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Caritas / Dossier regionale sulle povertà

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Questa mattina si è svolto il convegno regionale voluto dalla delegazione Caritas Emilia-Romagna in occasione della presentazione del secondo dossier regionale Caritas sulle povertà. Ha aperto i lavori S.E. Mons. Carlo Mazza, vescovo di Fidenza, che ha portato i saluti della conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna: “Vi porto un saluto paterno e una speciale benedizione dei vescovi dell’Emilia-Romagna, in particolare del cardinale Carlo Caffarra, che esprime benevolenza e apprezzamento per il vostro operato. Esprimo innanzi tutto un vivo plauso per l’iniziativa del dossier come utile strumento di lavoro e punto di riferimento ineludibile per capire a che punto siamo oggi. Poi un apprezzamento per la validità e serietà metodologica del dossier che promuove un lavoro interistituzionale, per lo stile e la prassi della pluralità delle voci espresse dal dossier, che consente una lettura comparata della complessità delle condizioni delle povertà. Segnalo la valenza strategica del protagonismo interrelato delle diocesi con la loro insostituibile originalità nelle valutazioni e nelle scelte e l’inderogabile necessità di coordinarsi, di imitarsi dei scambiarsi informazioni. Infine sottolineo la presenza sul territorio che rappresenta un efficace e unico baluardo di prassi del dono che sottintende il primato della persona. Valori condivisi utili nel favorire, sollecitare e definire collaborazioni con istituzioni e realtà cooperativistiche. Ringrazio a nome mio e di tutti i vescovi per l’efficace presenza a beneficio di tutti poveri di qualsiasi provenienza e religione e la comune volontà orientata a sciogliere i meccanismi perversi dell’esclusione”.

Il primo intervento è stato quello di Monsignor Giuseppe Pasini, presidente della Fondazione Zancan, che ha presentato proprio lo scorso 14 ottobre il decimo rapporto curato da Caritas Italiana Fondazione Zancan dal titolo "In caduta libera". “Mi congratulo con la delegazione per la presentazione del dossier regionale uscito quasi in coincidenza con il decimo rapporto Zancan. Il volume, curato con serietà sotto il profilo della ricerca, è inquadrato nel contesto italiano, consentendo una comparazione dei dati. Questo ne fa un ottimo strumento per un impegno pedagogico. L’obiettivo è infatti di trovare tutte le strade per diffondere una cultura della carità e della giustizia abbinate insieme e portare le comunità cristiane ad essere soggetto di carità, a non delegare ad altri. Il rapporto nazionale si sviluppa su tre caratteristiche essenziali: l’evoluzione della povertà, il rapporto povertà-famiglia e il fenomeno povertà nel contesto europeo.

Per quanto riguarda l’evoluzione della povertà dobbiamo subito premettere che la permanenza della povertà nelle alte proporzioni attuali è in contrasto con la nostra Carta costituzionale che nell’art. 3 afferma che la Repubblica garantisce pari dignità e uguaglianza dei cittadini. Secondo gli ultimi dati ufficiali la povertà (relativa) sarebbe diminuita. Abbiamo verificato questi dati e abbiamo affermato che in realtà si tratta di una illusione ottica data dal fatto che si basa sulla media dei consumi che nel 2009 però si sono abbassati per tutti.
Automaticamente si è abbassata la linea della povertà. Facendo invece una valutazione diversa sulla variazione dei prezzi e il costo della vita abbiamo valutato che in realtà ci sono circa 600mila poveri da sommare agli altri e questo darebbe una percentuale del 3,7% in più rispetto allo scorso anno. I dati Caritas che raccolgono i dati di tutte le diocesi italiane dimostrano che la povertà non è assolutamente diminuita ma si registra un aumento del 25% di persone che si sono rivolte ai centri di ascolto Caritas per un aiuto. Il 40% di questi sono italiani.
Per quel che concerne invece la povertà assoluta, si prendono in esame le persone che non possono accedere ai beni essenziali che consentano standard di vita accettabili. In questa fascia abbiamo avuto un leggero aumento, dal 4,9% dello scorso anno al 5,2% degli individui. Esistono poi coloro che sono a rischio di caduta, gli impoveriti che non sono computabili statisticamente fra i poveri ma che rischiano di cadere sotto a linea di povertà. In questo ambito non ci sono statistiche Istat. La percentuale a rischio di povertà è il 20% della popolazione. Un italiano su 5 è in questa condizione. I fattori che hanno creato questo peggioramento sono: il tasso disoccupazione (8,5%, il max dal 2003) e un aumento della cassa integrazione con conseguente riduzione del reddito a disposizione. Un giovane su 5 è disoccupato e si calcola che siano circa 900mila i giovani "invisibili", perché non iscritti negli elenchi scolastici né nell’inps né ai centri per l’impiego. Preoccupa che, mentre il credito al consumo è sceso dell’11%, la cessione di un quinto dello stipendio sia cresciuta dell’8%.

