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Don Giordano 26 / La “maledizione di Montezuma” colpisce don Giordano

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Come avete potuto leggere dalle nostre pagine, in questi giorni don Giordano ha fatto una sosta prolungata ad Aleppo, in Siria, per pianificare le prossime tappe del suo pellegrinaggio e ritrovare le energie dopo tanta fatica. Per la verità, si è manifestato anche un piccolo problema di salute che l’ha perseguitato per alcuni giorni. Proprio per questo abbiamo preferito, anche su sua esplicita richiesta, pubblicare il testo della lunga nota che ci ha fatto pervenire nella giornata di ieri.

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Ho finalmente trovato una connessione Internet e posso raccontarvi i tanti fatti avvenuti in questi giorni. Anzitutto devo dire che il mio pellegrinaggio ha subito una pesante battuta d’arresto: sono ancora ad Aleppo e spero, da lunedì, di potermi rimettere in viaggio. Cosa è successo?
In questi giorni, stanco oramai di pedalare da solo, ho fatto lavorare un poco il mio angelo custode.
E devo dire che si è dato davvero da fare.
Come sapete martedì scorso sono arrivato ad Aleppo, ho visitato la città e sono stato accolto molto calorosamente dai frati, così ho potuto programmare con calma le tappe dei giorni successivi.
Durante la notte, tuttavia, ho accusato qualche fastidio di tipo intestinale (dissenteria) che non mi ha dato tregua.
Per questo motivo ho deciso di chiedere ai frati di restare un giorno in più.
Nel pomeriggio di mercoledì sembrava tutto passato, ma durante la notte ho avuto di nuovo lo stesso problema, aggravato anche da una leggera infiammazione cutanea (emorroidi).
Bel regalo!
La mattina seguente ero veramente distrutto ed anche un poco avvilito al pensiero di rimettere il mio “fondoschiena” sul sellino.
Uno dei frati, padre Gorge, ha voluto chiamare un medico suo amico che fortunatamente parlava l’italiano e che mi ha suggerito un “piccolo” ricovero ospedaliero.
E’ stato lui stesso ad accompagnarmi in ospedale.
Il pensiero di andare in un ospedale in Siria mi ha lasciato un poco perplesso, ma ho dovuto fidarmi.
Fatta una doccia e preso un paio di pantaloncini corti (non ho pigiama nè altro con me) sono partito in macchina con il medico che non mi ha nemmeno visitato. L’ospedale è piuttosto distante, nonostante Aleppo faccia più di 5 milioni di abitanti.
Arrivati mi ha fatto mettere in una stanza e sono iniziate alcune visite con medici che parlavano soltanto un po’ di inglese.
Mi hanno poi attaccato una flebo al braccio e cominciato a buttare dentro dei flaconi di colori diversi (le scritte erano in arabo, ma penso siano stati antibiotici).
Nel frattempo è arrivata l’ora di pranzo.
Ecco il menù: una patata lessa (senza nemmeno il sale) e yogurt acido salato. Pensavo di essere dimesso nel pomeriggio, ma finiti i flaconi ne hanno inseriti dei nuovi.
Arrivata la cena il menù è stato come a pranzo.
Notte.
Penso che mi dimettano la mattina seguente ed è veramente dura non poter chiedere nulla, gli infermieri si esprimono soltanto a gesti.
Nuovo giorno e verifiche di rito: pressione e misurazione della febbre.
Anziché dimettermi mi hanno portato un’altra sporta di flebo (qui non si usa il carrello, ma una semplice sportina di plastica).
Colazione: patata e yogurt.
E flebo.
Arrivato un medico mi consiglia una piccola operazione chirurgica!
Tento di spiegare che sono in bicicletta e devo raggiungere Gerusalemme, un’operazione chirurgica sarebbe sconsigliata per poter riprendere la marcia in bici (e poi al solo pensiero di farmi operare in Siria…).
Giunto anche il medico che mi ha portato in ospedale, e scoperto che si tratta del direttore sanitario della struttura, egli stesso mi consiglia di operarmi pur suggerendomi di farlo in Italia.
