C'era commozione nella parrocchiale di Casina stracolma di quanti hanno voluto portare a don Nando Barozzi l'ultimo saluto. La bara sul pavimento, davanti all'altare, è stata circondata dall'affetto di centinaia di parrocchiani, di altrettanti amici dalla montagna e da tutta la provincia, di decine di confratelli che nel quasi centenario (97 anni) don Nando hanno visto spesso un maestro di vita e di sacerdozio.
Sull'altare il Vescovo Adriano Caprioli e l'ausiliare Ghizzoni, intorno, a concelebrare il rito esequiale, i confratelli in Cristo; nei primi banchi i sindaci di Casina Fornili e di Castelnovo ne’ Monti Marconi con l’assessore comunale Domenichini ed il consigliere regionale Filippi. Nel transetto sinistro il coro parrocchiale che ha accompagnato la liturgia e poi una folta rappresentanza della Croce Rossa di Casina con le divise d’ordinanza. Ma al centro di tutto c’era la modesta bara di don Nando con sopra la stola ed il Vangelo aperto.
Il Vescovo ha impostato l’omelia utilizzando spesso le stesse parole di don Nando nella omelia funebre della sorella Elena, che è stata per molti anni la sua perpetua, pronunciata nel 1994. “Non ho bisogno di domandarmi come mi immagino il Paradiso … me lo immagino come la mia Chiesa…” aveva detto don Nando in quella occasione, in una sorta di testamento spirituale anticipato.
Il Vescovo ha parlato del “carattere schietto e diretto” di don Nando e “della sua carità verso tutti, senza guardare da che parte stavano”, ha parlato delle molteplici opere realizzate per la comunità di Casina: dalla chiesa alla scuola materna, dalla casa per gli anziani Villa Maria al teatro e così via. Al termine della cerimonia religiosa è intervenuto il dr. Walter Vezzosi per la comunità parrocchiale che ha ripreso il tema ricordando anche che don Nando è stato anche colui che ha molto operato per convincere l’amministrazione comunale all’acquisto e al restauro del castello di Sarzano, colui che ha concesso, sempre al Comune, l’utilizzo del marchio Ars Canusina, colui che ha guidato la parrocchia dal 1945 con saggezza e lungimiranza.
Il sindaco Carlo Fornili ha esordito dicendo che “non c’è nulla che riguardi l’uomo che non riguardi anche la Chiesa” e che questo è stato il filo conduttore della azione pastorale di don Nando. Infine Gian Luca Marconi, sindaco di Castelnovo ne’ Monti, ha voluto ricordare la stretta amicizia di don Nando, “grande uomo e grande cittadino”, con Pasquale Marconi con cui condivise l’impegno sociale. Una lunga e partecipata processione fino al cimitero ha poi accompagnato don Nando, per l’ultima volta, attraverso le strade della sua Casina.
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L'OMELIA DEL VESCOVO ADRIANO CAPRIOLI
IL PRETE, UOMO DI CARITÀ PERCHÉ UOMO DI FEDE
Omelia per il commiato di Mons. Nando Barozzi
“Non potete immaginare quanto sia contento in questo momento di essere prete e di potere celebrare questa Messa, perché con la S. Messa ritrovo tutti i miei cari, vivi in terra e vivi in Cielo, perché con la Messa posso ringraziare tutti voi per la vostra presenza, vi posso abbracciare e stringervi e portarvi tutti nel cuore, perché nella Messa il cuore del prete diventa immenso come il cuore di Dio”.
Sono queste le parole con cui don Nando aveva incominciato l’omelia di commiato nella liturgia funebre per la sorella Elena il 21 ottobre 1994. Sono queste anche le parole con cui don Nando ci accoglie tutti — dai vescovi, dai numerosi sacerdoti fino all’ultimo dei parrocchiani — a questa sua liturgia di commiato, nei giorni del compimento della sua lunga e feconda esistenza terrena di cristiano e di prete.
È mia abitudine in queste liturgie di commiato di un nostro presbitero dare voce, quasi imprestare la mia voce ad una Parola, che è innanzitutto Parola di Dio, quella offerta dalla Chiesa nella liturgia del giorno — il Vangelo ascoltato è proprio quello del lunedì di questa settimana —, e nello stesso tempo far risuonare la parola di chi per tanti anni — più di 50 nel caso di Don Nando vostro parroco — è stato testimone di vita, come fosse la sua ultima omelia.
Gesù, testimone di Dio
Che cosa ci ha detto Gesù nel Vangelo (Lc 4,14-30)? “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia nel Signore”. A differenza dei maestri del suo tempo, Gesù non ripete come un maestro a scuola quello che ha studiato sui libri, ma testimonia l’evento della salvezza che si manifesta in parole e in gesti di carità. È quello che ogni sacerdote è chiamato a testimoniare anche oggi nella Chiesa, come Gesù nella sinagoga di Nazaret.
