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Commercio / “Negozi aperti o chiusi il 1° maggio?”

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Negozi aperti o chiusi il 1° maggio? Riguardo alla polemica di questi giorni sui giornali in relazione ai negozi aperti o chiusi per il 1° maggio, volevo esprimere la mia modesta opinione. I giornali sono sempre pronti a cavalcare e ad ingigantire qualsiasi avvenimento; sensazionalismo generato sempre con lo scopo di attirare l’attenzione e di vendere di più, ma spesso senza andare poi a fondo dei problemi. Ho letto da qualche parte che l’apertura festiva potrebbe rimediare alla perdurante crisi dei negozi, come se i commercianti per poter campare fossero obbligati a non riposarsi mai e non avere mai un giorno libero oppure il non avere nemmeno il diritto di festeggiare la festa dei lavoratori.

Mi sono chiesto quanto tempo è che si parla di crisi, non mi viene in mente una data precisa, ma gli anni sono tanti; la crisi per il nostro settore si è spalmata durante lunghi anni ed è andata via via sempre aumentando fino a raggiungere l’attuale punto più alto, ma non sono tanto sicuro che abbia raggiunto il culmine.
Le spese sono tante e aumentano sempre di più, affitto, tasse, imposte, luce, riscaldamento, rischio, gli obblighi, mentre aumenta sempre di più la concorrenza sleale della grande distribuzione e come conseguenza logica aumentano pure le chiusure delle attività. Le ricette per il nostro paese suggerite dai più esperti sono sempre le stesse: aperture festive, manifestazioni, eventi, turismo, ecc., ma secondo me tutto questo non basta.

Sono stato intervistato anche da una giornalista (Catia Marcucci) e la cosa mi ha fatto piacere perché finora le uniche cose che scrivevano sui giornali riguardo ai commercianti erano che nella categoria c’erano molti evasori. E’ stata dedicata più di una pagina intiera, evidentemente qualcosa sta cambiando. Non tutte le risposte scritte che mi riguardavano corrispondevano a quello che volevo dire, forse mi sono spiegato male; come ad esempio sugli studi di settore che di sicuro non sono di competenza del Comune. Come mai questi studi di settore non si sono adeguati nonostante la crisi profonda attuale evidente a tutti, ma sono rimasti invariati, uguali in tutte le zone, disagiate o no, o addirittura peggiorati mentre ci si avviava verso il declino?

Secondo il fisco i lavoratori autonomi prima cosa devono pagare le tasse ed essere congrui con gli studi di settore, poi pagare tutte le spese inerenti l’attività e con quello che rimane vivere e mantenere una famiglia! Non mi sembra il massimo della giustizia. Certamente il Comune non può cambiare questo stato di cose essendo il fisco di competenza del governo nazionale, ma, sarò molto distratto, non ho visto nessuno, ente (e quindi in qualche misura anche il Comune) o associazione di categoria o partito protestare energicamente per questo stato di cose. Chissà come sarà e quando la faranno veramente la promessa riforma del fisco! Non sono tanto ottimista.

Ogni tanto mi vado a leggere la nostra bellissima Costituzione, a volte un po’ stiracchiata da qualche volpone. L’art. 36 scrive: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.

Io commerciante, premetto che non sono uno sfaticato, ma mi sento un lavoratore a tutti gli effetti. E voi?

(Elio Bellocchi)

6 COMMENTS


  1. Mi associo all’articolo del sig. Bellocchi. Analisi azzeccatissima dei problemi del settore, per non parlare della mancata regolamentazione dei saldi che nelle nostre zone cominciano proprio a “INIZIO STAGIONE”… E in effetti siamo ben lontani da quanto prevede l’art. 36 Cost. Sia riguardo a retribuzioni rapportate al lavoro svolto, sia riguardo ai riposi settimanali e ferie… Non sono sfaticata e mi sento lavoratrice a tutti gli effetti!

