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La montagna piange Romolo Fioroni, “maestro di vita”. L’ultimo saluto

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COSTABONA (Villa Minozzo, 29 giugno) - Il partigiano cattolico. L'uomo del maggio. Il 'sindaco' di Costabona, il paese di una vita intera. Lo scrittore e giornalista. A Costabona tutto è pronto per l'ultimo saluto al suo figlio illustre. Questo pomeriggio, alle 15.30, nella parrocchiale, l'ultimo saluto a Romolo Fioroni.
Figura molto conosciuta in tutta la nostra montagna, Romolo Fioroni, è scomparsa domenica sera all'ospedale S. Maria Nuova di Reggio Emilia. Partigiano, cultore del Maggio, attiva firma della carta stampata (anche collaboratore di Tuttomontagna), aveva 81 anni e da oltre due anni e mezzo non poteva più scrivere a causa di una malattia. "Di lui serberemo sempre un dolce ricordo", dice Michele Campani, editore e direttore del mensile del nostro Appennino.

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CORDOGLIO DEL SINDACO DELRIO PER LA SCOMPARSA DI ROMOLO FIORONI: “UN UOMO LIMPIDO DALLA FORTE CARICA MORALE”

Sono profondamente addolorato per la scomparsa di Romolo Fioroni e, a nome mio e della nostra città, medaglia d’oro della Resistenza, porgo le più vive condoglianze ai suoi famigliari e ai partigiani dell’Alpi, di cui è stato ottimo presidente, insieme a tutti gli altri partigiani che con lui hanno combattuto. L’ho conosciuto uomo limpido, moderato ma con una carica morale molto forte, con una fede profonda nei valori della Resistenza, fede a cui ha saputo dare nuovo impegno in anni recenti, coinvolgendo le giovani generazioni in difesa della Costituzione e dei suoi principi fondamentali. Il suo apporto è stato fondamentale, oltre che per la conservazione della memoria della nostra storia, per la conservazione delle nostre tradizioni: i Maggi non sarebbero oggi una manifestazione ancora così vivace senza il suo lavoro e la sua dedizione. Da ultimo, un ricordo personale e affettuoso, poiché Romolo è stato tra i primi a darmi il suo appoggio e il suo sostegno al mio debutto in politica e a incoraggiarmi a impegnarmi per il bene comune e la nostra democrazia.

(Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia)

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In ricordo di Romolo Fioroni, il Partigiano “Franco”
Le parole del Presidente di Istoreco

Istoreco saluta uno dei protagonisti della Liberazione e della ricostruzione culturale della provincia, il maestro e partigiano Romolo Fioroni “Franco”, delle Fiamme Verdi, con le parole del proprio presidente:
«La dirigenza e il personale di Istoreco – dice Mirco Carrattieri – sono vicini alla famiglia Fioroni in questo momento doloroso. Partigiano, uomo politico, maestro, presidente dell'ALPI, studioso e autore di Maggi, Romolo è stato una figura di spicco della nostra montagna e della vita politica e culturale della provincia. Ma soprattutto ha dimostrato come si possa essere persone miti e insieme avere le idee chiare, cosa sempre più difficile in un contesto dove dilaga la violenza verbale, ma non si assumono responsabilità. Sarà nostro impegno rimanere fedeli agli ideali di cui Romolo Fioroni è stato testimone esemplare».
Romolo Fioroni ha collaborato intensamente con Istoreco facendo parte per un lungo periodo di tempo del Comitato direttivo come rappresentante dell’ALPI-APCI, di cui era presidente, partecipando come testimone ai “Sentieri partigiani” e attivandosi per i “Viaggi della memoria” organizzati, come i “Sentieri”, per mantenere viva la memoria nelle giovani generazioni della tragedia della seconda guerra mondiale, del fascismo e del nazismo. Per non dimenticare.

