturale. Finalmente qualcosa di moderno che invece di celebrare se stesso glorifica ciò per cui è stato pensato!

    (Maurizio Bonizzi, architetto docente Università di Bologna e Trieste)

  2. Siamo alle solite
    La crisi avanza e gli enti pubblici continuano a sperperare fondi su opere superflue. In questi giorni a seguito delle piogge ed allo scioglimento della neve, lo spettacolo del nostro crinale è stato penoso, chi transitava lungo la statale 63 e le altre strade forse avrà pensato ma siamo in un territorio abbandonato o siamo in una zona vocata a Parco? Mille volte ho detto queste cose, le ripeto ancora, è vero che la competenza della regimazione delle acque e la manutenzione del territorio non competono strettamente al Parco, ma quando e dove si vuole si creano sinergie tra i vari enti pubblici e si spendono soldi anche su progetti competenti ad altri. Non sarebbe stato più opportuno ad esempio impegnare gli 80/90 mila euro spesi dal Comune di Busana per l’acquisto, demolizione del fabbricato esistente nel luogo dove ora è sorta la porta, i 120000 euro per costruire la fontana a Cervarezza, assieme ai soldi del Parco impegnati per la realizzazione delle 14 porte (chiedo di pubblicare a quanto ammonta il progetto complessivo) per un progetto (da presentare ad esempio sull’asse rurale che ha finanziato la fontana stessa) di manutenzione del territorio abbandonato, regimazione dei piccoli corsi d’acqua, cura dei boschi, manutenzione della sentieristica? Chiaramente dopo i disastri si chiede lo stato di calamità. Ma come può un paese, in crisi globale, rimettersi in piedi? Diamo pure la colpa ai massimi livelli, ma forse partire dal basso l’esempio sarebbe grande.
    Mi scuso per il disturbo.

    (Fabio Leoncelli, capogruppo “Montagna alternativa”, minoranza in Consiglio comunale a Busana)

    P.S. – Dimenticavo: che fine ha fatto la staccionata appena posizionata ed ora rimossa? E’ forse stata regalata o pagata e subito demolita? Il castagno per l’opera, come detto da qualcuno, è materiale locale? Dove è stato prodotto o acquistato (se va bene dal Piemonte o dalla Francia oppure addirittura dain paesi dell’est)? Materiale autoctono segato e prodotto a…

  3. E perchè non aboliamo il Parco e aumentiamo l’ospedale???
    Mi scusi, Leoncelli, ma cosa sta dicendo? Se il Parco non fa vedere che esiste come si fa a sapere che si è in un Parco nazionale??? La cartellonistica è stata invocata più volte da parte di moltissimi residenti e visitatori che si lamentavano che il Parco non fosse visibile. Ora c’è questa “porta” e non va bene e si ritira fuori il solito motivetto del “ma non si poteva fare dell’altro con quei soldi”? E basta! Se qualcuno avesse fatto il suo discorso millenni, secoli e anni fa in Italia non ci sarebbe nulla! Anzi, no, magari delle strade perfette ma nessuno a cui interessi percorrerle.
    Saluti.

    (MF)

  4. Domanda
    Dopo l’esaustiva e… convincente… spiegazione dell’architetto Bonizzi (d’altra parte, essendo l’opera stata pensata e progettata da cotanta scienza non poteva essere una semplice composizione di qualche pezzo di legno e un po’ d’acciaio), è possibile conoscere i costi di questa opera che evidenzia “l’erculea identità del luogo” pur non “pavoneggiando se stessa” (studio di fattibilità, progettazione, realizzazione, inaugurazione, ecc. ecc.)? Devo ammettere che noi montanari siamo un po “tarucchi” sotto questo aspetto, ma, di fronte ad una crisi che vede il territorio talmente dissestato da sembrare fuori controllo, forse le priorità di spesa potrebbero essere più concrete, rinuciando magari ad ascoltare “il soffio vitale del luogo”: ci pensa già il vento di questi giorni a ricordarci tutto ciò, magari facendo cadere alberi e strutture che, risanate con i fondi investiti per il “bilite”, avrebbero potuto resistere.
    Grazie per una risposta (non politica per favore).
    Cordiali saluti.

