CASTELNOVO MONTI (21 ottobre 2010) – Un dato è innegabile. La soluzione ad oggi proposta per la variante al ponte Rosso, lungo la ss 63, porterebbe il traffico in prossimità del centro benessere e, quindi, sino alla rotonda dell’Albiaccio. Ma con quali esiti? A intervenire, ancora una volta, è il gruppo culturale di Impresa montagna, che ha per presidente l’avvocato Alberto Simonazzi. Un documento distribuito in occasione di un incontro pubblico in sala in sala consiliare lo scorso 19 ottobre. Cuore del manifesto-proposta sono i punti 4 e 5 che senza mezzi termini stroncano quella che è definita la “variantina al ponte Rosso” prevista da Comune e Provincia per trovare una soluzione al celebre imbuto di curve in prossimità del capoluogo.
“La variantina Ponte Rosso – attacca il documento - aggiunge l’effetto peggiore facendo passare anche la nuova strada all’interno dell’abitato. Il quartiere più recente di Castelnovo nella piana della Pieve, sinora risparmiato dal traffico che viene dall’esterno, avrà gli stessi problemi lamentati da chi abita attorno a via Roma e a viale Bagnoli”.
E l’affondo: “non si capisce con quale autorizzazione la Provincia possa spendere per una variantina che non serve per allontanare il transito della statale dai quartieri, ma lo porta nel mezzo di case, scuole, campi sportivi e centro benessere”.
Quindi una constatazione in un nodo già nevralgico (rotonda): “La variantina Ponte Rosso penalizza per sempre Castelnovo e tutta la montagna: chi vive all’esterno sarà costretto ad affrontare la stessa strozzatura che c’è adesso, chi risiede nel capoluogo subirà il traffico crescente sotto le finestre”.
Il documento rileva anche alcune contraddizioni della variante ad oggi proposta. Come ad esempio il fatto che “Lo studio per la variantina provinciale del Ponte Rosso (il progetto esecutivo lo farà l’impresa che avrà l’appalto dei lavori) conduce a compiere una serie imperdonabile di errori”.
E naturalmente si parte dalla celebre e frettolosa ‘inaugurazione’: “la vicenda comincia con la stranezza della procedura seguita di inaugurare la variantina Ponte Rosso nel 2009 senza alcun progetto e di presentare il progetto di massima nel 2010. Trascorre un anno tra l’inaugurazione dei paletti alla vigilia delle elezioni comunali-provinciali (il 1° giugno 2009) e la presentazione della soluzione nel Consiglio Comunale di Castelnovo (il 18 maggio 2010). Senza che siano prese in considerazione le critiche fatte da numerose parti, neppure le alternative per risolvere il problema immediato di Ponte Rosso in modo più efficace e con minori costi. Non vengono chiarite le modalità di finanziamento delle opere e chi si farà carico della manutenzione, osservazioni presentate dai consiglieri comunali Tamburini, Bizzarri e altri”.
“La variantina Ponte Rosso – prosegue il documento - non risolve il problema di evitare il tratto esposto a nord con il tornante e una pendenza che s’innalza, perché per alcuni rimane necessario passar di lì e per tutti gli altri la strada nuova resta in ombra, muove un versante franoso, presenta una pendenza leggera che però s’impenna sotto la Pieve prima di affacciarsi alla rotonda di Via Micheli”.
“La variantina Ponte Rosso elimina la possibilità di realizzare la galleria intera che il progetto Anas prevede di far cominciare poco dopo la Croce e invece impone di cominciare una mezza galleria molto in alto all’altezza di Via Aldo Moro; da quel punto (se si farà) dovrà proseguire con una forte pendenza (8%) per poter sbucare dopo le scuole in Via Matilde di Canossa e in questo modo rimane il saliscendi nonostante la costruzione di grandi opere”.
Cosa è il progetto Anas?
E’ un progetto “studiato da un montanaro reggiano, l’ing. Carletto Dazzi, approvato dall’Anas per attraversare il dosso dove sorge e si dilata il capoluogo della montagna. Prevede un tunnel da imboccare subito dopo la Croce, arriva in pari fino alla zona fier, prosegue con un viadotto sino a Tavernelle, offre accessi diversificati verso il centro ed evita ogni passaggio obbligato tra le case”.
Quello che il gruppo Imprese montagna definisce “un bel progetto di variante della strada statale perché elimina il problema di Ponte Rosso, l’intero saliscendi e il sovraccarico di traffico dentro Castelnovo per ottenere due risultati fondamentali”.
Quali?
