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Ermanno Beretti ci conduce a Pianezzo di Carpineti e ci presenta il suo Giardino delle Piante Sedute e delle Seggiole che Corrono

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Ermanno Beretti, affermato artista di Pantano (Carpineti) ha pensato di fare riposare le piante del suo giardino. Con l’ironia e la giocosità che lo caratterizzano Ermanno ci illustra la sua idea di creare una installazione nel suo giardino, mettendo a sedere alberi e piante e facendo correre sedie.
Sentiamo cosa ha voluto comunicare con questa bizzarra e moderna opera d’arte.

“In giardino c’era un acero campestre, era nato in una posizione che pareva seduto. Allora ho pensato di costruire una sedia con materiale di recupero, e di adagiarvelo sopra. La filosofia di questo gesto è che in un mondo dove tutto deve andare verso l’alto per piacere, io ho procurato alla natura un’occasione di riposarsi. Simbolicamente i cipressi di Bolgheri, quelli citati da Carducci nella celebre poesia, sono condannati a restare in duplice filare, dritti come fusi, in un copione del paesaggio che li vuole sempre impeccabili. Anche la natura ha diritto a riposarsi, come l’uomo."

A cosa si è ispirato per questa installazione?

"Mi rifaccio a Gilles Clement, il paesaggista moderno più famoso del momento per il suo “Manifesto del terzo Paesaggio”. Egli è un anarchico del paesaggio, difende le aree dismesse, oasi non coltivate dall’uomo e riserve di specie spontanee. E’ in queste aree che la natura torna selvaggia, e si ribella. Come nella Rivoluzione Francese, lo faceva il Terzo Stato. Le mie piante partecipano simbolicamente e questo progetto di paesaggio spontaneo, di creatività naturalistica, una Land Art interpretata in modo ironico e onirico. Ho anche un oleandro. Un albero clandestino, una pianta extra comunitaria. Ha molto patito questo rigido inverno, ma si è integrato. Io sono per l’Arte in ogni sua forma, anche quella integrata nel territorio, come sculture naturalistiche e installazioni che si fondono con il paesaggio, e che non necessariamente deve essere eterna."

Continuerà su questo filone?

"Sto preparando una seggiola capovolta, con le gambe in aria, che si sgranchisce. Anche gli oggetti, metaforicamente, hanno bisogno di vedere il mondo al contrario, da una diversa prospettiva. Con questo resto nel tema dell’assurdo, del gioco. Gli oggetti della nostra società sembrano condannati a recitare sempre la stessa parte. Occorre guardare con occhi nuovi, giocosi. Osservando la natura troviamo una metafora dell’umanità. Il cipresso ad esempio è una pianta narcisista al naturale, imponente. Ci sono piante però che nascono in situazioni insolite, come le persone. Se liberiamo la natura e le permettiamo di esprimersi come vuole, possiamo specchiarvi anche la nostra condizione umana. Un tempo la natura veniva assoggettata dall’uomo, curata, indirizzata. Perdendo in spontaneità. I giardini del vento, sono quelli creatisi grazie all’azione eolica, e al viaggio degli uccelli. Testimoni di una natura selvaggia e incontaminata, ribelle, cui sono rimaste le fasce marginali, i cigli delle strade, le aree dismesse."

Sono questi i nuovi orti botanici selvatici?

"Con l’espressione “Terzo paesaggio”, Gilles Clément indica tutti i “luoghi abbandonati dall’uomo”: i parchi e le riserve naturali, le grandi aree disabitate del pianeta, ma anche spazi più piccoli e diffusi, quasi invisibili: le aree industriali inutilizzate dove crescono rovi e sterpaglie; le erbacce al centro di un’aiuola spartitraffico… Sono spazi diversi per forma, dimensione e statuto, accomunati solo dall’assenza di ogni attività umana, ma che presi nel loro insieme sono fondamentali per la conservazione della diversità biologica. La natura si difende e si rifugia in questi luoghi residui, dove non arriva la mano dell’uomo, né si usano pesticidi. Ecco giocando con le mie piante in giardino, ho cercato di rispettarle e seguirne le volontà.”