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Enrico Bussi propone una serie di considerazioni di attualità e di riflessioni personali sul momento politico

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Le imprese e Berlusconi

Una sintesi sul Centenario di Confindustria. Si svolge a Parma dopo le elezioni regionali e affronta le prospettive del Paese. Intervengono i massimi rappresentanti delle grandi imprese, dei lavoratori e del credito. Parlano i Ministri del Tesoro, dello Sviluppo Economico, del Lavoro, il maggiore partito di opposizione presenta proposte, gli esperti internazionali sviluppano analisi approfondite e prima del dialogo finale tra Presidente del Consiglio e della Confindustria sono poste sul tavolo delle valutazioni chiare. Ridurre i tempi del credito, sfruttare meglio l’autofinanziamento e i Fondi europei. Aumentare la concorrenza nella produzione di merci e di servizi. Puntare sull’economia della conoscenza (formazione, ricerca, innovazione) e investire sul capitale umano. Aiutare le PMI a esportare di più. Una considerazione pesante riguarda l’Europa che dopo il successo della moneta unica non ha avuto la volontà di regolare l’impianto. Dalla debolezza degli impegni sui “parametri per i bilanci nazionali” derivano i crolli della Grecia e quelli temuti per Portogallo, Spagna, Italia. In ogni Paese ci sono delle situazioni diverse, ma i problemi sono sempre gli squilibri sui due piatti della bilancia: da una parte aumenta la spesa pubblica, dall’altra aumenta il prelievo fiscale sul lavoro, sull’impresa. Con l’arrivo della crisi si aggrava la situazione perchè l’intervento pubblico socializza le perdite private.
L’Italia ha problemi fiscali meno gravi della Grecia, ha un minore aumento del deficit, ha iniziato la riforma delle pensioni, ha un valido supervisore nella Banca d’Italia e non ha avuto il costo del salvataggio delle banche private come Irlanda e USA. Ma è urgente la riforma del prelievo sui privati per dare un futuro al Paese. Infatti, l’economia perde posizioni rispetto alla crescita della Turchia, al galoppo di Cina, India, Brasile e all’interno dell’UE l’Italia ha avuto un aumento del costo del lavoro (non dei compensi) superiore a quello della produttività, per questo motivo le sue esportazioni sono rallentate nel confronto con Germania, Spagna e altri Paesi. Le due debolezze da affrontare sono il bilancio pubblico e l’esportazione, però senza aumenti di produttività non migliorano né del bilancio, né la capacità di competere sui mercati. Per evitare il declino come quello della Grecia si può procedere come in Argentina con anni di deflazione (nessuno vuole imboccare la strada della riduzione di prezzi e dei salari), oppure l’alternativa e quella delle riforme strutturali per tornare alla competitività, come si è fatto in Germania.
In Italia c’è stata la prima ristrutturazione della spesa pensionistica, ma sono ancora da affrontare la riforma della spesa per il servizio sanitario e per la burocrazia. Inoltre, nel mercato del lavoro bisogna raggiungere una maggiore mobilità tra settori d’occupazione e superare lo sdoppiamento inaccettabile tra lavoro stabile e lavoro precario, tra lavoro pubblico e lavoro privato. Non si può continuare a eludere una robusta riforma per mantenere meno Regioni, meno Enti locali e meno Stato. Numerosi sono stati gli inviti rivolti, anche da parte sindacale, a mettere mano alla riforma della Pubblica Amministrazione. Nella sanità e negli enti locali c’è in media 1 dirigente ogni 10 dipendenti contro un rapporto ben più alto nel privato. Il Presidente di una piccolissima Regione italiana costa più di quello degli USA. I Consiglieri di una metropoli come Houston sono 13 contro i grandi numeri dei nostri consiglieri regionali, provinciali, comunali…La riorganizzazione affrontata nelle Poste dimostra la possibilità di portare l’attenzione sui meriti, sull’innovazione tecnologica e di arrivare al rilancio con la ristrutturazione: c’è la possibilità di rendere efficaci i servizi pubblici e i ritardi nelle infrastrutture si possono recuperare facendo investimenti oculati.
Le tappe sono, nell’ordine, semplificare la burocrazia (lo stesso tema affrontato da Confindustria nel Convegno di dieci anni prima, sempre a Parma) per ridurre il costo di fare impresa, per abbassare il prelievo fiscale, per favorire la competitività delle imprese e del lavoro. Il sollievo da dare ai lavoratori e alle imprese potrà essere aumentato se si recuperano il sommerso e l’evasione fiscale, se si evita il precipizio del federalismo e si cambia la politica per il Sud.