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IL CORDOGLIO DEL PARCO NAZIONALE DELL'APPENNINO

Ricordiamo e onoriamo in Romolo Fioroni un partigiano, un uomo mite, un grande vero amico della democrazia, della cultura e del nostro Appennino.

(A nome del Parco nazionale dell'Appennino tosco-emiliano, Fausto Giovanelli)

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SONIA MASINI: "MAESTRO DI VITA"

"Con la scomparsa di Romolo Fioroni, la provincia di Reggio - ed in particolare la nostra montagna - perde uno dei suoi uomini migliori. Valoroso partigiano; uomo di grande cultura (è stato studioso, ricercatore, storico e a lui dobbiamo la salvaguardia e la valorizzazione della prestigiosa tradizione dei Maggi); maestro di scuola, ma anche di vita, per tanti giovani; padre e marito premuroso: Romolo Fioroni era tutto questo e per tutto questo la sua scomparsa lascia un vuoto davvero incolmabile.
L'ho conosciuto nel periodo in cui a Villa Minozzo mi occupavo di cultura ed ho potuto apprezzare la sua grande sensibilità e competenza. Fioroni ha avuto un ruolo importante nella politica e nel volontariato e rappresenterà per sempre una delle migliori espressioni di quella generazione che ha costruito su solide basi la democrazia nel nostro Paese.
Con grande affetto abbraccio idealmente, a nome di tutta la Provincia di Reggio, la moglie e i figli di Romolo Fioroni, unendomi a loro nel ricordo di una persona veramente speciale che con grande generosità, passione e competenza ha fatto tanto per la nostra montagna".

(Sonia Masini, presidente della Provincia di Reggio Emilia)

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ROMO FIORONI “Franco” delle Fiamme Verdi racconta. Io cattolico sparavo e piangevo, ma sempre con i miei compagni

(Da “Patria Indipendente”, 20 aprile 2008)

"Volti di libertà - Partigiani che raccontano la Resistenza" è il titolo del libro di Alessandro e Denis Fontanesi, edito da Edizioni Bertani&C nel 2005. Dal volume riprendiamo questa intervista-testimonianza di un partigiano cattolico. Anche il suo, è il racconto di una esperienza personale politicamente importante e attualissima.

Nato a Villa Minozzo il 20 settembre 1928. Di rispettata famiglia cattolica, in questo paese montano trascorre la propria infanzia. Nel 1941 rimane orfano del padre che cadde sul fronte Albanese ed al quale, per questo, fu conferita la Medaglia d'Argento al Va1or Militare.
L'adesione al movimento resistenziale seguì in modo spontaneo quella del fratello Domenico "Nino", che (...) conobbe il Comandante "Carlo" - Don Domenico Or1andini - entrando a far parte delle squadre combattenti che poi costituirono la Brigata ''Fiamme Verdi”.
Romolo ha solo 16 anni e dapprima viene impiegato quale portaordini, poi come staffetta partigiana. (...) Nel giugno 1944 entra nella Intendenza della 268 Brigata Gariba1di ed opera nelle zone di Ligonchio, Passo Romecchio, Gatta, Ponte Cavola. Dopo il grande rastrellamento nazifascista dei successivi mesi di luglio-agosto, con i tragici incendi di Villa Minozzo e Toano, partecipa alla riorganizzazione dei gruppi partigiani con la conseguente costituzione della Brigata ''Fiamme Verdi" poi 284a, nella quale ''Franco" presterà servizio come Commissario Intendente del Distaccamento "Folgore" fino al 25 aprile 1945.
Si iscrive alla Democrazia cristiana subito dopo la Liberazione e diventa membro del Comitato Provinciale nel congresso de11948. (...) È stato anche Presidente dell'ALP, I'Associazione liberi partigiani italiani.