“La crescita del capoluogo della montagna ha avuto sfogo lungo la strada statale, il traffico locale e quello in transito hanno sovraccaricato Viale Bagnoli sorto come strada periferica rispetto al centro storico. Il progetto ANAS risolve il problema aprendo nuove strade di collegamento per evitare la concentrazione del traffico dentro all’abitato. Ma, anche, secondo obiettivo strategico, mantenere vitale il territorio del crinale agevolando la vita nei Comuni di Ligonchio, Busana, Collagna, Ramiseto e gli scambi verso il mare. Ogni politica per sviluppare la presenza dei giovani con nuove attività nella zona alta richiede di velocizzare il collegamento con la pianura. Si può raggiungere il risultato evitando Castelnovo, dato che il suo sviluppo urbano ha fatto aumentare sempre di più le difficoltà insite nella strozzatura naturale. Il progetto Anas avvantaggia nello stesso tempo chi abita a monte, a valle e dentro al capoluogo”.
Di qui la proposta in stile provocatorio: “si può buttare il progetto migliore?”
“Anche il Sindaco di Castelnovo dice di apprezzare quel valido progetto che fu inserito nel Piano Regolatore comunale – rileva Imprese montagna - , ma il guaio è che la situazione esterna e quella locale spingono a fare una scelta sbagliata. Ed è curioso che contro i vantaggi per il capoluogo e per la sua montagna si stiano adoperando la stessa amministrazione comunale e quella provinciale guidata da una Presidente con radici montanare. Infatti, hanno dedicato molta fatica per subentrare al progetto ANAS e mettere a carico di Comune, Provincia, Regione un’opera che porta effetti deleteri”.
Quindi “si può investire sul progetto peggiore”?
Un caso emblematico è quello della “crescita urbana a sud di Reggio che dimostra come si sono allungati i tempi di percorrenza della ss 63: prima si è costruito attorno allo stradone ducale di Rivalta, poi il Comune ha realizzato lo stradone nuovo (asse attrezzato?) e adesso lo interrompe con le rotonde per ricevere il traffico proveniente dalle aree urbane che si espandono attorno senza fare le strade necessarie. Le scelte miopi nel governo urbano azzerano i vantaggi attesi dalle grandi opere destinate a velocizzare gli spostamenti lunghi. La popolazione provinciale insediata in prevalenza nell’alta pianura impiega sempre più tempo per raggiungere le attività che si svolgono in città, nella zona nord e arrivare all’Autosole. Salendo verso la montagna i Comuni decidono per il loro verso e la Provincia aggiunge delle variantine per ridurre il traffico nei quartieri costruiti lungo la statale La montagna si trova di fatto allontanata dopo 20 anni dall’apertura delle gallerie”.
Un’idea di come si è arrivati a questa variantina caldeggiata dal Comune di Castelnovo? “Strada comunale 63” è un titolo del documento. Che prosege: “Grazie ai rimpalli tra progetti comunali (Reggio, Albinea, Quattro Castella, Vezzano) la Provincia per fare le sue variantine è costretta a rincorrere dei tracciati contrapposti da una parte all’altra del Crostolo. I comitati di quartiere agitano le loro richieste lungimiranti e per raggiungere la città si cerca un pertugio al Buracchione, intanto la variantina di Puianello agevola chi è diretto verso Modena e rallenta chi è diretto a Reggio.
L’uscita di scena dello Stato e della Regione accresce il peso di chi sta nel quartierino, sotto al campanile o arroccato nel suo centro e Castelnovo suggella questo processo di arretramento con la rinuncia agli obiettivi strategici affrontati dal progetto Anas per lo sviluppo suo e dell’intera montagna”.
LA PROPOSTA ALTERNATIVA
C’è un rimedio possibile alla variantina di Ponte Rosso definita “un’opera controproducente che graverà il bilancio locale di 4,3 milioni di euro mentre l’Anas ha deciso di investire più di 100 milioni di euro per bucare la Bocco-Canala e aggiustare il tratto da Ca' del Merlo a Berzana aprendo i cantieri nel 2010 (però l’annuncio si ripete nel mese di ottobre e induce a sospettare). Il Comune e la Provincia hanno ancora la possibilità di far valere il buonsenso. Hanno a disposizione i tecnici dipendenti e i consulenti che hanno elaborato il progetto Anas (sostenuto dal contributo della Provincia, poi inserito nel piano del Comune). Hanno la doppia possibilità di aggiornare il progetto Anas e di eliminare subito il problema Ponte Rosso.
