Nel corso delle sviluppo il bambino passa da una condizione di estrema dipendenza dai genitori, dalle figure accudenti, per via via acquistare autonomia, capacità di fare da sé, prendere decisioni, rispondere delle proprie azioni.
Il dipendente affettivo non apprende a fare per sé. Resta ancorato a un modello di comportamento in cui sono gli altri a fare per lui. E ai comportamenti corrispondono cognizioni a sostegno. Il sistema di credenze del dipendente affettivo si basa sulla convinzione che siano gli altri a doversi occupare della propria vita. Egli si muove nel mondo come avesse affettivamente 3/5 anni. In molti campi gli è tutto dovuto. Ha diritto a corsie preferenziali, vuole trattamenti di favori, esige risarcimenti.
Spesso egli è convinto che siano gli altri a doversi occupare della sua vita. Egli si può permettere di non pagare, di essere scorretto. Se deve soldi, si può permettere di non restituirli, manda avanti altri nelle situazioni scomode.
Mette in atto schemi tali da evitare sempre di affrontare i problemi. Non vuole mai stare scomodo. Se può, fa fare agli altri. Lascia conti in sospeso, non paga, si fa dare soldi da altri, manda altri a pagare per se stesso, non sa gestire la sua casa, non vuole fare sforzi, né fisici, né emotivi.
Ha sempre scuse per schivare le responsabilità . Si lagna, fa la vittima, si piange addosso. È la persona più infelice del mondo, sempre con la faccia triste, l’espressione spenta, manca di energia vitale. Può portare le spalle curve o spioventi, l’aspetto è in qualche modo cadente, gli occhi spenti, tristi, come se chiedessero aiuto, la pelle pallida. E sovente invade, credendo di poter telefonare a qualsiasi ora, chiede favori, non sa rispettare i confini, sembra non rendersi conto di quanto può essere fastidioso. Non rispetta l’altro, sa solo pretendere. Si professa tanto sensibile, ma tale sensibilità riguarda soltanto i propri bisogni che vanno soddisfatti subito. Non sa sostenere né sostare nella frustrazione. Non tollera il no. Nelle relazioni NON dà.
Succhia. Vampirizzza. Tuttavia sostiene di essere tanto buono e di dare tanto.
Alcuni dipendenti affettivi dicono di non chiedere mai. È vero. Prendono. Pretendono. Se non a parole, implicitamente. Vittime sacrificali, hanno sempre un'aria da martiri. In realtà, martirizzano.
Il dipendente affettivo non sa essere felice da solo. Deve sempre dipendere dall’esterno. La sua vita è costellata da SE.
"Se non mi chiami, allora io sono infelice. Se non mi pulisci tu la casa, io non ci riesco. Se non mi fai da mangiare, non mangio. Se non mi cerchi quando voglio io, non mi vuoi bene, sei crudele, non ti interesso, non ti importa nulla di me ecc. Se non faccio la tal cosa, assumo la tal sostanza poi sto male, non so come fare, ne ho bisogno perché altrimenti... ecc."
Di questi SE molto sa il dipendente affettivo. E attua mille ricatti. Espliciti o impliciti, per raggiungere la sua "dose".
ACCUDISCIMI
RISOLVIMI TU I MIEI PROBLEMI
AIUTAMI
FAMMI
DAMMI
VAI TU AL MIO POSTO
RISARCISCIMI
AMAMI
Se questo non accade sempre e comunque, nei tempi e nella quantità richiesta, il dipendente affettivo utilizza lamento, vittimismo, persecuzione, rimproveri, insulti. L’Altro è visto come una banca da utilizzare, e se non si presta, si trasforma in un mostro da colpevolizzare.
Chi ha a che fare con tale dinamica si sente impotente, prova un grande risentimento, si sente prosciugare. Se è un partner, sente una forte pulsione di fuga e rifiuto.
Invece di amore, il tanto agognato amore, il dipendente affettivo raccoglie distanza. Volendo fuggire da se stesso e dalle difficoltà, cercando soluzioni e scorciatoie di appoggio, egli finisce per ritrovarsi nel deserto.