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“30-40 ragazze ogni anno ce la fanno ad allontanarsi dalla strada”

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“...alla fine 30-40 ragazze riescono ogni anno ad uscire dalla strada e questo ci fa capire che quello che stiamo facendo è molto importante…”. Queste sono state le parole conclusive, di Giovanna Bondavalli e Nilde Marchesini, volontarie dell’associazione reggiana “Rabbunì”, ascoltate ieri l'altra sera nella sala consiliare del Municipio di Castelnovo ne' Monti. Il riferimento era alla loro esperienza quotidiana “sulla strada” accanto alle ragazze vittime della prostituzione.

Davanti ad un pubblico attento e partecipe hanno demolito con esempi concreti gli stereotipi che si hanno sul fenomeno in un racconto intenso e commovente. “Il mestiere più vecchio del mondo”: se lo stare in strada dalle 22 a mattina inoltrata tutti i giorni con un debito da pagare al racket e con un padrone che ti controlla e ti usa violenza se non porti la quantità stabilita di soldi può essere considerato un lavoro…. “Se sta lì vuol dire che le piace, se no va via”. La strada come luogo della violenza: non sai mai cosa ti può capitare, quali incontri puoi fare, devi imparare a mentire con tutti come estrema difesa alla tua identità costantemente violata.

“Bisogna fare qualcosa, lo Stato e la Polizia dove sono?”. "L’Italia ha la migliore legislazione in Europa per l’aiuto a situazioni di violenza, ma se stasera nessuna ragazza è disponibile a parlare a voi della sua esperienza è perché c’è ancora troppo pregiudizio e vergogna. Il vero problema è che c’è un mercato che rende ai racket molto di più degli stupefacenti e ci riguarda direttamente come cittadini".

Si è parlato anche di altre forme di violenza e povertà sulle donne con cui i volontari di "Rabbunì" sono venuti in contatto tramite il centro di ascolto della Caritas a Reggio Emilia, da cui si è organizzata una rete di associazioni che insieme affrontano il problema.

L’associazione “Rabbunì” nasce nel 1995 da persone che vivono sulla via Emilia dove il fenomeno è presente: “Prima, quando si vedevano le ragazze, c’era un atteggiamento di disprezzo e giudizio nei loro confronti; poi di paura; poi di curiosità. Fino ad arrivare ad un giorno in cui ci si è avvicinati a loro e abbiamo parlato... abbiamo ascoltato e poi ce ne siamo fatti carico...”.

“Quello che tutti noi possiamo fare quando vediamo situazioni di violenza è quello di non girarsi dall’altra parte ma di cercare di capire, magari attraverso piccoli gesti e di aiutare... Potrebbe significare dare una nuova speranza di vita a persone senza speranza...”.

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Si segnala, dall'1 dicembre al 31 marzo prossimi, che la casa di accoglienza di Reggio Emilia ospiterà donne per il periodo invernale, in collaborazione con chiesa ortodossa rumena.

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Vedi il sito dell'associazione

2 COMMENTS

  1. Schiave lungo la via Emilia
    Esssere schiave nel 2010, di questo si è parlato nell’incontro davvero interessante di mercoledì. Donne, ragazze poco più che bambine, che lasciano i loro paesi convinte di venire in Italia a lavorare, a fare le baby sitter, e invece si ritrovano a sulla via Emilia, a prostituirsi. Hanno un padrone che, sequestrati i documenti, impone loro come vestirsi, cosa fare, e chiede un affitto di 300 euro per il pezzo di strada dove tutte le sere vendono il loro corpo. Il loro corpo, ma non il loro cuore. Che si dibatte tra il desiderio di smettere, denunciare e la paura e la necessità di mantenere il sostentamento delle famiglie d’origine. Che il più delle volte non immaginano il lavoro che le ragazze fanno. Subiscono violenze dai padroni, dai clienti e da balordi annoiati che per passare una serata diversa vanno a derubarle oppure a sputare loro addosso. Così, tanto per fare qualcosa. Ci sono persone che dentro ad associazioni come Rabbunì si avvicinano loro e le ascoltano, proponendo strade diverse, faticose, ma che possono ridare la dignità. E tante decidono di fidarsi e affidarsi per iniziare cammini diversi. Non vogliono apparire, non rilasciano interviste esclusive, non hanno amici potenti. Ma hanno persone su cui possono sempre contare. E da come Giovanna e Nilde parlavano delle ragazze ne ricordavano i volti, i dolori, i sorrisi, non smetteranno di lottare per loro.

    (Cinzia Formentini)