    (Commento firmato)


  2. Anche io la penso come Bellocchi, la sua lettera è imparziale e giusta. Il punto sulle tasse date in anticipo all’erario è senz’ombra di dubbio vero e lo definisco anche io come scandaloso perché non puoi pagare le tasse per l’anno successivo. Non concordo sulla concorrenza sleale della grande distribuzione (Bellocchi, io non sono un commerciante e mi corregga se la mia visione è sbagliata) poichè offre un servizio diverso rispetto al piccolo negoziante. Io penso che un piccolo per sopravvivere deve puntare sui piccoli servizi come la consegna a domicilio, il noleggio gratuito in caso di rottura e tante altre piccole cose. Sbaglio? Vorrei sentire un commerciante in merito perché come già detto non ho alcuna esperienza nel settore.
    Un altro applauso Bellocchi se lo merita quando dice che la politica e le associazioni di categoria sono molto lontane dalla vita reale e non hanno idea di cosa vuol dire fare impresa in Italia, vivono su un altro pianeta rinchiusi dietro le scrivanie.
    Cordiali saluti.

    (Luca Malvolti)

  3. Tutto vero ma…
    Da un punto di vista prettamente sociologico condivido in pieno tutto ciò che ha scritto ELIO riguardo l’argomento, ma… il mondo non è così semplice! Allora dobbiamo capirci! Noi siamo commercianti e non lavoratori “NORMALI”. Quello che ELIO ha tirato in ballo con l’art. 36 della Costituzione vale per quei lavoratori DIPENDENTI che, a prescindere, ricevono lo stipendio il 27 di tutti i mesi più tredicesima e quattordicesima ed hanno ferie e malattia PAGATE perchè questo è un DIRITTO da loro acquisito. Ma un commerciante NON HA NESSUNO DIRITTO di ricevere uno stipendio garantito a fine mese. Il suo stipendio se lo fa lavorando DURO nel suo negozio fino anche a superare le tredici ore giornaliere per certi esercizi commerciali. ELIO, sarebbe bellissimo (ma permettimi di dire totalmente UTOPISTICO) che i commercianti avessero la clientela garantita e fissa mensilmente in modo da avere sempre il cassetto PIENO IL GIUSTO per poter far campare la propria famiglia. Per chi non è DIPENDENTE FISSO questa garanzia non esiste e per primo sono i commercianti a non averla. Dico quindi che trovo GIUSTA ogni tipo di iniziativa che serva a far sì che il commerciante possa arrivare a guadagnare abbastanza per riuscire a pagare tutti i balzelli che si ritrova a dover versare e far sì che gli rimanga anche qualcosa in tasca. La mia opinione è che la GUERRA contro i centri di grande distribuzione non la si combatte con la consegna a domicilio dei prodotti o con la sostituzione degli stessi in noleggio gratuito (tutte ulteriori spese che gravano sul commerciante e che non trovano modalità di compensazione) ma con l’offrire un servizio anche in quelle giornate dove “forse” quelli che vengono verso la nostra montagna nei loro giorni di festa possono trovare chi è disposto a lavorare per un acquisto “fuori porta”. Delle due l’una: o siamo commercianti di un paese TURISTICO e ci comportiamo come tali (vedi le VERE località turistiche che ci circondano fuori provincia) oppure rimaniamo dei semplici commercianti che si accontentano di quello che gli succede attorno senza reagire, ma allora anche senza pretendere.
    Ormai, signori, non sono solo i “cittadini” che vanno a trascorrere la domenica nei vari centri commerciali e nei vari outlet della bassa; la migrazione domenicale coinvolge moltissime persone della nostra montagna. E non si inverte la tendenza tenendo chiuso nelle festività importanti. Ma questo è solo il mio parere…

    (Fabio Mammi)

  4. Mi associo
    Mi associo completamente al Sig. Bellocchi… E’ ora che tanti capiscano che è chi lavora in proprio con una piccola impresa ormai non ne può più; diventa veramente faticoso arrivare alla fine del mese con uno stipendio netto sicuramente non commisurato alle ore di lavoro effettuate, al capitale investito, alle ferie striminzite, alle aperture domenicali e festive… Le piccole cose di cui parla Luca Malvolti non servono sicuramente a poter competere con la grande distribuzione, anzi gli esempi da lui portati sono ulteriori costi che vanno ad aggiungersi ad un bilancio già critico. E’ abbastanza comune che i clienti si servano della grande distribuzione per gli acquisti importanti e si rivolgano alla piccola impresa locale, a cui rimangono le briciole, per chiedere (molto spesso, pretendere) la consegna a domicilio, il credito o comunque i servizi che non possono pretendere dai grossi rivenditori. Per dare un po’ di vita alla nostra montagna, bisogna sì che ci sia l’impegno da parte dei commercianti, ma anche dei cittadini locali, se non li spendiamo noi i nostri soldi nel nostro paese possiamo pensare che i commercianti locali possano “tirare avanti” con la gente che viene da fuori?

