Gli ultimi incidenti tragici o, quando è andata bene, pericoli e spaventi passati sul nostro Appennino, hanno spinto anche le sedi politiche a interessarsi più in dettaglio di cosa sia possibile fare per aumentare la sicurezza. Così, l’altra sera, durante lo svolgimento dell’ultimo Consiglio comunale castelnovese, il capogruppo di “Castelnovo libera”, Alessandro Davoli, ha chiesto la parola proprio all’inizio della seduta (si è anche osservato un minuto di silenzio per le ultime vittime) per affrontare l’argomento. Ha proposto di dotare tutti i rifugi del nostro Appennino di dispositivi cosiddetti “Arva” (apparecchi per la ricerca dei travolti da valanga), “che, in più, non comportano neppure una spesa rilevante”. Il sindaco Gian Luca Marconi ha mostrato disponibilità e ha affermato che s’incaricherà di interessare la Comunità montana inviando una lettera.
Dispositivi ARTVA
Secondo la mia umile opinione non è dotando i rifugi di Artva che si salvano le vite, ma è incoraggiando e controllando gli escursionisti e gli scialpinisti all’utilizzo degli Atrva e soprattutto sarebbe più utile creare corsi per informare i fruitori della montagna a riconoscere i pericoli per prevenirli ed evitarli. L’informazione e la conoscenza dei rischi e dell’utilizzo dei dispositivi di autosoccorso (ARTVA, sonda e pala) sono ben più utili che un dispositivo di 400 euro rinchiuso in un rifugio. Un corso fatto da esperti (guide alpine, Soccorso alpino, Corpo forestale) o pubblicità sulle tv locali farebbero la differenza sulla vita e la morte degli escursionisti novelli e autodidatti. Una volta si diceva che prevenire è meglio che curare.
(Gianluca Ugoletti)
Apparecchio Artva
A proposito dell’idea di dotare tutti i rifugi dell’Appennino detta così sarebbe anche valida, ma pensiamo quanti rifugi ci sono nel nostro Appennino che sono aperti in inverno: uno solo e solo il fine settimana. Poi bisogna anche sapere che prima di tutto il problema sta nel fatto che prima di tutto il dispositivo devono averlo coloro che vanno in giro sulla neve, altrimenti non serve a niente, quindi se volete fare iniziative politiche vere è necessario fare pressioni su chi va in montagna da stimolare l’uso per tutti di questo dispositivo salvavita. Dovrebbe diventare una questione di cultura per coloro che vanno in montagna in inverno e tra l’altro c’è già una legge nazionale che obbliga all’uso dell’ARTVA per coloro che vanno in montagna in condizioni di neve; basterebbe farla applicare.
(Luigi Borghesi)
Penso che sia difficile che un rifugio venga travolto da una valanga e quindi da ritrovare sepolto. L’ARTVA debbono averlo gli escurionisti.
(Commento firmato)
Non ci fa una piega!
Gian Luca sono d’accordissimo con te.
(A.A.)
Gratitudine e tecnologia
Buono dotare di tutti i dispositivi necessari e moderni, tuttavia dotiamoci anche di buon senso. Chi si avventura su percorsi poco sicuri in giornate in cui si sa già che il tempo può essere ostile, non solo mette in pericolo se stesso ma costringe altri a rischiare la propria vita per andare a recuperarli. Che ognuno rifletta prima di fare azzardi inutili. La montagna è bella, ma non perdona le imprudenze. Una sana tazza di tè o di cioccolata calda a casa in certe giornate può evitare tante tragedie inutili.
