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Società / L’illusione del biscazziere. Il gioco d’azzardo patologico può diventare davvero pericoloso per la persona

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Il gioco costituisce divertimento per l'uomo, e fa parte del suo processo di socializzazione. Ha un effetto stimolante dell'attivazione corticale, stimola emozioni, produce endorfine, adrenalina. Ha una componente sociale in cui l'individuo si misura con l'altro o con un gruppo.

Il gioco è una tappa evolutiva importante per molte specie animali che attraverso svago e piacere, imparano cruciali norme di sopravvivenza adattive, sociali, relazionali.

Il gioco e il suo aspetto dinamico, il giocare, hanno una funzione estremamente positiva nel corso dell'esitenza. Accanto all'aspetto ludico del gioco ve n'è un altro lacerato, la dimensione leggera di evasione può diventare compulsiva, patologica.

Nel gioco d'azzardo entrano in atto meccanismo psicologici che vanno oltre un allenamento alla convivenza, e alla socialità. La ludicità rientra nelle forme di condivisione di significati socio-culturali. Nell'introduzione di somme di denaro nel gioco si innescano competizione, avidità, sfida. Chi si cimenta nell'azzardo ha un alto fattore di "SEEK SENSATION"(bisogno di ricercare sensazioni forti) come lo definisce lo psicologo Marvin Zuckerman, dovuta, secondo tale teoria, a una disfunzione nel sistema che regola la ricaptazione del neurotrasmettitore Dopamina.

Lo psichiatra e genetista Robert Cloninger (1993) nella teoria Biopsicosociale porta avanti questo filone di pensiero e individua delle tipologie a rischio sociale improntate a una carenza o eccesso di vari tipi di neurotrasmettitori.

In altre parole la ricerca di certe sostanze o comportamenti sarebbe guidata da un mancato funzionamento corretto del sistema nervoso. In questo caso il gioco non si limita più all'aspetto ricreativo, ma diventa patologico e indice di qualcosa che non va, a livello neurologico secondo questa teoria, a livello emotivo ed esistenziale secondo altri approcci.

Il brivido del rischio , la speranza di fare un colpo esorbitante culla il giocatore e lo illude di una superiorità rispetto all'uomo comune che non rischia, ma può sfuggire di mano, e diventare compromettente per lo stile di vita, ore e ore passate davanti a un videopoker, perdendo la cognizione del tempo e del rischio di in investire somme di denaro sempre maggiori, costringendo poi a mentire a familiari e a se stesso. Il monologo interiore si svolge più o meno nello stesso modo per tutti i dipendenti: "ancora una volta, ne ho voglia, tanto poi smetto quando voglio. Ancora un'ultima volta..." Conducendo la persona in una spirale infernale da cui da sola non riesce più ad uscire.

Tale sensazione provoca una scarica di adrenalina che porta ad assuefazione, e pari alla dipendenza da sostanze, ne occorre una dose sempre maggiore per raggiungere il picco, con conseguente down successivo.

La vincita rappresenta la soluzione facile ai problemi esistenziali, una SCORCIATOIA furba, dove il giocatore si ritiene più scaltro degli altri. Egli intraprende una coazione a ripetere che ha tutte le caratteristiche di un disturbo ossessivo-compulsivo per attuare il suo sogno-progetto-vincita.

Può diventare delirante nel non riuscire a fermarsi, ben sapendo di dissipare risparmi di una vita, e di potersi indebitare a dismisura. Da un lato egli si sente speciale e, fideisticamente, crede che ce la farà, se solo la fortuna lo assisterà.

Dall'altro egli non trova il limite e perpreta un rituale devastante, masochistico. Come in ogni dipendenza , la tolleranza, cioè il bisogno di giocare e scommetere somme sempre maggiori, spingono l'individuo a dissipare cifre esorbitanti anche in periodi di tempo lampo. Ciò che conta è il brivido del rischio, la scarica di adrenalina, ma la gioia di una vincita dura un istante, e il bisogno di rischiare aumenta esponenzialmente. Il gambler (lo scommettitore, in inglese gambling significa gioco d'azzardo) può diventare una persona irrascibile, che si isola gradualmente per chiudersi nel suo rituale che può accompagnarsi a uno stile di vita disordinato, abuso di alcol, fumo, disordini alimentari, uso di sostanze.

Spesso una dipendenza è in comorbilità ad un disturbo dell'umore. L'età in cui si sviluppa questo comportamento si sta abbasssando, i dati sono allarmanti. Bambini di 10 anni si ritrovano a giocare ai casinò in rete o alle slot machines nei bar pubblici poco attenti. La "grattaevinci" mania sta diventando sempre più frequente, la persona si nasconde per farsi la sua dose di adrenalina nell'atto di grattare, per scoprire se dietro vi è il brivido della vincita.

Chi si accorge di avere questa dinamica, o chi teme per un familiare o una persona vicina può chiedere aiuto. Sempre più organizzazioni si occupano di dipendenze e riabilitazione. Si può cercare in rete, numerosi i gruppi di autoaiuto. L'anonimato è garantito. Se ne può uscire con la determinazione e l'umiltà di chiedere il sostegno necessario per comprendere il problema alla radice. Il problema è molto più diffuso di quanto si immagini.

Alla base di ogni dipendenza c'è sempre un vuoto esistenziale, solitudine, estremo bisogno di ricercare fuori qualcosa che dentro non c'è.

(Per ulteriori eventuali informazioni su problemi specifici di dipendenza [email protected])