Da circa due anni Don Valerio Beneventi era preso nella morsa dei fratelli Paolo e Fabrizio Trombi, entrambi residenti a Parma, i quali, anche utilizzando false generalità, con l’inganno e arrivando addirittura a prospettare all’anziano parroco un ingiusto male, erano riusciti a farsi consegnare varie somme di denaro per centinaia di migliaia di euro.
Quasi due anni fa - la vicenda ha inizio nel mese di settembre 2008 - Paolo Trombi era riuscito ad abbindolare il religioso, che, commosso dal racconto di una serie di disgrazie (come quella di essere rimasto vedovo, di avere un figlio piccolo che viveva da solo con lui, di aver subito diverse operazioni che l’avevano menomato e di essere incorso in gravi incidenti stradali), ovviamente non vere, aveva cominciato a “spillargli” i primi soldi.
L’indagine dei carabinieri, coordinata dalla dott.ssa Maria Rita Pantani, sostituto procuratore alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia, ha avuto inizio il 10 febbraio scorso, quando i militari di S. Polo d’Enza sono intervenuti alla canonica di Ciano per identificare un uomo che, avendo fornito false generalità e tentato una truffa, è stato poi tratto in arresto e compiutamente identificato nel 38enne parmense Paolo Trombi.
Gli accertamenti successivi svolti dai carabinieri hanno consentito di appurare che non si trattava di un episodio sporadico ma che l’uomo, insieme al fratello, poi identificato nel 42enne Fabrizio, anche lui abitante a Parma, in realtà aveva trovato il cosiddetto “pozzo di San Patrizio”, dal quale da molto tempo attingeva grosse somme di denaro.
Le indagini, infatti, hanno permesso di dimostrare come i fratelli Paolo e Fabrizio, dopo aver esaurito ogni espediente (non ultimo quello con cui paventavano l’esistenza di terze persone “molto pericolose” che, in caso della mancata consegna del denaro, che a loro volta dovevano ricevere, non avrebbero esitato a rapire il figlio di Paolo Trombi), per vincere le resistenze del sacerdote erano passati alle minacce, attraverso preordinate sceneggiate nei pressi dell’entrata della canonica, con le quali gli prospettavano la presenza di soggetti che si aggiravano con aria minacciosa o che stavano per perpetrare danneggiamenti all’autovettura della vittima o furti all’interno della struttura ove don Valerio Beneventi vive da anni.
Lo stato di terrore indotto nella vittima con tali stratagemmi ha fatto sì che per circa due anni egli assecondasse in silenzio ogni richiesta di soldi da parte dei propri aguzzini, facendo uso, in parte, dei soldi dei fedeli depositati sui conti correnti delle parrocchie. Dalla verifica dei conti correnti bancari personali e non risultano ingiustificatamente attinti 413.000 euro circa.
Le risultante investigative sono state vagliate dal giudice per le indagini preliminari di Reggio Emilia, Dott.ssa Angela Baraldi, che ha emesso le rispettive ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico dei due fratelli, che nella mattinata di ieri sono stati arrestati.
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Il comunicato ufficiale della diocesi di Reggio Emilia-Guastalla
In relazione alla notizia della truffa perpetrata ai danni dell’anziano parroco di Ciano d’Enza e di altre 5 piccole parrocchie dell’alta val d’Enza, Don Valerio Beneventi, a seguito di un colloquio telefonico con il medesimo, abbiamo per ora individuato alcuni elementi:
1) riguardo alla cifra di 413.000 euro, indicata dalla conferenza stampa, Don Valerio sottolinea che si tratta del movimento globale dei conti correnti personali e delle sue parrocchie nell’arco di quasi due anni. La cifra è comprensiva di forti spese sostenute per i restauri delle chiese (per es. Ceredolo dei Coppi) e di altre strutture e attività pastorali;
2) l’ammontare delle somme estorte, sia in nome della pietà che con subdole minacce, risulta di molto inferiore alla cifra complessiva del movimento, anche se è difficilmente precisabile, in quanto distribuite dal parroco, impietosito dai racconti degli estorsori, nell’arco di quasi due anni e date occasionalmente;
3) don Valerio precisa che i soldi utilizzati sono stati prelevati dal proprio conto e dal patrimonio ricevuto in eredità;
4) la Diocesi seguirà lo sviluppo della situazione per un sostegno personale a don Valerio, provato da questa vicenda e già gravato da un peso pastorale notevole;
5) la Diocesi ringrazia i Carabinieri per l’impegno profuso e per la riuscita dell’operazione.
(Don Emilio Landini)
Ma..??
Adesso vorrei sapere come un parroco di paese (esempio tipico delle pubblicità pro 8 per mille) dispone di 413.000 euro e a che titolo? Sussistenza?
(Corrado Parisoli)
Pardon??
Scusate, mica per farmi gli affari del prete… Ma come mai un prete ha una cifra talmente alta nel conto? Se sono stati prelevati vuol dire che ce ne sono anche molti di più… Gente, cambiamo mestiere, allora!
(Commento firmato)
Punta di un iceberg?
Il primo pensiero che mi viene per questa vicenda è la SOLITUDINE DI UN PRETE. Com’è possibile che per oltre 2 anni un pastore di una comunità non riesca a confrontarsi e a parlarne con nessun parrocchiano o con dei confratelli o con il proprio Vescovo? Eppure accade e, a mio avviso, può essere solamente l’episodio eclatante rispetto a tante altre (magari piccole) situazioni di disagio in cui un sacerdote si trova per la solitudine in cui vive anche se circondato da tante persone. E allora penso che le prime responsabilità siano di noi parrocchiani, che vediamo nel parroco solo un “dispensatore di servizi pastorali”, una persona al di sopra delle nostre relazioni e delle nostre amicizie. Non ci facciamo carico della loro umanità e della fatica del loro ministero, delle tante incombenze a cui magari nemmeno pensavano quando hanno scelto questa strada di servizio a Dio ed alla comunità. Cerchiamo di essere loro vicini, andandoli a trovare, invitandoli nelle nostre case, dando (e ricevendo) consigli, facendoli sentire parte importante (soprattutto spiritualmente) di una grande famiglia che è la COMUNITA’, e soprattutto PREGANDO PER LORO! Anche ai sacerdoti però vorrei dire di essere più aperti e fiduciosi con i loro parrocchiani, senza vergognarsi dei limiti e delle debolezze che ogni persona (anche se consacrata) ha. Sono convinto che un cammino di fede e di vocazione vada percorso con condivisione, insieme ad altri, con tutti i rischi che comporta.
(Domenico Dolci)