Come? Ecco la proposta del passaggio a Sud-Est: “una breve salita facendola iniziare alla Croce con un sovrappasso diretto verso sinistra, deviare a destra più avanti e incrociare la strada vecchia di Campolungo, superare la frana di Ponte Rosso con un ponticello e proseguire il pezzo dritto di statale che passa davanti alla zona artigianale. Il passaggio a sud-est merita di essere affrontato perché:
• richiede una sola curva al posto di quelle che ci sono, costa meno agli enti locali e si realizza prima della variantina provinciale già tracciata
• elimina per tutti i problemi di Ponte Rosso con la cattiva esposizione, la frana e il tornante (che si può demolire perché non serve più a nessuno)
• incontra una buona esposizione e attenua la pendenza
• aggiunge un accesso più agevole verso Campolungo, Casale, Maro e gli altri paesi favorendo il turismo ai piedi della Pietra
• non compromette la stabilità di un versante con le case di Via Fanti d’Italia e non toglie benessere al quartiere della Pieve
• non butta via la soluzione necessaria della galleria lunga prevista con il progetto ANAS e agevola il suo imbocco alla Croce”.
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LA STORIA
Tra Unità d’Italia e Colombiandi, una strada che era mulattiera
Il documento di Impresa montagna affronta anche il tema della storia della 63. “A metà del 1800 comincia la costruzione della prima strada carrabile (strada militare per la Lunigiana) che, più o meno, segue il percorso della mulattiera medievale. Per superare le dure salite delle carrozze, dei carri e poi dei primi veicoli a motore si organizza l’aiuto del traino animale da agganciare sul posto. A metà del 1900 la Strada diventata Statale serve egregiamente l’esodo dai paesi rurali verso l’occupazione nelle fabbriche del triangolo industriale e all’estero, verso le attività dei servizi e del commercio che si concentrano nei centri urbani. Alcuni centri della montagna in 50 anni crescono addosso alla statale sopratutto Castelnovo e Felina (prima non esisteva l’abitato attuale e c’erano delle borgate sparse), Casina e Il Bocco (del tutto nuovo), La Vecchia e Vezzano, Puianello e Rivalta”.
150°anniversario. “Le istituzioni pubbliche locali possono inserire tra le iniziative delle rimembranze per il centenario dell’Unità d’Italia anche la nascita della strada carrabile alla fine del Ducato e la successiva crescita della statale 63. Durante il Regno viene rafforzata con il nuovo tratto lungo il Crostolo da Vezzano a Casina e le modificazioni più avanzate si realizzano durante il secolo breve. Gli storici lo fanno iniziare dalla I Guerra Mondiale che genera sofferenze, malattie, disoccupazione e lotte sociali. Tra le opere pubbliche per dare lavoro ci sono il completamento del nuovo tracciato che sale nella Valle del Crostolo e l’avvio dei cantieri dopo Casina. I lavori proseguono sino al Fariolo e da Felina alla Croce durante il ventennio fascista con impiego di braccianti e muratori per aprire la “correzionale” adoperando mazze e punte, mine e picconi, badili e carriole, muli e some, buoi e carri. Dopo la II Guerra Mondiale si ricostruiscono con gli stessi mezzi i ponti fatti saltare per la Resistenza e le nuove tecnologie si dispiegano solo al termine del secolo breve, fatto coincidere con il crollo del collettivismo sovietico”.
Trovata l’America. “All’inizio degli anni ’90 la Repubblica Italiana celebra il 500° anniversario dell’impresa di Cristoforo Colombo ed è una buona occasione per avviare opere pubbliche con relativi appalti. Tra le celebrazioni colombiane viene inserito il rinnovamento di una delle vie di comunicazione dalla valle padana al golfo ligure come la SS63 situata all’estremità della Liguria. Questo aggancio ardito consente di aggiungere sullo stesso percorso verso il valico una terza dimensione. Non più i saliscendi del 1800 che seguono i crinali per evitare i fossi. Non più i tornanti sul fianco dei rilievi con i piccoli ponti del 1900. Ora è possibile procedere per la linea retta che attraversa il monte con la galleria e la valle col viadotto. Le grandi opere, facilitate dalla potenza delle macchine e del cemento armato per fabbricare il tunnel e la campata lunga, consentono di evitare molte giravolte e la sfilata tra le case di Casina, di Felina e di Collagna. Rimangono dei “tratti bui” secondo la definizione di Malvolti, quelli ancora sorretti da ponticelli e argini costruiti con i sassi ricavati in loco e spostati a breve distanza dal movimento di zoccoli e scarponi ferrati. Rimangono per 20 anni nell’ombra dei cassetti il progetto della galleria del Bocco, che sembra tornare alla luce, e il progetto per una moderna variante a Castelnovo” .
Era ora
Ottima proposta di Impresa montagna, il buon senso e le idee valide esistono ancora, è sufficiente staccarsi dalla “politica dei partiti” e le buone idee sensate emergono.
Saluti.