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"Franco", quali motivazioni ti hanno spinto a diventare partigiano prendendo parte alla Resistenza?
Le motivazioni discendono principalmente dalla famiglia ed in particolar modo dall'ambiente in cui vivevo e frequentavo, che nel mio caso era la parrocchia. Mio padre Ufficiale nella Divisione Modena, aderì fin dall'inizio al fascismo, condizionando inevitabilmente tutta la mia famiglia. Morì nel 1941 sul fronte greco-albanese e ricevette come riconoscimento due Medaglie d'Argento, di cui una alla memoria. Fortemente influenzato dalle scelte di mio padre, entrai ancora molto piccolo nella GIL, Gioventù Italiana del Littorio, come balilla e nel momento in cui stavo per diventare avanguardista, la mia carriera venne interrotta dall'intervento di mio fratello Domenico "Nino". Aveva 4 anni più di me e grazie a lui diventai successivamente partigiano.

Tuttavia le vere radici della mia famiglia vanno ricercate nel Partito Popolare, infatti mio nonno Stefano fu assessore comunale per quel partito fino al 1922, cioè quando l'amministrazione di cui faceva parte, cadde per ultima sotto la mannaia del fascismo. Alla luce dell'educazione ricevuta da mia madre, questo stato delle cose aveva complicato non poco la situazione in famiglia. La mamma non comprese i motivi che indussero mio padre a schierarsi con i fascisti e di fronte alla sua morte, prese una netta posizione, completamente contraria al fascismo, riconoscendolo come la causa della morte del marito nonché della situazione catastrofica del nostro Paese, fatta di miseria, di violenza, di torture e di distruzione. Fu così che anche nella mia famiglia cambiò radicalmente il modo di parlare e di pensare. Legata a quel periodo, ricordo una riunione che si tenne nella canonica della chiesa di Costabona dall'Azione Cattolica, unica organizzazione rimasta in vita, poiche tutte le altre furono messe al bando dal fascismo. In quell'occasione partecipò anche Don Pasquino Borghi, che già a quel tempo iniziava a lanciare un messaggio particolare, almeno in un certo modo; perché ancora la sua non era una adesione alla Resistenza, o tuttavia lo era in maniera del tutto discreta. Fu in seguito che iniziò ad aiutare i prigionieri ed i perseguitati politici, mentre Don Domenico Orlandini, il comandante "Carlo", li conduceva oltre le linee per portarli in salvo. C'era quindi tutta una rete di sacerdoti qui in montagna che non indugiarono mai, schierandosi apertamente con la Resistenza e verso i quali noi giovani manifestammo subito le nostre simpatie. L'adesione mia e di mio fratello fu convinta quando all'indomani della fucilazione di Don Pasquino Borghi, il 30 gennaio 1944, il Vescovo Edoardo Brettoni scrisse quella famosa lettera ai preti della Diocesi, in cui condannava la sua fucilazione, riabilitandolo in tutti i sensi. (...)

FioroniIn seguito a questa tua scelta, quali attese ti eri prefissato?

I miei compagni ed io volevamo la pace, volevamo essere liberi di mangiare e di vestirci decentemen- te, era una attesa legittima soprattutto per noi che avevamo vissuto anni di stenti e di privazioni. Le nostre non erano affatto motivazioni di carattere ideologico e politico, ma credo che quelle fossero anche le attese di tanta parte della popolazione.

C’è un episodio di quella tua esperienza che ti ha particolarmente impressionato o al quale sei rimasto più legato?

È difficile stabilire quanto un episodio abbia potuto colpirti piuttosto che un altro; gli episodi che ritornano alla mente sono tanti. Io che sono Presidente dell’Associazione Partigiani Cattolici, ho sempre cercato di dare un certo tono alle manifestazioni ed alle celebrazioni a cui vengo invitato, soprattutto durante gli incontri che promuoviamo con gli studenti delle scuole della montagna.
I ragazzi spesso mi chiedono se ho mai ucciso qualcuno ed io rispondo loro che ho partecipato a diverse azioni ed al momento di rientrare, mi capitava spesso di piangere, perché erano sensazioni impossibili da dimenticare. E lo sono tutt’ora. In quei frangenti ci incoraggiavamo l’uno con l’altro, poiché non c’era alternativa a quello che si stava facendo.
Ricordo ad esempio che il ViceComandante di Distaccamento, Bonicelli Bruno “Grappino”, mio grandissimo e fraterno amico, morì accanto a me alle 15 e 15 del 24 aprile 1945 a Reggio, in un combattimento con i fascisti durato tutto il pomeriggio.

