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Ostentare, apparire, essere

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“Non farti tanto grande , non sei così piccolo”, recita un detto popolare la cui saggezza è innegabile. Il bisogno di conferma del proprio valore è insito nell’essere umano.

La formazione di chi siamo avviene attraverso un processo graduale, dove la conoscenza del mondo si combina con il rispecchiamento sociale, e ci viene continuamente rimandata l’immagine esterna che gli altri, lo specchio, hanno di noi. Arrivati all’età adulta, si costituisce un nucleo stabile di caratteristiche che guidano il comportamento, definito personalità, e un insieme di schemi comportamentali atti ad ogni situazione. Così la psiche dell’individuo è costituita da varie istanze: temperamento, tratti di personalità, carattere, schemi del Sé, meccanismi di difesa, e una parte incontaminata condivisa da ogni essere umano che i mistici chiamano ‘essenza’.

Senza entrare in disquisizioni filosofiche, ci piace qui invece riflettere su una parte del Sé comunemente definita Ego. L’ego è quella componente della psiche che si è adattata alla realtà, formando callosità, adeguandosi ai messaggi esterni, proteggendosi, se essi erano troppo dolorosi. Chi ha una buona autostima ‘vera’ avrà un ego che possiamo dire ‘basso’, poiché implica il non dover dimostrare di valere al mondo, in quanto si è già consapevoli del proprio valore. Chi invece nel processo di sviluppo ha ricevuto ferite inferte al proprio Io, ha sviluppato un Ego compensato, che può diventare smisurato, in relazione ai soprusi subiti.

Tanto più grande la ferita, tanto maggiore lo sforzo che l’Ego deve fare per proteggere l’Io. In altre parole, chi ha ricevuto un messaggio incoraggiante, chi ha trovato un ambiente amorevole e accettante, crescerà dotato di una buona autostima, e dovrà ricorrere a poche difese e manifestazione egoiche per dire al mondo che egli esiste. Al contrario chi è stato squalificato, denigrato, svilito, sviluppa un Io fragile, senza sponde sicure, e dovrà ricorrere a un Ego, che possiamo anche chiamare un falso Sé, di facciata, per nascondere la propria insicurezza.

Tale dinamica si evidenzia molto bene nelle persone dai comportamenti arroganti, autocelebranti, che hanno il bisogno di essere sempre sotto i riflettori, al centro dell’attenzione. Queste persone è come se chiedessero implicitamente al mondo intero: “dimmi che esisto, dimmi che valgo”. E spesso sono disposte a tutto pur di ottenere un briciolo di attenzione, un attimo di gloria. Ovviamente spesso il risultato ottenuto è esattamente il contrario, la risposta emotiva esterna è di rifiuto, di scherno. E l’egoico quindi deve raddoppiare la dose, rilanciare, chiedendo sempre più visibilità, conferme, approvazione, implorando implicitamente di venir riconosciuto bravo, meritevole, in gamba, efficace, ecc.

Tuttavia la sua ferita non si potrà mai placare con rimandi esterni. Egli si sentirà sempre più insoddisfatto, non riuscendo mai a colmare la propria insicurezza. Nella teoria freudiana tale sindrome viene definita “Narcisismo”. La ferita narcisistica porta l’individuo a comportarsi in maniera richiestiva, a cercare il proprio valore all’esterno, per coprire un vuoto interiore spaventoso. Andando oltre l’apparente supponenza, tracotanza, e arroganza, si scoprirà una persona estremamente infelice, sola, insoddisfatta, mai paga e mai sazia di riconoscimenti. La criniera del finto leone nasconde la mano tesa del mendicante.

Ed è come se egli avesse scritto in fronte, “temo di non esistere, perciò faccio tanto rumore.” Come in ogni fenomeno psichico, è importante sempre valutare quanto, in un’ipotetica scala da uno a cento, tale insicurezza condizioni e pervada la vita della persona. Episodi di insicurezza fanno parte della vita di ognuno, quando diventa patologica, ci si ritrova di fronte a una persona lanciata in un delirio autocelebrante, sconclusionato, con picchi di manie persecutorie e paranoiche. Che fare quando si incontra una tale personalità? È necessaria molta attenzione a non farsi trascinare dentro a una danza di specchi, che porta a una escalazione emotiva devastante. Se ci si ritrova di fronte a una sequela comportamentale del genere, più si resta neutri e centrati, più l’altro farà sì il suo fuoco d’artificio, ma poi si stancherà e andrà a cercarsi un altro pubblico.

Egli infatti si nutre dell’energia dell’altro, si bea di essere notato, anche in negativo. E l’altro finisce per fare il suo gioco, dandogli ciò di cui più ha bisogno: l’attenzione. Che non basterà mai.

La persona che invece gode di una buona autostima, resta ferma e salda, non aspetta le conferme dall’esterno, ma ha invece la percezione di se stesso come capace, efficace, in grado di incidere positivamente sulla realtà. Pur gioiendo degli apprezzamenti, sa che possono esserci o meno, ma nulla tolgono al suo valore di essere umano se non arrivano. La persona con una sana immagine di sé è serena, e non si affanna a dimostrare al mondo quanto vale. Non ne sente il bisogno. Sa già di valere in quanto essere unico e irripetibile, pertanto già speciale in se stesso. Senza dover fare troppo rumore per nulla.

5 COMMENTS


  1. Allora è tutta colpa dei genitori e dell’infanzia di Silvio e Benito, di Angelino, di Massimino, di Marcello, che noi navighiamo nella…!!! Le persone che tirano il carretto hanno meno tempo per lasciare andare il loro ego verso infausti lidi!!! Propongo due psicologi alle spalle di ogni politico, che appena sentono un’estroflessione sbagliata dell’ego lancino una scarica elettrica al malcapitato!!!

    (Commento firmato)

  2. Non solo genitori…
    Vorrei spezzare una lancia a difesa dei poveri bistrattati genitori in ambito educativo. Loro fanno la loro parte, sì. Ma fanno sempre quello che possono, quello che non riescono a dare è perché non ce l’hanno. L’individuo, chiunque esso sia, Giulio, Benito, Silvio e Pierino, Mario o Maria, è sempre la risultante di un insieme di fattori; di suo nasce già con una dotazione, il temperamento, che è come un motore; l’ambiente e l’interazione con ciò che trova per strada ne fanno il resto, lo rodano. Qualcuno si ingolfa nel tragitto.

    (Ameya)

  3. Ego sum
    Purchè non si facciano convincere anche loro, durante la la lunga strada di trivellazione nell’ego dei soggetti. Sai, come dicevano gli antichi romani, quando furono costruiti i vespasiani a pagamento (ma non solo per quelli), “pecunia non olet”. Chissà se i personaggi appena nominati pagherebbero le sedute di tasca loro o appioppandole al governo decentrato e defraudato dei liberi (liberi?) cittadini e se non paghi di tasca tua non ti convinci,
    soprattutto loro.

    (Graziella)