(Fabio Leoncelli)
Dopo 50 anni di dibattiti, progetti, ipotesi sul probema del Ponte Rosso, su quello che sembra il rettilineo finale verso il traguardo di una parvenza di soluzione, veniamo folgorati dall’uovo di Colombo delle menti illuminate di Impresa-Persone-Montagna, a cui sicuramente non aveva mai pensato nessuno (tra l’altro, il documento è emerso l’altro giorno dall’incontro sull’importanza dei preti in montagna? Cavolo, avete preso il tema un po’ ad ampio raggio…). Bellissimo. Peccato solo che, proponendo la demolizione del tornante sull’attuale tracciato, lascerebbe il tema che, in caso di incidente o blocco del traffico per intraversamento di un mezzo, la Provincia sarebbe tagliata in due come succede oggi, senza la possibilità di alternativa come invece resterebbe nel progetto in corso. E peccato anche che, pur con qualche difetto, il progetto degli enti locali rappresenterebbe il primo stralcio di una variante complessiva al paese, che, seppur non ci siano certezze su tempi e possibilità di realizzazione, rappresenta comunque una prospettiva, che questo progetto alternativo non ha.
Comunque grazie.
(Jean Jaurès)
Tagliare fuori dal passaggio automobilistico Castelnovo? Ma non si farà la fine di Collagna? Magari gli esercenti non sarebbero così contenti di non avere il solito tran tran di automobilisti anche occasionali che comunque possono portare benessere, che sò…ai benzinai? Ai bar? Ai negozi? Chiedo solo…
(S.S.)
Ad ognuno il suo mestiere…
Suggerisco alla Amministrazione provinciale: ingegneri, geologi, ecc. tutti a organizzare iniziative culturali e d’ora in poi di incaricare l’associazione “culturale” in questione a progettare la viabilità in montagna…
(M.G.)
Certo è difficile dire quale è la miglior soluzione. Difficile esprimere una opinione o dei dubbi senza cadere nella RETORICA o ancor peggio essere ADDITATI come sognatori. Il comitato ha fatto come l’associazione dell’avv. Simonazzi: ha avuto modo di analizzare i progetti, ci siamo recati in Provincia, parlato con l’ing. Bussei, esternato le nostre perplessità. I dubbi sono rimasti e li elenchiamo: peggioramento della qualità della vita del quartiere PEEP; addossare il traffico nell’UNICA zona attrezzata, centro Coni e centro benessere; la non risoluzione del problema “BLOCCO TRAFFICO” per neve, la pendenza all’uscita su via Micheli è più dell’8% e con OBBLIGO di dare la precedenza a chi è in ROTONDA; il pezzo in salita davanti alla stazione Carabinieri RIMANE e non viene risolto; non risoluzione del PROBLEMA viale Bagnoli.
Dunque VENDERE la variante di Ponte Rosso come soluzione non risponde a VERITA’. Se poi a NOI montanari va ancora bene dire: INTANTO QUALCOSA SI FA!!! andiamo avanti così, però non dimentichiamo che le risorse sono sempre MENO e che la terra prima o poi finirà. Il comitato ha sempre espresso, ascoltando la voce e le segnalazioni degli aderenti, il bisogno di una RISOLUZIONE definitiva anche pensando a VIALE BAGNOLI, diventato invivibile per SMOG e traffico.
(Il coordinamento Comitato strada statale 63)
Castelnovo ne’ Monti
Se volete avere una idea del suo sviluppo e assetto urbanistico basta salire la strada verso la Pietra di Bismantova e fare una sosta al termine della salita a tornanti. Da quella posizione la visuale è quasi totale sul capoluogo della montagna. Non bisogna essere dei cultori del paesaggi per capire che Castelnovo ha uno svluppo urbanistico scellerato. Tutti gli spazi sono coperti da case e da assenza di spazi verdi. La vicinanza tra le abitazioni anche a tre piani è evidente. La viabilità appare quasi nascosta da tanto dissesto urbanistico. Da notare che sto parlando solo della parte nuova del capoluogo, perchè la restante verso le due piazze principali risente già della somma tra la vecchia struttura abitativa e quella che hanno saputo, con scelte urbanistiche discutibili, aggiungere nell’ultimo decennio. Merita, camminando a testa alta dentro il centro abitato, annotare la quantità di mansarde che appaiono abitabili, ricavate nei sottotetto!!!!!
Condivido le proposte dell’avvocato Simonazzi fatte a nome della associazione che rappresenta e ritengo che questo tema, la viabilità, sia un problema da discutere con tutta la montagna e non solo tra chi abita a Castelnovo.
Per concludere, la visuale che si ha del capoluogo della montagna è, vista dall’alto, quella di un vaso portaoggetti che anche se colmo continuiamo a riempire di cose inutili e spesso mai utilizzate. Potrà apparire un paragone fuori luogo, ma non dovrebbe essere edificante vivere quotidianamente uno sull’altro e con una viabilità principale sulla porta di casa. Auspico che le forze di opposizione in Comunità montana propongano una mozione a sostegno della proposta formulata dall’associazione “Impresa montagna”.
(Marino Friggeri, ex consigliere Comunità montana)