Durante il periodo della lotta di Liberazione, hai mai temuto che i vostri sacrifici ed i vostri sforzi potessero essere alla fine inutili?
Confesso sinceramente che ci pensavo, ma non a quello che sarebbe accaduto dopo. Durante le interminabili ore di guardia, mi è capitato spesso di riflettere su cosa sarebbe potuto accadere se a vincere fossero stati i nazisti ed i fascisti.
Dopotutto non era così scontato che avremmo sconfitto quella folle dittatura, considerando le condizioni non facili in cui operammo per tutti quei mesi. lo non ero tra quelli che prefiguravano di vedere già la Costituzione fatta, che tuttavia c'erano, ma sicuramente non erano i ragazzi della nostra età. Noi non sapevamo niente di Costituzione, tanto meno di quello che accadeva fuori dall'Italia, quindi non eravamo preparati e pensavamo unicamente a ritornare in pace, combattevamo il fascismo ed i tedeschi per affrettare il più possibile la fine della guerra, senza porci troppe domande su quello che sarebbe avvenuto in seguito.
La tua maturazione politica è avvenuta durante la permanenza nelle Fiamme Verdi?
Certamente, ed era in qualche modo una reazione a quello che avevamo provato nei pochi giorni in cui nel nostro Distaccamento, ci impartirono lezioni di teoria comunista. Ne parlammo in casa, dove il comunismo non era così ben visto e mia madre che non era una donna tenera, andò subito da Don Carlo dicendo che i suoi figlio se li prendeva lui o altrimenti sarebbero tornati a casa. Fu così che entrammo nella Intendenza della 26a Brigata e questa prima esperienza contribuì in parte a prepararci, ma pur sempre alla luce della nostra giovane età. Mi iscrissi successivamente alla Democrazia Cristiana, nel maggio del 1945, che ancora indossavo la divisa da partigiano, in quanto i miei compagni ed io rimanemmo a Reggio circa una ventina di giorni dopo la consegna delle armi. Dopodiche credo di essere stato una persona che si è sempre impegnata in politica, tant' è vero che ho ricoperto diversi ruoli di responsabilità all'interno del mio partito, fino a diventare consigliere provinciale.
Tu hai fatto parte della 284a Brigata ''Fiamme Verdi", in particolare del Distaccamento "Folgore", che tipo di rapporti avevate tra voi compagni?
Il Distaccamento era composto da altri 5 ragazzi che come me provenivano da Costabona, poi c'erano quelli di Villa Minozzo, in sostanza eravamo tutti dei "montanari", uniti da una vera e propria amicizia fraterna.

È un fatto assodato che nacquero dei disaccordi di natura politica tra la Brigata "Fiamme Verdi" e le Brigate Garibaldi, cosa puoi dirci in proposito?
Nella mia personale esperienza non ho assistito in alcun modo a queste presunte divisioni, che si verificarono per lo più a livello di comando delle varie Brigate. Dal mio punto di vista, tra noi partigiani ha regnato sempre una grande armonia, permettendoci di superare i tanti momenti di difficoltà. E anche oggi, con il Presidente dell' ANPI Giacomo Notari, ci lega un rapporto di grande stima e di fraterna amicizia.