Bisogna ritornare a vedere il sacerdote come “uomo di carità” perché “testimone di fede”. Sembrerebbe una cosa ovvia qualificare il prete come “uomo di carità” in quanto “testimone di fede”. Eppure non è così, in particolare del prete diocesano che vive tra la gente: è più facile vedere nel prete l’uomo di carità — quindi esperto di umanità, socialmente solidale, e solo per questo degno di rispetto e anche di consenso —, separato però dall’essere “testimone di fede”, e quindi dall’essere testimone di verità eterne, guida a valori soprannaturali.
Bisogna ritornare a vedere il sacerdote come “uomo di carità”, perché “uomo di fede”, come richiama il bel testo conciliare: “I presbiteri sono consacrati a predicare il Vangelo e si affaticano — colpisce questo verbo affaticano che non troviamo nei testi del Concilio per altri compiti — nella predicazione e nell’insegnamento, credendo ciò che hanno letto e meditato nella Parola del Signore, insegnando ciò che credono, vivendo ciò che insegnano” (Lumen gentium 28).
Don Nando, testimone di vita
Sì, don Nando è stato “uomo di carità” — e sono tante le opere che ne testimoniano la intraprendente lungimiranza —, ma non ha separato l’opera della carità dalla testimonianza della fede. È ancora lui che ce lo spiega — sempre nella sua omelia di commiato per la sorella Elena —, dopo avere provato qualche tempo prima una seria malattia.
“Durante la mia malattia mi ero preparato seriamente alla morte con molta preghiera e molte riflessioni. Avevo solo un rammarico: lasciare sola mia sorella Elena. Il Signore è stato infinitamente buono. Forse, mi ha tenuto in vita solo per lei… Ora che lei è partita voi comprendete bene, perché nel mio cuore ci siano dolore e gioia. Posso cantare adesso con il vecchio Simeone: Ora lascia, o Signore, che il tuo servo, vada in pace secondo la tua Parola (Lc 2,29)”.
E con la schiettezza e prontezza a voi ben note nell’affrontare i momenti di prova, aggiungeva: “Non vorrei che voi pensaste, a questo punto, che io mi abbandoni alla solitudine e alla tristezza. Non è nel mio carattere e poi ci siete voi, e ci sono gli impegni che io ho per voi, che mi riempiono la vita, la mente e il cuore. Voi mi siete sempre stati vicini, nei momenti di gioia e di dolore, nelle circostanze facili e in quelle difficili. Vi ho sempre sentiti al mio fianco, con la preghiera, con la parola, con l’amicizia e la comprensione, con il lavoro, approvando e disapprovando, ma sempre vicini”.
E concludeva con uno sguardo di intensa fede e di viva speranza: “Certo queste sere sarò solo, ma vi assicuro che i miei pensieri saranno pensieri di serena fiducia e di gioiosa speranza. Seduto presso la finestra, guardando verso il cimitero, sentirò un grande desiderio di riunirmi a loro…”.
Mons. Nando ha prolungato questo desiderio di comunione con Dio e i propri cari fino a sabato scorso, quando si sono compiuti i giorni della sua vita terrena e ogni prete aveva letto nell’Ufficio di lettura del giorno prima le parole di commiato del vescovo Agostino per la sua madre Monica: “Era ormai vicino il giorno in cui mia madre sarebbe uscita da questa vita… avvenne una volta che io e lei soli, appoggiati al davanzale di una finestra che dava sul giardino interno alla casa che ci ospitava, là presso Ostia… parlavamo soli con grande dolcezza e, dimentichi del passato, ci protendevamo verso il futuro…”.
È questo sguardo verso il futuro, verso la Speranza che non muore, che ha tenuto legati il figlio Agostino e la madre Monica. È lo sguardo che oggi lega un sacerdote con il suo Signore, il quale “mi ha chiesto tante cose — è ancora don Nando che parla — ma me ne ha date molto di più”; lega un presbitero ai suoi confratelli i quali, confida Don Nando, “ho difesi, per i quali ho tanto pregato, brontolato, lavorato”; lega un parroco come Don Nando a questa sua comunità, “che ho tanto amato”.
“E allora – concludeva – il Paradiso come me lo immagino? Non ho bisogno di fantasia! Me l’immagino come una piccola graziosa Chiesa come questa: con Gesù buon Pastore che predica ‘Io sono la via, la verità, e la vita’, con la Madonna mamma ai cui piedi è la mia mamma, con gli angeli musicanti come i nostri ragazzi di ogni domenica e i loro canti che non sono canti funebri, ma canti di vita e di risurrezione”.
Grazie, don Nando, per questa tua ultima omelia. Grazie per le opere che hai fatto, di carità verso tutti, senza guardare da che parte stavano coloro che chiedevano aiuto, ma nello stesso tempo per la testimonianza di fede, di coraggio, di forza nel dare ragione della Speranza che il Signore ha posto nel tuo cuore.
+ Adriano VESCOVO
Casina, 30 agosto 2010 - Omelia nella liturgia di commiato di Mons. NANDO BAROZZI, parroco emerito
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