    (Commento firmato)

  5. Fabio, concordo anche io in parte
    Fabio, concordo con te che l’art. 36 della Costituzione si riferisce ai lavoratori dipendenti. Probabilmente a quei tempi, quando è stata scritta, questi avevano più bisogno di protezione, mentre il lavoro autonomo era un tantino al di sopra delle parti e aveva la possibilità di decidere autonomamente il periodo e la durata di riposo, di malattia e di ferie, ecc.
    Debbo dire che fino a non tanto tempo fa c’erano anche alcune regole valide per tutti e rispettate, come orari, chiusure festive, vendite licenze, settori merceologici distinti, un po’ più di serietà e tante altre. Nel tempo, il lavoro autonomo del piccolo negozio a conduzione familiare è fortemente cambiato e su molti aspetti economici si può paragonare a quello dipendente, serve per vivere, ed in molti casi è stato considerato anche come lavoro rifugio per chi ha perso il lavoro stabile, con la differenza che ora di diritti o regole (con un grazie ai nostri governanti di tutti i colori) ne abbiamo pochi, nessuno, soltanto incombenze. Nel bene o nel male il commercio è stato “liberalizzato” e ora ne subiamo le conseguenze. Non è nemmeno considerato un servizio per le zone più disagiate, ma trattato allo stesso modo di zone molto più vantaggiose. Per questi motivi ho scritto che riguardo alla festa del primo maggio io mi sento un lavoratore a tutti gli effetti; anzi, aggiungo anche di più, perché faccio molte più ore di lavoro di un dipendente. Inoltre, mi ripeto, non è una giornata di apertura festiva che può migliorare lo stato generale di crisi.
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    Altro discorso potrebbe essere l’apertura festiva durante il periodo estivo; scusa, Fabio, se vado controcorrente, sicuramente sbaglierò io, ma non sono tanto sicuro che l’apertura dei negozi attiri il turismo, che crei il turismo, considerato che oggigiorno esiste un’offerta di merci di tutte le specie da ogni angolo del paese, con ogni promozione e offerte dei centri commerciali in ogni momento, internet compreso, ma piuttosto potrebbe essere il contrario, se c’è il turismo è di obbligo tenere aperto.
    Sono convinto che il turismo a Rimini o altri posti più gettonati non è stata la conseguenza o il merito esclusivo dei commercianti, ma questi si sono adeguati di conseguenza. Se posso portare un altro esempio, un comune vicino al nostro, Vetto d’Enza, il giorno di domenica è anche giorno di mercato, perciò i negozi sono aperti nei giorni festivi per tutto l’anno. Nonostante questo, però, il turismo in questo paese non ha decollato o raggiunto livelli superiori ad altre zone più famose. Detto questo, però, io ho sempre partecipato volentieri alle aperture festive che si sono concordate.
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    Non trovo giusti gli studi di settore come sono ora per vari motivi. Ne elenco alcuni:
    1- dovrebbero essere soltanto indicativi, ma si sa che se uno non li rispetta molto facilmente arriva un controllo e con l’ingarbuglio di adempimenti che abbiamo, anche se un commerciante ce la mette tutta per lavorare in regola, qualcosa di sbagliato lo trovano sempre, poi sono dolori;
    2– non sono stati adeguati per questo periodo di crisi profonda che stiamo attraversando, ma sono stati peggiorati di recente (circa 2 anni fa);
    3– non sono applicati alla grande distribuzione.
    E con questo rispondo anche a Luca che cosa intendo per concorrenza sleale della grande distribuzione… Se io, piccolo negozio di 100 metri, pago di tasse e imposte facciamo 10, una grande distribuzione con 10.000 metri di area di vendita, più altrettanti di parcheggio, più il magazzino, quanto dovrebbe pagare in proporzione??
    Forse chiedo troppo, ma non si potrebbe agevolare almeno un po’ il più debole, almeno un tantino??
    Fabio, non voglio una clientela fissa e garantita, sarebbe veramente una utopia, ma la speranza di un po’ più di equità fiscale me la concedi? Mi fanno ridere quando fanno le medie; chi è che deve alzare l’indice di queste medie, io piccolo negozio o la bancarella in piazza del cinesino o la grande distribuzione, o le coop????
    Grazie.

    (Elio Bellocchi)