Non credi che questi dissidi ideologici, più che durante la guerra, siano stati il frutto di una mera propaganda volta a mettere in catti va luce la Resistenza, soprattutto negli anni dopo la Liberazione e quindi in piena guerra fredda?
Qualcosa evidentemente c'è stato, anche perche ci sono diverse testimonianze sull'argomento; si pensi ad esempio a Tito, che voleva impossessarsi dei confini a Trieste e Fiume, nonché alla Brigata "Osoppo", che influenzarono inevitabilmente, soprattutto in una certa direzione ideologica, l'intero movimento partigiano cattolico che operò in Friuli.
Ovviamente, noi delle "Fiamme Verdi", non fummo mai testimoni di quanto accadde in quelle zone, soprattutto per un fatto geografico, ma certe tensioni si avvertirono sul serio. Per quel che mi riguarda, posso dire che i contrasti si acuirono in parti colar modo tra coloro che erano al comando del movimento, indubbiamente con una più spiccata connotazione politica. Probabilmente noi avevamo una diversa visione della vita, una visione cristiana, che ci poneva di fronte agli avvenimenti ed anche agli stessi nemici, in modo del tutto differente da quello che poteva essere il comportamento dei partigiani di altre Brigate.
Com'erano, in vece, i rapporti con la popolazione?
Buonissimi, anche perche dal momento in cui si costituirono le "Fiamme Verdi", finirono le ruberie ed i prelevamenti che avevano ridotto alla miseria la popolazione, che ci appoggiò sempre totalmente.
Raccontaci il tuo 25 aprile 1945, che sensazioni e quali emozioni hai provato?
Il ricordo di quella giornata è per me legato ad una grandissima tristezza, poi che ho visto cadere accanto a me il mio amico "Grappino", ucciso dai fascisti durante l'ultimo combattimento. Gli 11 mesi trascorsi fianco a fianco non si possono dimenticare, "Grappino" era più di un fratello ed il dolore per la sua morte, proprio nel giorno in cui liberammo definitivamente l'Italia dalla dittatura nazifascista, è stato veramente terribile.
Che cosa ti rimane oggi della tua esperienza di partigiano?
Mi è rimasto tutto. Nei mesi trascorsi nella Resistenza, noi ragazzi siamo diventati prematuramente uomini, soprattutto preparati ad affrontare il futuro. Non appena abbiamo scoperto i benefici ed i vantaggi che la democrazia poteva garantire, li abbiamo sposati immediatamente, difendendoli su ogni terreno anche negli anni successivi alla Liberazione. Quei ragazzi che spesero la loro esistenza per la causa di tutti gli uomini liberi e quella generazione come la mia che scelse la via della politica, posso dire senza presunzione che si sono dimostrati di gran lunga superiori a coloro che sono venuti in seguito, proprio perche noi sapevamo bene quant' era stata la sofferenza e quali sacrifici occorsero per conquistare la libertà, avendoli provati sulla nostra pelle.

