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“Riqualificare il reticolo idraulico dell’Appennino”

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“Riqualificare il reticolo idraulico dell’Appennino per prevenire le situazioni più gravi. E farlo attraverso tecniche di sistemazioni idrauliche e forestali rispettose dell’ambiente”. E’ la proposta del professor Gian Battista Bischetti dell’Istituto di idraulica agraria dell’Università degli studi di Milano, che nei giorni scorsi a Castelnovo ne' Monti ha spiegato l’attualità dell’opera del Consorzio di bonifica dell’Emilia centrale a favore dell’Appennino. Hanno preso parte all’incontro, affollato da numerosi tecnici e amministratori, il presidente di tale Consorzio, Marino Zani, i dirigenti e tecnici consortili Aronne Ruffini e Pietro Torri, l’ingegner Marco Monaci del Centro italiano per la riqualificazione fluviale, il professor Gian Battista Bischetti, i geologi Giovanni Truffelli e Giuseppe Caputo del Servizio Tecnico di Bacino.

“L’Appennino per la sua conformazione geomorfologica – spiega Marino Zani – ha una situazione di estrema fragilità, con strati permeabili e scivolosi, che richiedono la continua attività dell’uomo per la prevenzione dell’instabilità dei suoli”. Sono stati così presentati gli ultimi interventi consortili realizzati nel comprensorio montano e quelli programmati per il 2010 che in totale, per l’intero territorio consortile ubicato nelle province di Modena, Reggio Emilia e Parma, assommano ad oltre 4 milioni di euro. “Oggi – ha spiegato Ruffini – operiamo sempre con studi di prefattibilità ambientale per minimizzare l’impatto paesaggistico delle opere realizzate”. Ed ecco, quindi, una panoramica di soluzioni adottate dalla Bonifica per la sistemazione di zone interessate da movimenti franosi attraverso l’utilizzo di materiali naturali come pietra, legno, inerbimenti. “Interventi di ingegneria naturalistica sono stati di recente effettuati – ha spiegato Ruffini - a Rio della Chiesa (Canossa), nel campo giochi di Rosano (Vetto), nella strada per il cimitero di Vetto mentre uno spettacolare inerbimento di zone franose è stato realizzato sul bacino del Rio San Luca. Inoltre opere di regimazione idraulica a basso impatto ambientale si trovano nel Rio delle Vigne (Vezzano sul Crostolo), sul Rio Coloreto e sul Rio delle Frattine (Nirone)”.

“l’attività consortile in Appennino – ha aggiunto Pietro Torri – è attuata in un territorio di 178.200 ettari, comprendente 34 comuni tra Modena, Reggio e Parma. In particolare vengono effettuate opere viarie minori, opere di sistemazione movimenti franosi ed opere idrauliche su corsi d’acqua naturali. Qui negli ultimi 3 anni sono stati eseguiti lavori per quasi 14 milioni di euro”.

Positiva la risposta dei Comuni dell’Appennino reggiano intervenuti. E non a caso sono stati sottoscritti, a partire dal settembre del 2000, 101 interventi in accordo di programma proprio con i Comuni montani di Reggio e Modena, per un complessivo di 6 milioni e 300 mila euro di opere.

Nel suo intervento, l’ingegner Marco Monaci del Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale, in merito a “Buone pratiche per la progettazione e la gestione del reticolo idrografico minore naturale nell’ottica della riqualificazione fluviale” ha ricordato le tendenze evolutive di gestione del reticolo idraulico minore, nella logica della riqualificazione fluviale per gestire il rischio idraulico, controllare il dissesto spondale e l’incisione d’alveo nonché l’incremento della biodiversità.

Ad occuparsi delle relazioni conclusive è stato il Servizio tecnico di bacino, dove i geologi Giovanni Caputo e Giuseppe Truffelli hanno illustrato la modalità di intervento su di una frana di grande entità, procedendo prima mediante le indagini, il monitoraggio e l’interpretazione dei dati, al fine di impostare gli interventi che spesso richiedono particolari tecniche applicative e realizzative.