Decidono di sfiammarmi con dei medicinali per consentirmi di poter proseguire in bici.
Altre medicine: supposte (gradevoli!) e pastiglie, oltre ai soliti flaconi di flebo, naturalmente.
A pranzo: patata e yogurt (ne avevo le scatole piene...).
Pomeriggio idem.
Voglio andare a casa.
Nel frattempo ho avvertito un leggero miglioramento alle emorroidi (chi le ha avute può capire...).
Cena: patata e yogurt (wow!) ed anche supposta, pastiglie e flaconi.
Mi ero rassegnato a fare un’altra notte in ospedale.
Pensavo solo a quando avrei potuto ripartire per Gerusalemme e a come fare a rimettere il fondoschiena sul sellino della bici...
Sabato mattina mi sono alzato e con stupore ho constatato che il bruciore era scomparso.
Le mie amiche ci sono ancora, ma sono meno arrabbiate di prima.
Solite pratiche di ospedale: pressione e febbre, tutto a posto.
Colazione: solo yogurt (una bella tazza, però).
Altri flaconi nuovi per la flebo.
L’infermiera mi aveva messo il prio e dopo dieci minuti avevo una mano gonfia come un melone.
Evidentemente l’ago era uscito dalla vena.
Arrivato un medico con il direttore dell’ospedale (si chiama Emilio) hanno parlato di dimissioni.
Finalmente!
Dopo avermi dato diverse medicine ed indicato i dosaggi, ho ricevuto alcuni consigli sul da farsi in caso di necessità.
Prima di andarsene, Emilio mi ha parlato molto della situazione dei cristiani in Siria e del fatto che l’Occidente si è completamente dimenticato di loro e che hanno molto bisogno di aiuto.
Lui aveva un buon lavoro a Parigi, ma ha deciso di tornare in Siria e di aprire questo ospedale per aiutare il suo popolo.
Ma rimane grande il bisogno di aiuto.
Prima di essere dimesso mi sono stati fatti tanti convenevoli e sono stato salutato da tutti i medici e dal personale.
Foto ricordo e un passaggio in auto da un cardiochirurgo che faceva la mia strada hanno concluso felicemente (più o meno) questa storia.
Arrivato dai frati verso mezzogiorno, ho fatto doccia, bucato, pranzo e mi sono messo al computer per aggiornarvi di tutto questo.
Come ho vissuto questa esperienza?
Beh, confesso che è stata dura rimanere fermi.
Andavo cosi bene, che mi ero quasi convinto di essere invincibile.
Invece è bastato qualche batterio microscopico per annientarmi.
E’ stata dura anche passare più di due giorni nella solitudine e nel silenzio quasi assoluti, chiuso dentro una stanza senza avere nulla da fare, tanto meno capire il mio futuro.
E’ stata dura anche sopportare il dolore fisico, che in alcuni momenti è stato acuto e sfiancante.
Pero, in quella cameretta solitaria e spoglia, ho sentito una grande pace.
Ho vissuto momenti di profondissima comunione con tutti quelli che a casa stanno soffrendo ed a cui ho detto che facevo questo pellegrinaggio per loro.
Ho sentito una presenza continua e rassicurante della Provvidenza che non mi ha fatto mancare nulla.
Ed ho capito che questi giorni non debbono essere valutati come un incidente di percorso, ma fanno parte appieno del mio pellegrinaggio.
Non posso raggiungere quella tomba vuota senza sfiorare un pochino il calvario.
Ho celebrato la Pentecoste ad Aleppo (la più singolare forse della mia vita) e lunedì (13esimo anniversario della mia ordinazione sacerdotale) riproverò a mettermi in sella, sperando di poter riprendere la marcia per raggiungere la mia meta.
Nella celebrazione della Pentecoste, in arabo, mi sono messo in piena comunione con tutti voi, ricordandovi come sempre.
Un abbraccio e a presto. Don Giordano Goccini

PS.: Gli amici di Facebook si saranno accorti che non ho fatto aggiornamenti. Qui Facebook, come anche Youtube ed altri siti simili sono proibiti: lo Stato controlla la rete web. Vedremo cosa succede in Giordania o in Israele. Ciao a tutti.

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