Siete stati i padri della nostra democrazia...
Certamente e non solo noi, ma anche tutti quelli che ci hanno preceduti, combattendo nel Risorgimento per l'unità d'Italia. Indubbiamente il periodo nella Resistenza mi ha formato come uomo, aprendomi ad idee che mai avrei immaginato di poter condividere, mi ha dato parecchie soddisfazioni, permettendomi di veder nascere e crescere una società finalmente libera. Via via che ci si allontana da quel periodo, le sensazioni, i pensieri e le emozioni si attutiscono (...). A cosa serve dire che noi partigiani siamo stati bravi, se non raccontiamo soprattutto ai ragazzi quello che abbiamo fatto, facendo loro capire i motivi che ci spinsero a combattere il fascismo e aderire alla Resistenza? (...) Personalmente, credo di aver impiegato bene il mio tempo, prima e dopo la Liberazione, ma occorreva muoversi molto prima per far fronte al grave vuoto che per anni si è aperto su queste pagine di storia, ed oggi ha permesso il proliferare di ignobili revisionismi di varia natura. È la scuola che dovrebbe farsi carico di insegnare ai nostri figli la Resistenza, senza propinare una elencazione retorica delle nostre imprese, ma cercando di spiegare ai ragazzi il valore che queste hanno rappresentato per il raggiungimento della democrazia, a tutti gli effetti un messaggio di libertà che perlopiù è rimasto inascoltato. (...)
Alla luce delle esperienze che hai vissuto, rifaresti oggi tutto quello che hai fatto allora?
Del mio percorso nella Resistenza rifarei sicuramente tutto, senza mettere nulla in discussione, perché attraverso questa esperienza sono stati creati i presupposti per la nascita di una società nuova. Però cambierei tanto di quello che è avvenuto dopo, dove avremmo dovuto impegnarci maggiormente, avendo il coraggio di coinvolgere ancor di più la popolazione. Ho l'impressione che la gente se ne freghi completamente di quel che accadde allora e di quanto avviene ogni giorno, pensando unicamente a star bene. Il nostro errore è stato quello di non essere in grado di sensibilizzare la condivisione di quei valori e di quei princìpi che sono alla base della democrazia e della Costituzione. Me ne rendo conto ripensando ai tanti sacrifici fatti in quei momenti drammatici, quando la popolazione, aiutandoci, corse dei rischi gravissimi e noi siamo stati degli ingrati a non saperlo riconoscere, perche senza il sostegno della popolazione amica, per noi sarebbe stata certamente la fine. Questo è senza dubbio il mio più grande rammanco.

Al di là di una responsabilità oggettiva di voi partigiani, non credi che la guerra fredda, che "scoppia" già dal giorno successi vo alla Liberazione, sia stata una componente essenziale a modificare il corso degli eventi?
Senza dubbio la guerra fredda ha diviso inesorabilmente il mondo in due blocchi contrapposti, erigendo innumerevoli pregiudizi e steccati ideologici.
Fu un errore gravissimo. Con la Resistenza si scoprì l'inscindibilità della libertà dalla pace e la lotta che unì un intero popolo per la sua liberazione, accomunando uomini e donne, giovani e meno giovani, persone di diversa estrazione politica, sociale ed anche religiosa; divenne la lotta per la liberazione di tutti i popoli dalla cieca follia degenerante della dittatura nazifascista. La nostra è stata dunque una autentica lezione di libertà, ma che per oscure trame politiche, intavolate dagli Stati Maggiori delle nazioni che avevano vinto la guerra, venne completamente dimenticata; diventando con gli anni solo un vuoto rituale sempre ripetitivo e che oggi ha permesso a revisionisti di ogni specie di gettare fango sulla Resistenza. (...)
Allora oggi siamo ancora molto distanti dall'attuazione di ciò che sarebbe dovuto avvenire dopo la Liberazione?
Purtroppo sì, perché ci saranno sempre degli estremismi che tenteranno con ogni mezzo di destabilizzare quanto di buono è stato raggiunto fino ad oggi. E la storia ce lo insegna. Basta ricordare i tragici fatti del luglio 1960, in particolar modo proprio nella nostra terra. (...)

Dopo 60 anni, a ben vedere, la Resistenza rappresenta il fondamento della Costituzione Repubblicana. Pensi che il revisionismo, a cui hai fatto riferimento precedentemente, possa sradicare la lotta di Liberazione dalle pagine della storia, addirittura cancellandola?
lo ho un figlio, che nonostante non abbia mai seguito la mia esperienza politica e raramente si sia occupato personalmente di queste tematiche, tutto quello ha vissuto, lo ha vissuto insieme a me e lo ha respirato. A volte ho dei dubbi, tuttavia credo che l'insegnamento di quanti come me scelsero di essere partigiani, va avanti e difficilmente certi sprovveduti revisionisti potranno cancellarlo. (...). .

