Home Cronaca “Benvenuti in questa corte tra fantasmi del passato e memoria del presente”

“Benvenuti in questa corte tra fantasmi del passato e memoria del presente”

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LEGORECCIO (Vetto, 26 agosto 2010) – In una stanza accanto i nazifascisti trucidarono diciotto partigiani arresisi lasciando i cadaveri su tre carri nella corte. Era il 17 novembre del 1944. “Dinnanzi a questo camino, invece, si scaldavano i conti dalla Palude, che per secoli comandarono, a volte tiranneggiando, in questa vallata. Indubbiamente c’è un’atmosfera particolare”. Siamo a Legoreccio, nella famosa corte cinquecentesca, uno dei più importanti in edifici nobiliari dell’Appennino. Incontriamo Gianfranco Ferrari, 57 anni, dirigente Eni da un anno in pensione che, nativo di genitori vettesi, ora ‘conte’ e padrone di questo luogo di memoria, anche, per la resistenza partigiana. Periodicamente, con la famiglia, lascia Milano per rifugiarsi qui.
Lei è tornato e, durante le feste, porta di nuovo vita in questa corte. “Sì. Perché di qui sono le mie origini e i miei genitori emigrarono a Milano per lavoro. Poi, nel 1952, comprarono questo edificio che venne scorporato dal podere. Ultimo abitante prima di noi fu il mezzadro”.

Qui siamo in una vallata fuori dal tempo. Lei, invece, proviene da un’esperienza lavorativa calata nella metropoli…
“Sì. Dopo la laurea in ingegneria sono entrato nell’Eni di San Donato Milanese. Era il 1980. Mi sono occupato di contratti di trasporto marittimo, commercializzazione del gas naturale in Italia e, in ultimo dopo la liberalizzazione del settore, di commercializzazione di energia elettrica, diventando anche dirigente e rappresentanto l’Eni nell’Unapace (ora Assoelettrica)”.

Parliamo di energia. L’Appennino ne ha da vendere?
“Avrebbe grandi opportunità. E’ una domanda che mi fa piacere. Io torno in questi posti dall’età di otto mesi e, per lavoro o per turismo, ho avuto il piacere di vedere diverse parti del mondo. Queste zone le trovo tuttora meravigliosea…”
Ma…
“…abbiamo bellezze dell’area matildica che non sono affatto conosciute. Ricordo che scrissi anche alla Società autostrade e a tutti i Comuni lamentando la carenza di una segnaletica adeguata all’uscita del casello Terre di Canossa. Mi rispose la società autostrade: ‘non abbiamo ricevuto dagli enti sollecitazioni in proposito’”.

Quindi?
“Il Reggiano, come fanno a Parma e Modena, deve trovare il modo di valorizzare quanto ha. Su questo si fa fatica ad affrancarsi dalla importante tradizione rurale. A Milano magari non sempre sanno chi è Matilde, ma per fare turismo di ‘incoming’ non ci si inventa. Occorre, allora, affidarsi alle persone giuste e pensare a un turismo che è globalizzato. Puntando, per partire, in primis sulla Germania”.
E la sua corte?
“Nel 2006 quando ho ultimato i lavori di ristrutturazione ho pensato di condividerli con la gente del posto e vi svolgemmo un concerto. Desideravo condividerla con la collettività”.

Eppure qui vi fu una strage. Ha mai avuto sensazioni di paura?
“Giunsi qui da ragazzino, sapevo che era stato teatro di una strage. Ben presto intonacarono i muri per cancellare i segni dei proiettili. Ora come padre provo ancora più angoscia a quel ricordo. Ma paura no, anche se accendere questo camino fa sentire una presenza di qualcosa che viene da lontano. Ora questo è un luogo di pace. Particolare ma di pace”.

(Gabriele Arlotti)