Rispetto al tema "povertà e famiglia", possiamo dire che la famiglia è la principale vittima della povertà e dell’impoverimento. Le famiglie considerate agiate sono circa il 45%, mentre il restante 55% ha risentito, seppure in proporzioni diverse, dell’attuale congiuntura economica. Questo disagio colpisce la famiglia proprio in fase di nascita imponendo ritardi nella celebrazione del matrimonio (età media 32 anni per l’uomo, 29 per la donna). Le cause principali sono la precarietà lavorativa e i costi dell’abitare. Il ritardo sulla celebrazione del matrimonio ha anche degli effetti sulla procreazione. Le difficoltà economiche sono causa anche di tanti aborti. Nel mese di marzo in tutta l’Unione europea sono stati praticati 2.900.000 aborti, 5 al minuto, e l’Italia occupa il quarto posto per il numero di aborti praticati. Qualunque sia il giudizio etico siamo di fronte ad un fatto socialmente grave che è in rapporto con le condizioni economiche. C’è infatti una relazione tra povertà e natalità. La percentuale di famiglie povere tra quelle che hanno più di due figli raggiunge il 16%, se si hanno più di 4 figli si va oltre il 25%. Una famiglia se decide di avere un figlio in più sa che si condanna ad essere più povera. Siamo la penultima nazione del mondo come tasso di fecondità. La povertà rende inoltre problematica anche la gestione educativa e assistenziale. Le difficoltà hanno imposto tagli progressivi per disabili, anziani e bambini con importanti ripercussioni sulle famiglie. Per dare un dato relativo ai disabili secondo i dati Istat di aprile 2010, sono 2 milioni 600mila quelli che vivono in famiglia, mentre sarebbero in cura presso un istituto in istituto 190mila individui.

Sul tema Europa e povertà possiamo dire che l’Europa ha deciso di spendere questo 2010 come anno di lotta alla povertà e all’esclusione sociale. L’Europa conserva infatti sacche di povertà e di miseria. L’anno di lotta alla povertà ha avuto alcune finalità tra cui accrescere la responsabilità pubblica di politiche di inclusione sociale. Dovremmo quindi pretendere dai governanti il superamento della disuguaglianza sociale e la lotta all’evasione fiscale. È illusorio pensare che la povertà possa risolversi spontaneamente adattandosi alle logiche del mercato e certo non possono bastare gli aiuti della Chiesa. Per restituire ai poveri il diritto di vivere una vita dignitosa, si tratta di sradicare le cause e le radici della povertà il che si può ottenere solo con interventi legislativi. È necessario invertire la strategia attuata in questo momento. Nel nostro paese spendiamo molto in welfare, circa 49 miliardi di euro, di cui solo il 14 per cento viene investito in servizi duraturi, il resto invece va a finanziare interventi a pioggia. Si richiede dunque di spendere bene in maniera equa e razionale”.

È stata poi la volta dell’intervento di Simona Melli, curatrice del Dossier povertà della delegazione regionale Caritas. “Da una comparazione dei dati tra Emilia-Romagna e Italia, vediamo che la situazione nella nostra regione è migliore della media nazionale, infatti la percentuale di famiglie che vivono in condizione di povertà relativa è il 4,7% e questa situazione mette in evidenza che gli ammortizzatori sociali hanno tenuto, considerando per ammortizzatori sociali anche la famiglia. L’Emilia-Romagna presenta inoltre una vivacità più elevata sulla crescita demografica, grazie all’aumento del numero degli stranieri. Insieme all’aumento della demografia e all’aumento del tasso di fecondità, l’Emilia-Romagna è uno dei paesi dove c’è l’indice di vecchiaia è tra i più elevati. Nella nostra regione 100 persone che producono per mantenere se stesse devono mantenere altre 54,8 persone. Rispetto alle persone incontrate dai centri di ascolto Caritas, il numero complessivo è di 18.436 individui nel 2009. Possiamo osservare un aumento di utenti che accedono per la prima volta: si tratta principalmente di italiani appartenenti alla fascia medio bassa, vediamo inoltre un aumento dei ritorni sia di utenti cronici che ciclici e una femminilizzazione dell’utenza, cioè un aumento percentuale di donne che si rivolgono al cda. Fra i temi più presenti segnaliamo quello dell’abitare, sia per quanto riguarda la carenza di abitazioni adeguate sia per quanto riguarda la difficoltà a soddisfare i costi connessi all’abitare. In particolare 1.843 persone sono privi di abitazione, cioè il 10% delle persone incontrate. Un altro tema ricorrente è quello dei working poor. Gli occupati sono in media circa il 25%. Emerge inoltre il tema del disagio psicosociale, con le relative riflessioni specifiche. Rispetto ai vari fondi messi a disposizione delle diocesi per far fronte alla crisi, possiamo dire che il totale messo a disposizione in regione è di oltre 2 milioni e mezzo di euro.