(Commento firmato)
Gps + Internet
Sulle Alpi svizzere già da qualche tempo utilizzano con successo un sistema di localizzazione basato sull’abbinamento cellulare + gps. Si tratta di un sistema abbastanza semplice, che consente all’escursionista di inviare periodicamente (e in automatico) la esatta posizione gps e la propria localizzazione su una mappa Google. Mappa che può essere consultabile e condivisibile on line con chi si desidera. L’ente pubblico o il Corpo di soccorso e vigilanza mettono a disposizione un server, l’escursionista inizia la propria escursione munito di cellulare con gps integrato (o telefonino con gps esterno collegato via bluetooth). Un software già collaudato consente di trasmettere al server il percorso compiuto, automaticamente a intervalli regolari, dando la possibilità al servizio di soccorso di visionare il qualsiasi momento (su una mappa Google) la posizione dell’escursionista in tempo reale. In caso di incidente non c’è necessità di ricerche: in base all’ultima posizione trasmessa la macchina dei soccorsi si muove verso un punto esatto. In alternativa l’escursionista può scegliere di inviare la posizione corrente via SMS ad un altro cellulare (infatti sul telefonino vengono visualizzate coordinate, altitudine…). Ho potuto assistere alla presentazione di questo sistema nel corso di un convegno internazionale sulle attività outdoor, svoltosi a Riva del Garda, e ne avevo accennato al presidente del nostro Parco, Fausto Giovanelli, nella convinzione che l’Ente Parco potesse gestire il “server di soccorso” fornendo un prezioso servizio ad escursionisti di ogni categoria. Non riporto la risposta verbale del presidente del Parco, ma sollecito enti e autorità competenti ad approfondire la conoscenza di tali tematiche. Un sistema specifico (sul tipo di quello che ho appena descritto) già è attivo nella regione del Ticino ed ha permesso di salvare diverse vite umane a fronte di un modestissimo impegno tecnologico (il server del Parco già esiste!).
(Commento firmato)
Dispositivi ARTVA: il parere delle guide alpine la Pietra
L’ARTVA è l’Apparecchio per la ricerca dei travolti in valanga. Purtroppo perchè sia efficace è necessario che sia indossato dalle persone che svolgono attività in montagna su terreno innevato, è indispensabile che tutti i componenti della comitiva lo indossino, acceso e in trasmissione. In caso di incidente, saranno i compagni stessi che commuteranno il loro apparecchio in ricezione per cercare immediatamente il travolto. E’ una lotta contro il tempo e tutti devono essere in grado di utilizzarlo per disseppellire entro pochi minuti (solo 15) il compagno. Avere l’ARTVA è obbligatorio per la legge 363 del 2003 anzitutto, ed è solamente un primo piccolo passo verso la prevenzione di questi incidenti. E’ necessario fare informazione per tutti coloro che frequentano la montagna di inverno, senza fare nessun terrorismo, ma solo mettendo a disposizione di tutti nozioni importanti che possono fare la differenza.
(Scuola di alpinismo, scialpinimsmo e arrampicata guide alpine La Pietra)
ARVA, i motivi di una proposta condivisa
Dotare i rifugi dell’Appennino o alcuni posti ristoro, come bar o alberghi, frequentati da escursionisti, dei dispositivi ARVA (potrebbero essere una decina, con un kit che comprende trasmettitore-ricevitore, sonda e leggera pala pieghevole) da mettere a disposizione (comodato temporaneo d’uso, con cauzione) di chi si vuole avventurare nel fuoripista o in sentieri sulle montagne innevate, è un primo passo per informare e aiutare a prevenire incidenti mortali. Sulla neve, dotati di ARVA, nel caso di seppellimento da slavina, si può essere individuati e salvati dagli stessi compagni o da altri soccorritori, Soccorso alpino, Corpo forestale dello Stato, tramite la rilevazione del segnale emesso in automatico. Manifesti plastificati, con chiare istruzioni per l’uso, in evidenza nei locali (non solo nei rifugi), dove si ritrovano o partono per i loro percorsi gli escursionisti, sono un chiaro messaggio e una prima forma di educazione alla prevenzione; se poi, con l’esibizione di un documento e la registrazione presso il gestore, si può ottenere immediatamente in uso il kit salvavita, non vedo che aspetti positivi. Si sono detti d’accordo con me il sindaco Gian Luca Marconi e i capigruppo del Consiglio della Comunità montana; sono sicuro che lo saranno, a breve, anche tutti i consiglieri chiamati a decidere con un voto sulla proposta. La Comunità montana con uno stanziamento di circa 2000 euro o poco più (da 199 euro a kit) può acquistare una decina di kit ARVA e metterli a disposizione degli appassionati della montagna. L’intenzione già espressa dalla Conferenza dei capigruppo (merito del consigliere Marino Rivoli di Collagna, primo a lanciare l’idea) è farlo in ricordo del nostro giovane consigliere Juri Govi, caduto, travolto da una slavina sul Cusna, il 6 marzo di quest’anno, e, solo dopo gli sforzi generosi e i rischi corsi dalle centinaia di volontari, ritrovato il 29 maggio. Da ex tesserato CAI (1984) e montanaro appassionato sciatore ed escursionista (in gruppo e, da temerario incosciente, una quindicina di anni or sono, anche per una settimana in solitaria sulla neve), saluto tutti, invitando soprattutto i giovani alla consapevole prudenza. Valutate sempre lucidamente i rischi e partite solo se ben equipaggiati, nel fisico e nelle attrezzature.