    (Enzo Fiorini)

  5. Sparavalle, il fortino e la porta del Parco
    Il Parco dell’Appennino ha le “porte” naturali in molti luoghi: là dove allo sguardo si aprono squarci di paesaggio carichi di emozioni e significati. Ma quanti le notano? E chi le vede? L’abitudine, ancor più la fretta e il consumismo che ci sono imposti, anche nel guardare per molti hanno ridotto il territorio a un semplice sfondo, che scorre dal finestrino dell’automobile. Fermarsi a guardare “in attesa dell’incanto” è l’invito del grande fotografo reggiano; invito ascoltato da pochi, spesso stranieri di passaggio, che fermano le loro auto e le loro moto sulle curve più panoramiche delle strade d’Appennino, di cui soffrono gli avvallamenti e le buche ma non disdegnano la bellezza. Fermarsi a guardare è anche l’invito che viene dalle “Porte del Parco”. Cosa sono? Semplicemente un segno d’identità e di valore dei paesaggi plurimi e di diversificati di un Parco nazionale, che, correndo sui crinali, connette la Lunigiana e le sue statue a stele, il parmense e i suoi marchi ducali, il reggiano e le sue foraggiere, le sue torri matildiche, la grande selva apuana ed estense di Garfagnana. Un @Clandmark#C unitario e unificante di questi territori non è rintracciabile nelle preesistenze storiche e comunicare l’essere Parco necessita di segni nuovi e moderni, come nuova e moderna in verità è l’idea stessa dei parchi e la loro funzione di editori di una nuova visione del territorio. Dopo l’adozione del logo del Parco nazionale si sperimenta un nuovo segno, un “marcatore territoriale” tridimensionale e materico di castagno e acciaio: il “bilite”. Forma e struttura semplice (due piani ad angolo retto) a servizio e non a dominio del paesaggio circostante. Con le funzioni più semplici, di sosta e osservazione e qualcuna più ambiziosa di suggestione culturale. Allo Sparavalle un fortino napoleonico segnava e segna tutt’ora un luogo privilegiato di osservazione congiunta del crinale e delle due valli del Secchia e dell’Enza. Il fortino – seminascosto dalla vegetazione – è la vecchia porta delle due valli, posta in chiave di logistica militare. La porta del Parco col suo bilite ne è in un certo senso la riedizione, in chiave di paesaggio e di turismo ambientale che scandisce il momento in cui il territorio si riconverte a nuove valenze e funzioni – come è appunto quella di Parco nazionale. Come ogni “landmark” potrà essere occasione di discussione e di legittima polemica; cosa sempre utile e anche necessaria per il rinnovo dell’identità e dell’orgoglio d’Appennino, che non passa solo attraverso le strutture materiali ma soprattutto attraverso le idee e le aspirazioni che si mettono in moto. Il bilite progettato dagli architetti di B&B studio fa di un’area di Sparavalle che era di frana e di risulta (occupata da un piccolo ecomostro) un balcone di bellezza.
    Per dirla con parole semplici – forse troppo semplici – il bilite aspira ad avere la funzione di un mazzo di fiori nell’ingresso di una casa: un segno naturale e di benvenuto per abitanti e visitatori. Considerazioni sull’inaugurazione della prima porta del Parco.

    (Il presidente Fausto Giovanelli)