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10 COMMENTS


  1. Ho conosciuto Romolo come direttore della Caritas di Reggio Emilia, negli anni in cui il servizio civile registrava le punte più alte in alternativa a quello militare. E’ stato il mio direttore in quegli anni, decidendo la mia destinazione con autorità e fermezza. Ricordo che ha ricoperto quel ruolo con grande competenza e decisione, attirando in noi, che svolgevamo il servizio in quegli anni, grande stima e ammirazione. Romolo non era grande perchè aveva grandi qualità, ma lo era perchè le ha sapute mettere a frutto, tutte. Vorrei ricordarlo così, come un autentica persona della montagna: burbero e determinato, ma con un grandissimo cuore capace di amare le persone e le cose nelle quali credeva.

    (Nicola)


  2. La morte di Romolo è una di quelle notizie che non vorresti mai leggere sul giornale. E invece questa mattina hsa fatto questa brutta scoperta. Romolo era un carissimo amico con cui ho condiviso molte iniziative giornalistiche ma anche qualche allegro conviviale montanaro. Il cordoglio suscitato dalla sua scomparsa è un segno di quanta considerazione godesse. Da tutte le parti. Lascio ad altri ricordi personali e commenti. L’unica cosa che mi sento di dire per ricordarlo è: era una persona perbene.

    (Giorgio Campanini)

  3. Ricordo
    Ricordo come fosse oggi quando, più di 15 anni fa, venne alle scuole elementari di Felina a portarci la sua testimonianza di giovane partigiano. Mi colpì in particolar modo la reazione commossa che ebbe di fronte ad un mio compagno che, con la sfrontatezza tipica dei bambini, gli fece una domanda molto personale sulla morte… Fu l’unica risposta che si rifiutò di darci. Da allora, tutte le volte che si parla di partigiani, sono tre le immagini che mi vengono in mente: una vecchia foto di mio nonno in calzoncini corti e barba lunga il giorno della Liberazione, una foto di mio zio a cavallo prima di morire e Romolo Fioroni, con gli occhi lucidi, davanti ad una platea di bambini seduti per terra, troppo piccoli per conoscere la storia ma abbastanza grandi per capire che anche un adulto può soffrire fino a piangere. Mi colpì talmente tanto che non ho mai smesso di cercarlo con gli occhi in mezzo alle commemorazioni, fino all’ultima, a Ca’ Marastoni.

    (Alice)


  4. Romolo Fioroni, educatore appassionato e “maestro di vita” come hanno scritto molti in suo ricordo, ma anche maestro di etica civile e politica. Dall’attiva partecipazione alla Resistenza è stato naturale per lui passare alla cittadinanza attiva che lo ha portato sempre in prima fila nell’attività di volontariato, alla testa della Caritas reggiana, e del servizio verso la comunità, perché lui intendeva così l’impegno politico che condusse nella Democrazia cristiana. Impegno proseguito nella direzione provinciale dell’Alpi assumendo come bbiettivo primario del suo lavoro la trasmissione del messaggio di democrazia e libertà ai giovani. Impegno che, anche se in forma meno diretta, non ha mai abbandonato sino all’ultimo. Montanaro colto, studioso e ricercatore, penna documentata e graffiante, molto legato alla sua terra, è stato tra i padri del “Maggio” di cui si tiene da 32 anni una Rassegna nazionale sul territorio dell’Appennino tosco-emiliano, anche per suo impegno e merito. L’amore per la montagna è stato trasmesso ai figli, uno dei quali, Lorenzo, è stato assessore del comune di Villa Minozzo. Con Romolo salutiamo uno di quegli uomini di altri tempi che hanno ricostruito il nostro Paese, che hanno personalmente contribuito a renderlo più moderno e progredito; ed è per questo che vogliamo ringraziarlo, onorandone la memoria.

    (Circolo Pd di Villa Minozzo)

  5. Le mie più sentite condoglianze
    A Caterina ed ai figli le mie più sentite condoglianze per la perdita di Romolo, un amico ed una grande persona con il quale abbiamo passato bei momenti in gioventù insieme a mio marito Giuseppe.

    (Lidia Castagnetti Dalla Porta)