Auguri di un sereno Santo Natale 2010, sulla nostra splendida montagna.
(Alessandro Raniero Davoli, consigliere e capogruppo Comunità montana dell’Appennino reggiano)
Artva
Concordo pienamente con Borghesi e in merito al dispositivo gps posso solo dire che può essere utile solo per ritrovare eventuali dispersi ma non affatto utile per questo tipo di argomento. Chi va in montagna in modo responsabile conosce il rischio e lo evita valutando se e come affrontare l’escursione o eventualmente rinunciandovi e naturalmente utilizza i dispositivi utili a prevenire eventuali incidenti indossando sempre Artva e avendo sempre con sè sonda e pala…
Prevenire e meglio che curare e andando in montagna con personale esperto come guide alpine e di sicuro il metodo migliore per gustarsi la montagna in modo sicuro.
(Gianluca Ugoletti)
La speranza che prima o poi il nostro appello prenda forza!!
Condivido le opinioni di Luigi e Gianluca, come già scritto nell’articolo sul ritrovamento di domenica scorsa. Confermo che bisogna creare mentalità, conoscenza e consapevolezza del vivere la montagna facendo così PREVENZIONE a disgrazie che a volte potrebbero essere evitate. Attraverso guide alpine, maestri di sci o professionisti che vivono la montagna tutti i giorni, si dovrebbe diffondere cultura montana nelle scuole… in quanto ci definiamo comuni montani!!! Ma purtroppo solo per speculare e non per portare avanti quello che ci lega al nostro territorio. Da noi parlare e elogiare chi con competenze specifiche vuole e prova a vivere nel crinale non avviene, si preferisce parlare di lupi e di ritorno di emigrati. Con la speranza che prima o poi il nostro appello prenda forza aspettiamo fiduciosi.
(Enrico Ferretti)
Artva
Il GPS sotto le valanghe non funziona (le onde sono coperte dalla neve, il sistema indicato va benissimo per quelli che si perdono), solo il dispositivo ARTVA funziona per un sepolto.
La legge nazionale indicava alle regioni di migliorare l’obbligo di avere tale apparecchio, alcune regioni lo hanno già fatto, L’Emilia non lo ha fatto ancora.
L’unico sistema per salvare la vita a un sepolto da valanga è che abbia l’ARTVA e i suoi compagni di gita l’apparecchio + pala e sonda, perchè solo l’intervento immediato può salvare il sepolto (dopo 15 minuti ci sono solo 30 possibilità su 100 di salvarlo, quindi il soccorso alpino nonostante elicotteri arriva sempre troppo tardi). Ciò comporta da parte delle autorità il controllo e da parte degli utenti della montagna imparare ad usare l’ARTVA e le tecniche di autosoccorso.
La proposta del politico castelnuovese la dice lunga sulla ignoranza in materia, dotare di apparecchio il rifugio non serve a niente.
Proponga invece serate didattiche aperte a tutti in cui si spiega come vanno usate le attrezzature, oppure se vuole spendere dei soldi proponga un contributo a tutti coloro che lo vogliono acquistare.
Esiste il Servizio valanghe Italiano che fa corsi appositi, lo coinvolga.
Beppe Stauder
Recco system perchè no?