  6. Sapere è democrazia
    Non riesco a capire il commento sarcastico, e direi anche un po’ dissennato, del/la sig/ra (MF) (firmarsi mai, vero?). Perchè si stupisce se si fanno commenti sui soldi pubblici spesi. E’ NOSTRO DIRITTO di cittadini sapere dove e come vengono spesi i soldi DI TUTTI; ed è pure un diritto INALIENABILE criticare le scelte fatte sull’utilizzo di detti soldi da parte di un pubblico amministratore. Anche io sarei davvero curioso di sapere quanto è costata la “stupenda opera d’arte” situata in Sparavalle, perchè sarei curioso di fare una semplice operazione matematica moltiplicando detto importo per 14. Non sto a sindacare se sia opera d’arte o meno, il senso del bello è soggettivo. Una cosa è certa: tra il costo della fontana e le cosiddette 14 “porte” il gruzzolo sembrerebbe essere davvero cospicuo. Io giro spesso l’Italia e l’estero in moto, ma nè nel Parco del Gran Sasso nè nel Parco dello Stelvio nè in altri parchi ho visto manufatti particolari che mi indicassero il perimetro di essi. Solo semplici e ben visibili CARTELLONISTICHE in SEMPLICE LEGNO DEL POSTO. Ma tant’è, l’arte vuole la sua parte e gli artisti il loro compenso!!!

    (Fabio Mammi)

  7. Chiarissimo
    Dopo l’ulteriore chiarimento del presidente Giovanelli è tutto… molto più chiaro! Per fortuna che c’è Google che con i suoi strumenti per le lingue mi ha fatto capire che “landmark” significa “pietra miliare” oppure “segno di confine”, altrimenti, nella mia ignoranza, chissà cosa capivo!
    Ma… scusate se insisto, quanto è venuto a costare?
    Cordiali saluti e sempre grazie per una risposta, magari più corta e senza politichese.

    (Enzo Fiorini)


  8. Leggendo il primo commento dell’architetto Maurizio Bonizzi mi sono detto: “Solo un’opera veramente orrenda può necessitare di un body-copy di questo tipo”. Non vorrei essere severo, ma quanto a bruttezza questo bilite se la batte solo col logo del Parco.
    C’è solo da sperare che le creazioni “artistiche” siano terminate.
    Salute.

    (R.S.)


  9. Vedo questa oscenità e mi viene da fare un paio di riflessioni:
    – al gentile Maurizio Bonizzi posso dire che l’unica opera d’arte che c’è alla Sparavalle è la natura che si può ammirare e non di sicuro un pannello che la natura la copre. Mi viene da pensare come mai artisti come Corot, Segantini, Turner (loro sì artisti) nei loro dipinti, immersi nella natura, non abbiamo mai collocato un pannello che andasse a coprire la natura stessa. Così, su due piedi, mi verrebbe da dire che quei pittori erano amanti della natura e ne portavano il doveroso rispetto anche nelle loro opere… chiaramente definire opera d’arte un pannello di legno non solo mi fa sorridere, ma addirittura ridere;
    – al presidente Giovanelli, invece, vorrei chiedere in primis come mai nella relazione non ha indicato quanto è stato speso per questa “opera d’arte” come richiesto da Leoncelli; inoltre mi verrebbe da dire che se “l’opera d’arte” (per me uno spreco di denaro) fa girare le persone ad ammirare il paesaggio, allora a Felina avremmo dovuto lasciare il Pollaio per far notare a chi passava di li che poco più avanti c’era Felina. Sinceramente credo che chi passerà dalla Sparavalle potrà dire: “Che bel paesaggio, peccato per quel lavor lè che lo copre!”.
    Davvero Peccato.

    (Alessandro Torri Giorgi)

  10. Non è vero che lo copre
    Frequento spesso la statale del passo del Cerreto e non ho MAI visto una persona fermarsi in quel luogo a guardare l’Appennino. Ora, grazie a questo anche a mio avviso piuttosto brutto “landmark”, le persone si fermano e notano il panorama.
    Quando impareremo a guardare il paesaggio senza che qualcosa (i famosi belvedere!!!!) ci imponga a farlo, ci libereremo di tutte le porte, i totem, i cartelli del mondo!

    (Marina)

  11. Comunicazione
    Bravi, complimenti al Parco e chi collabora a questa iniziativa. Comunicare oggi è fondamentale, in qualsiasi settore: quello ambientale, turistico, ricettivo; soprattutto in Appennino è assolutamente carente, da sempre ritengo manchi una cartellonistica su strada adeguata e capace di attirare l’attenzione dei siti in cui il passante si trova al momento, da sempre spero di poter vedere una cartellonistica uniforme sul territorio, in cui si possa ammirare le foto dei borghi, delle montagne e delle splendide vallate di questa parte di Appennino.
    Questa iniziativa è un primo segnale importante, complimenti. Chiedo: dove e quando verranno collocate le restanti porte del Parco?
    Grazie.

