“Devi imparare a gridare e protestare, proprio come hai imparato a camminare e parlare. Piangere davanti agli insulti è come chiederne ancora.” (Fatima Mernissi)
***
Quante volte sarà capitato, a ciascuno di noi, di pensare che se non fossimo fatti in un certo modo, riusciremmo meglio in molte cose?
Quante volte ci sarà capitato di maledire le nostre ansie e le nostre paure e di attribuire a queste i nostri blocchi, i nostri fallimenti, la nostra incapacità di agire?
Quante volte abbiamo detto “non ce la posso fare” magari prima di un colloquio di lavoro o di un esame, pensando che il nostro modo di essere ci avrebbe portato di certo ad una sconfitta?
Questi comportamenti sono del tutto normali e comprensibili, se pensiamo che più o meno a tutti succede di percepirsi come inadeguati, in determinati contesti e situazioni, a causa magari di aspetti caratteriali che vorremmo imparare a smussare, a modificare.
Quello che però non tutti fanno è impegnarsi seriamente per combattere e sconfiggere i propri limiti.
Escludendo quei casi in cui la vittimizzazione del sé va letta nel quadro di una vera e propria patologia, spesso le persone che si lamentano di essere vittime degli eventi a causa di aspetti del loro essere che in alcun modo, almeno a quanto dicono, riescono a mutare, altro non fanno che trincerarsi dietro le proprie paure.
Rinunciare a trovare una soluzione è, paradossalmente, il modo più facile per evitare un problema. Lamentarsi altro non è che un modo di vivere in maniera passiva gli eventi, alimentando una visione di sé come soggetti incapaci, illusi, falliti, limitati e deboli, escludendo a priori qualsiasi possibilità di trovare in noi stessi delle risorse positive. La persona che si lamenta non fa altro che identificare se stesso con i propri pensieri negativi.
Tutti questi comportamenti sono esclusivamente un modo per negare le proprie responsabilità.
Ma perché molte persone continuano imperterrite a trovare delle giustificazioni per il loro non – agire?
Quello che probabilmente manca è la consapevolezza della volontà di lasciarsi “rassicurare” dalle proprie ansie.
In psicologia, i comportamenti di evitamento (di persone o situazioni) generati dall’ansia, vengono considerati come un sintomo: un compromesso che la nostra mente crea tra ciò che vorremmo fare e la forza che ce lo impedisce. In altre parole, il sintomo agisce come una DIFESA, rispetto a qualcosa che temiamo, ma è per l’appunto un compromesso, ovvero non risolve il nostro problema. Semplicemente ci permette di evitarlo, di non affrontarlo.
E’ un po’ quello che succede alle persone quando permettono alle proprie convinzioni, alle proprie paure, di bloccarli. Rifugiarsi nella certezza dell’impossibilità di agire perché fallimentare, mette sicuramente a riparo dal fallimento REALE.
Per alcuni soggetti, il procrastinare diviene una vera e propria patologia. Rimandare in eterno le cose da fare, come preparare un esame o anche solo pagare una bolletta, per alcuni è un vero e proprio “stile di vita”. Anche questo atteggiamento, può essere spiegato principalmente con la paura di fallire: il soggetto che passa le sue giornate a rimandare le cose da fare, riesce al contempo a pianificare nella sua mente obiettivi, traguardi e vittorie. Senza mai metterle in pratica e, in questo modo, proteggendosi da un’eventuale sconfitta. Spesso a questo tipo di comportamento si affianca la sensazione di sentirsi impotenti o addirittura disorientati rispetto al da farsi: la persona si sente incapace di pianificare il proprio lavoro, le proprie azioni, rimandando così il momento di agire. Per superare questa tendenza può essere utile stilare un piano sulle varie cose da fare e porsi degli obiettivi a lungo termine per mantenere la concentrazione su ciò che si sta cercando di portare a termine.
E’ indispensabile acquisire la consapevolezza che le cose che non facciamo non ci vengono impedite da nessuno se non da noi stessi. Purtroppo questo è proprio quello che la nostra mente vuole nascondere (o non capire), ovvero che la responsabilità non è altro che propria, mentre il pensarsi bloccati dalle proprie ansie è un ottimo metodo per scaricare la propria fetta di contributo.
Insomma, l’unico motivo per cui non abbandoniamo i nostri rigidi schemi mentali, anche quando li sappiamo sbagliati, è perché questi ci aiutano, “ci fanno comodo”. Senza pensare però che potremmo vivere molto meglio se ci dessimo delle opportunità, piuttosto che delle scuse.
Come evitare di cadere in questi tranelli della nostra mente?
Il primo passo, nonché quello più efficace, è sicuramente l’acquisizione della responsabilità. E’ importante sapere che le cose che succedono dipendono per buona parte da noi, e che siamo noi ad orientarle verso un esito positivo o negativo.
“Chi vuole qualcosa cerca una strada, gli altri una scusa”, recita un proverbio africano. Ed è proprio questa la chiave: se vogliamo qualcosa o se vogliamo cambiarla, se desideriamo che delle persone entrino nella nostra vita, se non ci piace la situazione in cui ci troviamo, è nostra la responsabilità di agire per ottenere ciascuna di queste cose. Non possiamo trincerarsi dietro ai “non avrò mai la forza per…”, anche perché questo quasi certamente non corrisponde al vero. Ciascuno di noi cela in se infinite potenzialità, che devo solo avere il coraggio e la voglia di tirare fuori.
Lo ribadiamo: il coraggio e la voglia.
Bello questo rapido trattato, conduce ad un metodo di autoconoscenza. Di sicuro, comunque, e molto spesso, ci sono idee inculcate dai genitori e dai “padroni” (ci sono ancora) che mettono nella mente giovane l’idea del “non sei capace” e (forse peggio) lasciando un credo generalmente infantile di “onnipotenza” per inettitudine ed incapacità di una corretta e gentile educazione genitoriale. Pericolose entrambe. Chi si lamenta sempre sta pianificando la propria sconfitta e riesce spesso a distruggere quanti gli stanno attorno prima che se stesso. Si può essere sconfitti, anche più volte, ma se non si trova la strada lunga mille ci si può accontentare di cinquecento metri finchè non si riesca a trovare le forze per l’altro tratto. La vera impossibilità c’è con l’inerzia e, troppo spesso, con l’incapacità fisica ed economica data da una malattia o dall’età avanzata; prima è sempre lecito tentare.
(Graziella Salterini)
Una pillola di saggezza
Mi complimento per la saggezza di Alessandra Nocerino. Lei riesce a seminare la sua esperienza di brava psicologa a tutti i lettori del suo brano! Dovremmo farne tesoro, studiandolo e meditandolo. Molti giovani sfiduciati e arenati, leggendo questo articolo, potrebbero trovare il metodo per quell’autostima e quell’entusiasmo che servono per affrontare i vari scogli della vita. Lei è anche una valida insegnante! Continui a trasmettere il suo sapere!
(Lilia)