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Il Vescovo Adriano ai cattolici: “Vigilate!”

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“Vigilate!”: questa la parola d’ordine che il vescovo Adriano ha impartito alla diocesi con la sua recentissima lettera pastorale intitolata “Vigilate: ecco, sto alla porta e busso” per il biennio 2010/2012. L’imperativo è tratto dal capitolo 25° del Vangelo di San Matteo “Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”. Questa raccomandazione di Gesù, osserva nell’introduzione mons. Caprioli, allude al giorno e all’ora del ritorno del Signore alla fine della storia. E proprio di “questo monito a tenere aperto lo sguardo su Gesù Signore della storia, intendo parlare come Vescovo in questa ultima lettera alla mia Chiesa di Reggio Emilia-Guastalla”.

Ma cosa significa la vigilanza? Il vigilare, più che un’azione da intraprendere, deve diventare un atteggiamento da coltivare: consiste nel cercare di capire il lungo periodo, il senso ultimo dell’esistenza, più che rincorrere la notizia del giorno. E’ il guardare alla Chiesa come popolo di Dio in cammino, segno profetico, madre di speranza; è farsi carico delle attese delle persone, essere accoglienti giustamente verso i poveri, ma senza dimenticare le inquietudini delle persone normali. Il vescovo Adriano constata che molti ogni giorno silenziosamente prendono le distanze dalla Chiesa, passando il confine tra la certezza e il dubbio e vivono incerti davanti all’enigma dell’esistenza, che “a volte sembra splendida e a volte, come dicono i giovani: uno schifo; diventano insicuri, per cui un giorno si sentono leoni e il giorno dopo votati all’insuccesso, dubbiosi e inquieti di fronte all’avvenire. Sui confini tra fede e incredulità c’è bisogno di trovare anche oggi delle guide esperte in questi sconfinamenti dello spirito”.

Ecco allora che compito prioritario della Chiesa è annunciare la speranza cristiana. La lettera pastorale, articolata in quattro capitoli, affronta, tra l’altro, quattro ambiti del vigilare: le sfide etiche e culturali, il modello di sviluppo della città, la comunicazione, le situazioni di fragilità e malattia.
Nei due paragrafi conclusivi del quarto capitolo: “Vigilare nella fedeltà alla propria vocazione”, il vescovo si diffonde su tre figure di testimoni di vita: genitori ed educatori e gli amministratori pubblici.

Ai primi due sottolinea l’urgenza e la rilevanza della sfida educativa che li attende e il ruolo fondamentale della famiglia; agli amministratori ricorda che nel loro servizio in ambito sociale e politico sono responsabili del bene comune e al riguardo richiama una frase di Giovanni Paolo II “per fare politica ci vuole la santità” e addita come modelli: De Gasperi, Schumann, La Pira e Lazzati.