    (Miriano Monnanni, Rosignano Solvay, Livorno)

  12. Forse occorre volersi un po’ più bene…
    Credetemi… Ormai sono stanco di questa perenne e sterile polemica contraria a qualunque intervento o tentativo teso a valorizzare il nostro territorio… Sembra ormai uno stereotipo consolidato che mira a criticare esclusivamente (qualche volta anche giustamente) chi tenta di fare qualcosa. Ma alla base di tutto ciò esiste una nota stonata e non mi riferisco alla scontata e spesso leziosa polemica politica. Mi riferisco al fatto che ogniqualvolta che si osserva su qualche intervento si parte descrivendo il nostro territorio come disastrato, abbandonato e in disarmo, senza mai, come invece si dovrebbe fare, anche nell’esercizio della critica, mettere in valore le positività e soprattutto mettersi in gioco come cittadini sulla qualità dell’accoglienza che offriamo ai nostri graditi ospiti. Spesso ci si rivolge all’intervento pubblico ritenendolo inutile e inefficiente e mai si analizza abbastanza se ognuno di noi compie fino in fondo il proprio dovere pulendo il cortile di casa propria o manutenendo il castagneto di proprietà. O gestendo con cultura europea dell’accoglienza la propria azienda. Facciamo fino in fondo un bell’esame di coscienza. Difficile pensare che altri ci vogliano bene se non ce ne vogliamo noi per primi. E soprattutto se non ci rispettiamo.
    Riflettiamo…

    (LC)

  13. Discutiamone
    Sulle scelte di progetto credo che ognuno possa liberamente esprimersi; stiamo parlando di luoghi che aspirano a richiamare a sè l’identificazione del Parco, ma comunque luoghi di tutti e pensati per tutti. Dispiace per il “che schifo” che non aiuta certo la discussione, anzi la esclude a priori se non a livelli bassi e volgari. Comunque, in qualche modo, è apprezzabile anche la passione per un progetto da parte di chi disprezza. Mi aspetterei però anche da parte di questi uno sforzo per comprendere le intenzioni da parte del Parco di valorizzare e marcare la sua identità sul territorio, a volte anche con scelte e gesti diversi dalla solita area di sosta con staccionata e cartellone. Troppo ambizioso? Per carità, non intendo dire che non vadano bene le aree di sosta che ci ritroviamo come pure non voglio sottovalutare i problemi già posti di regimentazione e smottamenti etc. Voglio solo dire e credere che, in un ottica lungimirante, realizzare un’ambizione, se all’interno di un più vasto progetto economico/culturale, può aiutare anche a risolvere altri motivi gravi di contingenza.

    (Francesco Bombardi)

  14. Per LC
    Complimenti. Totalmente d’accordo. I castagneti poi sono in abbandono mica per colpa del Parco! Saranno pure di qualcuno! E allora perchè non sollecitare loro a tenerli puliti? Si usa qualsiasi pretesto per attaccare il Parco. O Giovanelli???

    (Ma.Fe.)

  15. Mi appresto ad andare a Ligonchio e sto cercando di capire dove sono i biliti, leggo i commenti in questo sito e non posso fare altro che compatire chi scrive critiche così fuori dal mondo. Questa è gente che di mestiere fa il politico del luogo e gli risulta facile criticare ogni spesa “non necessaria” agli occhi del miope, distratto, iroso, ignorante passante inc….ato col mondo. poi ci sono quelli che, ignoranti davvero, non capiscono nulla e non arrivano a mettere a fuoco che la valorizzazione dei luoghi si fa anche così, con l’arte e la cretività; non sanno nulla, non hanno visto nulla, non capiscono nulla e se ne vantano. Questa è la mentalità ottusa che ci fa andare indietro ed allontanare dall’Europa. Non bisogna dare loro retta e farsi irretire dalla loro miopia.

    (Giorgio Teggi)