Dunque, la priorità assoluta va alle riforme, dove l’Italia è sempre più indietro rispetto agli altri, e va messo in primo piano anche il rilancio dei valori di fondo per cambiare gli stili di vita. Tra le numerose sollecitazioni a guardarsi bene attorno gli industriali hanno ricordato che nel 2050 la popolazione in età lavorativa degli USA sarà più giovane di quella della Cina. E’ un elemento decisivo per la futura competizione e invece nella realtà italiana i ventenni sono calati di 320.000 unità dal 2000 al 2010.
A mio giudizio la tendenza non cambierà se permangono la volontà di far valere i diritti contro la vita (contraccezione, aborto, eutanasia) e il credo consumista che privilegia ogni manifestazione dell’effimero, un’accoppiata micidiale che ha portato ad avere meno famiglie, meno matrimoni e le nascite al livello più basso in Europa.

Silvio Berlusconi sale sul palco e inizia la parte ricordando la morte del Presidente polacco: mio amico personale. Riprende il tema della competitività dell’Italia affrontato da Roubini e si rivolge all’economista americano dicendo che sarebbe bello fare le riforme, ma il Governo si trova in una condizione di totale impotenza: è stata voluta dai padri costituenti che, nel timore di una nuova dittatura, hanno dato tutto il potere all’Assemblea parlamentare e nessun potere all’Esecutivo… faccio l’esempio del Piano Casa che non ha avuto nessuna attuazione a causa della Regioni, anche quelle governate da noi.
Presenta poco dopo la pubblicazione appena stampata dalla Presidenza del Consiglio e raccomanda agli industriali di leggere attentamente il lungo elenco delle realizzazioni compiute dal suo Governo nel breve tempo di due anni e che hanno assicurato la tenuta del Paese di fronte alla crisi. Sul piano internazionale mette in evidenza l’importanza dell’accordo per la riduzione degli arsenali nucleari siglato a Praga tra USA e Russia e richiamando alcune immagini afferma: sono stati decisivi i miei interventi sui due Paesi in varie circostanze, da Pratica di Mare a Copenhagen, tanto che Obama non ha trascurato di presentarsi al vertice del’Aquila sventolando l’accordo in preparazione.
Cara Emma, il Governo ha svolto un’intensa diplomazia commerciale con investimenti per 15 miliardi di euro e opera come un vostro agente. A Parigi sono stati firmati 20 accordi ed entro questa legislatura sarà posata la prima pietra delle nuove centrali, con il nucleare e le fonti rinnovabili si diversificheranno le fonti di energia. Cari colleghi, condivido del tutto le vostre richieste di liberare il Paese dalla burocrazia, dalla pressione fiscale e dall’oppressione giudiziaria, presto l’informatizzazione consentirà di svolgere ogni pratica stando a casa e ridurrà la spesa pubblica. Sono obiettivi che raggiungeremo durante i tre anni di fruttuoso lavoro che si presentano prima delle elezioni politiche del 2013. Non è vero che il Paese è in declino come si dice da troppe parti. La diminuzione del PIL è stata contenuta e - se ci sono problemi storici come il rapporto Nord/Sud, il debito pubblico, la burocrazia, l’evasione fiscale - è pur vero che la crisi ha fatto emergere i punti di forza. La coesione sociale è stata assicurata con i provvedimenti anticrisi, dalla cassa integrazione agli incentivi verso l’innovazione, le fonti rinnovabili di energia, il credito al consumo, il rinnovamento di auto, elettrodomestici e altri mezzi. Interventi incentrati sulla PMI assieme ai laboratori bancari e alla garanzia per il credito. Grazie alla crescita dell’industria manifatturiera, maggiore che in Germania e in Francia, non c’è il declino e realizzeremo il Progetto Italia 2015 assieme a Confindustria. A questo punto inserisce la gag dedicata alla padrona di casa: mi accusano di tutto, di essere un despota, di comportarmi come un sultano, allora mi sono adeguato alla parte che mi hanno assegnato e quando pochi giorni fa il nostro Ministro Maria Stella Gelmini ha dato alla luce una bambina io le ho ordinato di metterle il nome Emma, in onore di Emma Marcegaglia!
Riprende la denuncia contro l’eccesso di pessimismo, l’Italia non è in declino, la ricchezza netta delle famiglie italiane è calata solo dell’1,7% contro il calo del 12% degli inglesi, il valore del patrimonio reale è rimasto: ho saputo da mio fratello che la pubblicità ha ricominciato a salire, il Governo ha davanti 3 anni di lavoro, dispone del sostegno di una maggioranza coesa e sarà in grado di approvare le riforme.