Concordo sul fatto che tutti gli escursionisti dovrebbero essere dotati di ARVA pala e sonda, ma sappiamo che così non è, perchè comunque si debbono spendere almeno 300 euro e meglio fare un corso sull’uso. Da quanto letto il Recco system http://www.recco.com permette con 2 piastrine passive (dispositivo elettronico non alimentato) di essere ritrovati con appositi rilevatori in possesso ai gruppi di soccorso (1,6 kg trasportabile in uno zaino). Questo perlomeno diminuirebbe i tempi di ritrovamento. Ora: le piastrine sono applicate su capi di abbigliamento o accessori che ovviamente hanno il loro prezzo ma le ho anche trovate su ebay da un venditore tedesco che te le manda a casa con 15 euri; del rilevatore ho trovato un articolo che parlava di 2000 euri ma anche se fosse di più cosa costa un elicottero che gira per ore? Abetone e Cimone-Sestola ne sono già in possesso. Perchè nessuno ne parla? Vi sono dei limiti tecnici? Proposta: dotare i soccorritori dei rilevatori, vendere le piastrine nei bar, tabaccherie, ristoranti, rifugi a 10 euri? Tutti le comprano. Chi va a funghi già paga il permesso, ad esempio; e quelli che si perdono? E addirittura farne obbligatoria la dotazione (così come il permesso per i funghi)? Un vecchio detto dice: piuttosto che niente è meglio piuttosto (piotost che gninta le mei piotost).
Prego chi avesse migliori informazioni di pubblicarle. Grazie.
(Viglio Ferrari)
Dispositivo Recco
Il dispositivo Recco e stato inventato ben prima del dispositivo elettronico Artva e ha il pregio di essere economico e spesso e già inserito in capi di abbigliamento invernali, scarponi da sci e guanti, ma come diceva il sig. Beppe Stauder per soccorrere in tempo utile bisogna poter estrarre il travolto in brevissimo tempo ed è per questo che fu inventato l’ARTVA, il dispositivo che, se indossato correttamente ed acceso con pile cariche e in modalità trasmissione, permette ai compagni di escursione di poter ricercare e disseppelire i travolti in tempi relativamente brevi ed utili a salvare la vita. Sarebbe molto utile consultare il bollettino nazionale di previsione neve e valanghe prima di ogni escursione e soprattutto conoscere bene il territorio per poter pianificare l’escursione in sicurezza e se non si è esperti e non si conosce il territorio ci si può affidare alle guide alpine. Mentre per le amministrazioni sarebbe più utile organizzare corsi di prevenzione al rischio valanghe e fornire i luoghi pubblici (bar, impianti di risalita) dei bollettini nivo-meteorologici come in molte altre regioni.
(Gianluca Ugoletti)
Sistema Recco
Il sistema Recco non ha mai salvato nessuno, è a disposizione delle stazioni sciistiche perchè in caso di valanga vicino alle piste si può intervenire rapidamente. Gli escursionisti sono lontani dalle piste e quindi l’unico mezzo che hanno è l’autosoccorso con artva pala e sonda e saperli usare. Per Davoli: pia illusione comprare 10 set con 2000 euro, solo l’artva va dai 180 euro in su, i migliori costano anche 400 euro, poi ci vogliono almeno altri 150 euro per pala e sonda.
Io faccio l’istruttore nei corsi artva da 16 anni e non ho mai visto un allievo che comprato l’apparecchio e lette le istruzioni lo sapesse usare in modo proficuo. Noi tutti gli anni dobbiamo fare un corso di aggiornamento per mantenere un minimo di capacità nell’uso, poi tenendo conto che in caso di valanga vera lo stress è tanto alto che anche i migliori conoscitori commettono degli sbagli.
Per me bisogna incentivare l’acquisto del set e tanto allenamento per usarlo bene.
(Beppe Stauder)
Arva sì, Arva no
Dopo ogni incidente di qualsiasi natura si aprono sempre delle polemiche ed ognuno, giustamente, esprime la propria opinione e crede di avere la verità in tasca. Orbene, la montagna come il mare vanno rispettati e affrontati con timore per cui occorre affidarsi ai professionisti del settore. Io ritengo che la prevenzione sia figlia dell’informazione perciò concordo con quanto scritto dalla Scuola slpinismo guide alpine La Pietra.
(Commento firmato)
Il primo passo è il più difficile.
Gentile Beppe Stauder, Lei fa l’istruttore da 16 anni, dice, e vedo che accompagna pure allievi salesiani in escursione. Bene, la saluto da ex allievo di Don Bosco. Ma con simpatia le voglio dire che essere un tecnico la porta a vedere solo alcune cose, nel suo campo specifico. Fare, o tentare di fare, al meglio il consigliere comunale è cosa diversa. Tentare di amministrare la cosa pubblica, anche dall’opposizione, significa vedere oltre… Se mi permette, forse le è sfuggito che già aver iniziato questo dibattito su @CRedacon#C: ARVA si, ARVA no… e il kit con la pala e la sonda… e no, meglio fare corsi, ecc… un effetto positivo l’ha già avuto. SE NE PARLA. Qui da noi, tra la gente comune, prima d’ora no. Le sembra poco? I kit ARVA PIEPS (modello base), con l’indispensabile pala pieghevole e sonda snodata, sono effettivamente in vendita a 199 euro. Sig. Beppe, s’informi meglio. Poi si può discutere di come fare conoscere e se del caso come organizzare corsi specifici, magari anche in collaborazione con Lei, con il CAI, con il Corpo forestale dello Stato, con le Guide della Pietra ecc.
