Riceviamo e pubblichiamo.
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Il primo giorno del mese di ottobre del 1999 i sindaci dei comuni di Busana, Collagna, Ligonchio e Ramiseto, nello studio del notaio Benedetto Catalini, sottoscrissero lo statuto dell’Unione dei comuni dell’Alto Appennino reggiano. A partire dall’anno successivo, il nuovo ente iniziò ad essere effettivamente e concretamente operativo. Fu una scelta coraggiosa e lungimirante. Più di dieci anni fa le unioni di comuni, in Italia ed in Emilia-Romagna si contavano sulle dita di una mano; il quadro normativo di riferimento era incerto; le esperienze alle quali guardare praticamente inesistenti e non tutte lusinghiere. Oggi, a distanza di oltre 10 anni, è utile fare un bilancio: di ciò che è stato, di quello che c’e in più (o in meno) e soprattutto riflettere su cosa ci aspetta per il futuro.
Credo che il modo migliore è più efficace per verificare l’utilità dell’Unione sia un’analisi “ex post” dei risultati conseguiti ed una verifica della situazione dei comuni prima e dopo la creazione del nuovo ente.
Dal 1999 ad oggi sul territorio dei 4 comuni del crinale sono stati realizzati i due micronidi di Busana e Ramiseto, che possono ospitare sino a 28 bambini da 1 a 3 anni. E’ stata istituita una scuola di musica che, in collaborazione col Merulo e coll’Istituto comprensivo di Busana, offre formazione musicale ad oltre 60 ragazzi delle scuole medie ed elementari. E’ stato istituito un servizio sociale strutturato, con l’assunzione di un’assistente sociale (che prima non c’era) e con 8 addetti che seguono decine di anziani su tutto il territorio dei 4 comuni. E’ stata costituita un’unica commissione edilizia per i 4 comuni con la strutturazione di un servizio di edilizia privata che prima non esisteva. Si è provveduto all’unificazione del servizio tributi, soprattutto per quanto riguarda la Tarsu, che oggi è gestita ed introitata dall’Unione uniformando tariffe e procedure. Vengono gestiti in maniera associata ed uniforme (con importanti risparmi) servizi fondamentali come la spalata neve, la manutenzione del verde, il turismo, la polizia municipale, l’informatica e la manutenzione degli impianti di pubblica illuminazione e tutto il settore della “gestione calore”. Tutto il settore degli appalti e dei lavori pubblici viene gestito in Unione. Nel corso degli anni sono stati emananti 3 bandi (con oltre 50 beneficiari) per finanziare, con contributi a fondo perduto, imprese e cittadini che hanno smaltito amianto. E’ stato realizzato un nuovo Ufficio informazioni turistiche (Uit) a Cervarezza ed è stato istituito un servizio di capillarizzazione della raccolta differenziata (carta, vetro e plastica) che ha toccato anche le più piccole borgate senza alcun aumento dei costi a carico degli utenti. Praticamente tutte le nuove assunzioni di personale sono state effettuate dall’Unione, rafforzando e consolidando principi fondamentali per la gestione delle risorse umane dei piccoli comuni: intercambiabilità, flessibilità e collaborazione.
E’ bene sottolineare che l’Unione dei comuni non ha significato, nel corso degli anni, appesantimento delle strutture burocratiche e del personale dipendente dei comuni: a distanza di 10 anni, complessivamente, i dipendenti pubblici dei 4 comuni e dell’Unione sono diminuiti! E’ bene anche sottolineare che il “costo politico” dell’Unione è uguale a zero, in quanto presidente ed assessori dell’Unione non percepiscono alcuna indennità. I risparmi conseguiti con le gestioni associate, insieme con i contributi regionali e statali assegnati alle unioni di comuni, hanno consentito ai 4 enti di mantenere un eccellente livello di investimenti, accompagnato da un ricorso al debito (mutui) praticamente nullo e soprattutto al mantenimento di un livello impositivo locale tra i più bassi della Provincia di Reggio Emilia. Non è un caso che nessuno dei comuni che compongono l’Unione applichi l’addizionale Irpef.
Credo che si tratti di risultati importanti.
Oggi il tema è quello di rilanciare e consolidare il lavoro fatto in questi anni. Vi sono sfide nuove da affrontare con coraggio. Non è questo il luogo per elaborare un programma articolato per i prossimi anni, tuttavia vale la pena accennare ad alcune tra le sfide più impegnative che ci attendono:
• completamento dell’integrazione delle risorse umane dei 4 comuni ed avvio delle procedure di trasferimento del personale dipendente all’Unione;
• conseguimento dell’accreditamento dei servizi sociali dell’Unione dei Comuni;
• conclusione dell’iter di approvazione del PSC dell’Unione dei comuni;
• attivazione di nuove forme di finanziamento dei comuni e dell’Unione stessa attraverso un ruolo attivo nella gestione delle fonti di energia rinnovabili: in primis mini e micro-idroelettrico, ma anche fotovoltaico ed eolico;
• acquisizione e gestione di nuove competenze, quali ad esempio forestazione e gestione e raccolta dei prodotti del sottobosco (funghi, mirtilli, ecc.);
• consolidamento di una funzione e di un ruolo politico dell’Unione sia come ambito ottimale per la gestione di servizi associati ma anche come luogo di elaborazione e discussione dei principali obiettivi politici e strategici per l’alto crinale: banda larga, viabilità e Parco nazionale attraverso una pieno coinvolgimento dell’Unione nella elaborazione degli accordi quadro.
Infine credo che nei prossimi mesi sia di fondamentale importanza mettere mano alla rivisitazione della legge regionale 10 del 2008 denominata “Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni”. Questa legge è precocemente invecchiata soprattutto alla luce delle recenti normative nazionali, che da un lato azzerano i fondi alle comunità montane e dall’altro rendono obbligatorie le gestioni associate per i comuni sotto i 5.000 abitanti. A mio avviso il difetto principale della legge regionale è quello di individuare troppe forme istituzionali (comunità montane, circondari, nuove comunità montane e unioni) per la gestione in forma associata dei servizi. Credo sia tempo di una semplificazione ed insieme di una differenziazione. La semplificazione consiste nell’individuazione, su scala regionale, di un’unica tipologia di ente per la gestione dei servizi su ambiti ottimali scelti liberamente dai comuni: l’Unione dei comuni appunto. La differenziazione consiste nel saper cogliere, incentivare e sostenere, da parte della Regione, le specificità e peculiarità delle unioni formate da comuni montani.
(Alessandro Govi)