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Una ricetta faticosa: amare

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In questi giorni da Bologna e da Milano sono partiti oltre 100 giovani del Movimento giovanile salesiano: sono diretti a Santiago, che raggiungeranno a piedi come tanti altri giovani partiti dalle varie parti d’Europa. Saranno giorni vivaci tra canti, preghiera, l’incontro con altre realtà giovanili: giorni certamente non sotto il segno della noia, di quel taedium vitae che colpisce giovani e adulti nelle stessa maniera, gente annoiata e stanca di lavorare ma anche di riposare: nulla li attrae, nulla li soddisfa, nulla li scuote.

E’ annoiato il pensionato come la casalinga, chi è senza lavoro come chi lavora, il consumatore di mass-media come chi frequenta pub o discoteca o cerca situazioni di sballo per uscire dal grigiore del quotidiano. Sembra che la vita non abbia senso e “chi percepisce la propria vita e la vita dei suoi simili come priva di senso non solo è infelice ma non è affatto in grado di vivere”. Chi scrive questo non è uno qualsiasi, ma un certo Alberto Einstein, che il tempo lo sapeva occupare bene. La noia è mancanza di senso ma anche di interessi: le cose vicine e lontane, i paesaggi, i libri, l’arte, i legami amicali e familiari, tutto quello che la realtà e l’immaginazione offrono sembrano tutti tinti dallo stesso colore opaco e uniforme, il grigio.

Esiste un modo per vincere la noia? A chi dobbiamo chiederlo? E’ una domanda che mi assilla come prete e come educatore, pensando alle mille situazioni giovanili, che non hanno risposta o l’hanno inadeguata. Non si può vivere di noia, neppure di solo divertimento. La vera tristezza come la vera povertà nasce dalla mancanza d’amore.

Più vado avanti negli anni e più sono convinto che l’unico modo di vincere la noia è l’amore, l’unica realtà che colora la vita, la penetra, la trasfigura. Mi piace sempre ricordare Chagall, il pittore dei clowns, dei circhi, degli angeli volanti, il quale trovava ridicolo tutto quanto non era stato compenetrato dall’amore. Lui aggiungeva, a dire il vero, quanto non era stato scritto “con il sangue”, a prezzo di fatica.

E non è questo il massimo comandamento del profeta di Nazareth, del Cristo, compagno di viaggio dell’uomo nella gioia e nel dolore? Per sua natura, l’uomo è “una potenza d’infinito”, ha un’apertura all’infinito, che nessuna realtà finita potrà colmare. Nessuna! Agostino d’Ippona diceva: nessuna, eccetto Dio. E l’amore è “un raggio di Dio” che dona all’uomo di proiettarsi nell’infinito, vincendo la noia del mondo finito, superando l’inutilità del vivere, costruendo legami, che già anticipano qualcosa di quello sarà l’Eterno, verso il quale siamo incamminati.

3 COMMENTS


  1. Il miracolo sta nel momento in cui un raggio divino, anzi un fulmine divino, raggiunge una di queste anime. Allora passa la noia e l’insoddisfazione e chi è colpito diventa un trascinatore. Ma una mente sola, già allo sbando della noia, non può che restare nelle squallore della ua situazione. A meno che un avvenimento altrettanto fulminante lo colpisca duramente nella sua vita terrena.

    (G.S.)

  2. Amore o noia?
    Analizzando la società, potremmo definirla su due poli diversi: c’è l’individuo che, come unico scopo di vita, ha quello di accumulare, accumulare… ( i soldi non gli bastano mai) ma è troppo intento al suo scopo per annoiarsi. Poi c’è chi vive parassita, cercando di scialacquare il patrimonio degli accumulatori. Nel primo caso si diventa avidi, possessivi, egoisti, maliziosi, frenetici, prevaricatori. Nel secondo caso sono d’accordo con lei, Don Vittorio, perchè si tende al lassismo, alla vita godereccia ma senza senso, alla monotonia, alla noia… In entrambi i casi vengono a mancare gli ideali, gli slanci di generosità, di carità, di amore… e allora la vita è vuota. Possibile che non ci sia la via di mezzo?

    (Lilia)