A conclusione dell’intervento di Simona Melli ha preso la parola Sauro Bandi, direttore della Caritas diocesana di Forlì, che precisa: “Molte volte ci siamo interrogati sul senso della raccolta di tutti questi dati. Farsi voce dei poveri significa assumere la responsabilità dei loro diritti e doveri e convincere che la povertà è uno scandalo ma anche informare per combattere i pregiudizi e creare mentalità. La seconda parte del nostro dossier approfondisce il rapporto tra comunità ecclesiale e povertà. In particolare abbiamo voluto rendere conto delle iniziative che le varie diocesi hanno attuato in relazione alla crisi. Agli occhi delle diocesi la crisi è vista con preoccupazione, ma anche con speranza”.

A seguire l’intervento di Matteo Iori, presidente della Federazione regionale Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza). Il Cnca unisce diverse realtà che si occupano di accoglienza e condividono i valori presenti nello statuto, valori e metodi quali il mettere al centro la persona non il suo problema, adattare il metodo all’individuo, il rifiuto della coazione, il lavoro come mezzo di acquisizione di autonomia, operare con ruolo critico come elemento di denuncia di inadempienze e contraddizioni del pubblico o del privato sociale. “Il Cnca si occupa di persone già cadute ma quante persone cadranno e cosa si è fatto per evitarlo? Sarebbe dunque più utile capire come evitare la marginalità piuttosto che parlare delle marginalità conclamate, ragionare su quello che è possibile fare dunque per evitare la marginalità. Dal 2006 al 2009 si è scelto di disinvestire nel welfare. La politica tende a voler allontanare le cause di disagio più manifeste e meno funzionali a livello elettorale. Osserviamo ad esempio come la seconda industria più florida d’Italia dopo la Eni sia quella relativa al gioco d’azzardo. In Italia la spesa pro-capite per il gioco è la più alta del mondo, 906 euro spesi a persona per questo. Cresce dunque il fatturato del gioco d’azzardo, ma non le entrate per l’erario, che invece ha tagliato le tasse alle grandi industrie del gioco d’azzardo”. Matteo Iori lancia dunque una provocazione: qual è il welfare che vogliamo?

Ha concluso gli interventi Teresa Marzocchi, assessore regionale alle politiche sociali e di integrazione per l’immigrazione, il volontariato, l’associazionismo e il terzo settore dell'Emilia-Romagna. “Il mio atteggiamento oggi è di prendere un momento di sedimentazione e di riflessione. Ci sono una serie di dati, di sollecitazioni che ci coinvolgono a cui va aggiunta la presentazione dei dati sull’immigrazione dei prossimi giorni. Questa inquietudine, questa tribolazione è certamente condivisa in Regione. Mi sento di poter dire che la Chiesa deve essere di stimolo alla giustizia per la protezione dei più deboli. È compito della politica invece rimuovere le cause che generano la povertà, ma ci vuole sempre uno stimolo. Rispetto all’interazione tra i ruoli, c’è un assoluto riconoscimento del ruolo della Chiesa e delle Caritas nei suoi territori, senza intenzione di delega. Quello che fa la Chiesa non è una delega, ma è un qualcosa di più, un meccanismo di supplenza alle emergenze del territorio. Credo che sia il momento di costruire reti territoriali che permettono di fare sistema. Ho assunto al responsabilità di un settore che si potrebbe gloriare di successi ma che nonostante questo ammette che siamo in una grande difficoltà e che abbiamo l’esigenza di venirne fuori. Come Regione abbiamo comunque una situazione di condizione di povertà di persone in difficoltà sulla quale abbiamo lavorato dal 2000. Quella linea di intervento è stata mantenuta da allora con un accompagnamento ai territori che continua. Questo ha dato però dei risultati non soddisfacenti anche perché le problematiche cambiano. Su questo infine è arrivata la crisi e abbiamo lavorato sulla crisi prima ancora che venisse dichiarata. Abbiamo lavorato su quella fascia di persone che hanno perso il lavoro, sono nella precarietà, ma facendo questo abbiamo rallentato altre tipologie di intervento. Abbiamo la tribolazione che per compensare queste categorie non facciamo nulla in più per quelle tra le miserie più gravi. Su questo argomento posso riferirvi una volontà di una riflessione e di una presa di coscienza di una criticità. Abbiamo la responsabilità di non distruggere il welfare che abbiamo messo in piedi nonostante le difficoltà ma anche di fare in modo che riusciamo a costruire modelli nuovi di risposte perché non torneremo più come prima anche se questa fosse una crisi congiunturale e non del sistema. Dobbiamo cercare di costruire risposte perché possano diventare esigibili alcuni diritti sociali. C’è un primo luogo di investimento e spendita dei diritti sociali che è quello della famiglia. Verso cui c’è un impegno ad un’azione di promozione a favore della costituzione della famiglia, che accompagni la vita della famiglia e la sostenga”.

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