Per intanto sono soddisfatto che molti che non sapevano neppure dell’esistenza, a meno di 200 euro, di semplici strumenti per il salvataggio, in caso di seppellimento da slavina (quasi il costo di un paio di buone pedule), ora lo sanno. Vede, io ho imparato da questo scambio di commenti, e Lei…?
A tutti i lettori e in particolare a Lei, signor Beppe, un saluto fraterno, da ex allievo salesiano e da montanaro, suo
(Alessandro Raniero Davoli)
ARTVA
Vede, Davoli, lei ha perfettamente ragione che ognuno deve fare il proprio mestiere ed informarsi, e proprio per questo le posso fare un appunto perchè penso di saperne di artva più di lei.
1) Il Pieps base è un artva ad una antenna ed in caso di seppellimenti multipli non serve a niente (a meno di essere un super esperto che conosce le metodologie più complicate: ricerca a quadranti e ricerca con microgreca).
2) Il Pieps lo vendono a 139 euro quindi andare a 199 mancano 60 euro e dubito fortemente che le diano con quella cifra una pala seria (quelle di plastica non contano) e una sonda da tre metri (quelle da 2,40 sono inutili).
La informo solo per evitare di buttare soldi in cose difficilmente utilizzabili. Se vuole acquistare un set comnpleto utilizzabile dai meno esperti deve andare su ARTVA a 3 antenne (Ortovox 3+; Pieps DSP, Ortovox S1, Mammut Pulse) e questi purtroppo costano molto di più. Per le pale deve essere assolutamente metallica (in valanga quelle di plastica si rompono), per la sonda vanno bene tutte basta che siano lunghe 3 metri.
Per il resto ha perfettamente ragione, è importante cominciare a parlarne. Per i corsi le faccio presente che nel territorio esiste il CAI di RE, che ogni anno organizza un corso con diversi allievi, e il Servizio valanghe italiano (di cui faccio parte), che ha appena pubblicato un libro proprio sull’uso e le metodologie per gli apparecchi ARTVA: se vuole gliene regalo una copia (mi dica dove ci possiamo trovare). Io sono spesso nella zona di Febbio.
Su richiesta lo SVI organizza serate o corsi specifici sia sulla prevenzione (molto importante) che sull’uso degli apparecchi.
se vuole mi contatti alla mia e-mail: [email protected].
(Beppe Stauder)
Ancora Recco
Io faccio il fotografo, mi sembra di sentire parlare i fotografi che si perdono in miriadi di dettagli tecnici perdendo di vista l’obiettivo principale… fare belle foto. Allo stesso modo i signori di cui sopra credo non abbiano inteso il senso del mio commento che, ribadisco, afferma che è meglio avere qualcosina piuttosto che niente. Credo non abbiano nemmeno visitato il sito della Recco dove sono specificati i casi dove il Recco ha salvato vite, poi ovvio che se tutti possedessero Arva pala e sonda e li sapessero usare tanto meglio, ma all’oggi che va di moda quanti sono i ciaspolatori che noleggiano e si avventurano anche al di sopra dei 1600 metri? Questi non spendono 300 euro per il set che non saprebbero nemmeno usare, ma potrebbero spendere 15 euro per 2 piastrine che non hanno nemmeno bisogno di saperle usare; ciò se non altro aiuterebbe di molto il lavoro dei soccorritori. So anche io che da molti il Recco viene chiamato il trovacadaveri, ma almeno si trovano e con un poco di fortuna non è detto che siano cadaveri. Ovvio che tutto ciò dovrebbe partire dalle amministrazioni in concomitanza con gli organi di soccorso e relativa campagna promozionale. Prego visitare http://www.recco.com.
Grazie.
(Viglio Ferrari)