Innanzitutto la riforma istituzionale con il presidenzialismo perché il Presidente del Consiglio eletto in una sola tornata avrà finalmente lo stesso potere che hanno i suoi colleghi europei.
La riforma fiscale sarà difficile, perché serve un disboscamento delle leggi esistenti per arrivare ad avere un codice fiscale certo, ma sarà possibile grazie all’ottimo Tremonti che riuscito a tenere i conti in ordine nonostante fosse inseguito da tutti. Abbiamo il debito pubblico maggiore rispetto a tutti i Paesi dopo essere stato moltiplicato di 8 volte tra il 1980 e il 1992. Quest’anno scadono 250 miliardi di titoli, ogni giorno bisogna riuscire a ottenere in prestito 1 miliardo di euro e gli interessi da pagare aggravano il deficit di bilancio. La tenuta dei conti pubblici richiede un rigore imprescindibile per evitare di far salire gli interessi all’8% come oggi il mercato chiede alla Grecia.
La riforma della giustizia va fatta partendo da quella civile (digitalizzare le cancellerie giudiziarie e dimezzare i tempi delle cause) per arrivare a quella penale e vincere l’oppressione giudiziaria: durante i miei 2500 giorni di Governo, più di quelli del grande De Gasperi, ho dovuto subire processi con 2550 udienze, ma ho giurato ai miei figli che di tutte quelle imputazioni nessuna è vera. Il Governo ha affrontato con successo l’obiettivo di portare legalità al Sud e le leggi varate hanno consentito di arrestare 4000 persone, confiscare 10 miliardi di euro, vinceremo la battaglia contro mafia, camorra e ndrangheta, la riforma delle intercettazioni telefoniche ci riporterà il diritto alla privacy e continuerò a pretendere che non ci sia alcun processo in TV senza diritto di difesa.
Troveremo i soldi per fare la riforma della scuola e dell’università dove prevalga il merito: mia figlia ha chiesto di andare in Cina per un viaggio di studio e al ritorno ha spiegato che riescono a inserire 23 milioni di addetti di cui 8 milioni laureati, ogni anno dal mondo rurale arriva una nuova forza lavoro pari a tutta quella presente in Italia e la formazione gioca un ruolo decisivo.
L’intervento di Berlusconi è stato costellato di applausi ma le conclusioni della Presidente di Confindustria non hanno nascosto le differenze che vengono sottolineate da Emma Marcegaglia pur ricambiando la cordialità. Caro Silvio, ti chiediamo non un vasto libro di promesse, ma fatti precisi da realizzare a scadenze definite nell’arco dei prossimi tre anni di governo. Lasciamo alle spalle le elezioni regionali con una brutta campagna elettorale, la maggioranza ne esce rafforzata e dimostri questa forza. Dopo la vittoria del 2008 questa è l’ultima occasione per realizzare quello che non s’è fatto negli ultimi 15 anni: si parla ancora di riforme istituzionali, ma per le imprese sono più importanti le riforme economiche.
• Spesa pubblica. Lo Stato fa troppe cose che non deve fare e fa male quelle che deve fare. Sinora tutti i tentativi di riforma hanno dato risultati minimi e le imprese sopportano un elevato carico dei costi per servizi inefficienti. L’Italia ha una spesa pubblica pari al 43,9% del PIL mentre la Germania ha ridotto la spesa corrente,. Le spese per le pensioni di invalidità sono rimaste a 16 miliardi di euro e i costi inutili non sono stati cancellati, a partire da quello per i Consigli delle municipalizzate.
• Infrastrutture, edilizia. Sono calati gli investimenti del 23% tra il 2007 e il 2010, sono stati stanziati fondi pubblici per 11,3 miliardi di euro e ne sono stati spesi solo 20 milioni: Confindustria propone lo stanziamento di 1 miliardo all’anno per le piccole opere immediatamente cantierabili. Nei fondi europei per le infrastrutture il programma 2007-2013 prevede troppi interventi che richiedono tempi lunghi: Confindustria propone di rinegoziare il programma e concentrare gli interventi per evitare lo sviluppo delle mafie e delle clientele e di impegnare i nuovi Presidenti regionali a mettere in circolo le risorse per il Piano Casa.
• Ricerca e innovazione. Se la Cina detta l’agenda, noi potremo competere sull’innovazione e non sui costi, gli strumenti ci sono già e si devono finanziare in modo adeguato: Confindustria propone 1 miliardo all’anno per tre anni. E’ molto importante la proposta di riforma presentata dalla Gelmini per abbattere le baronie universitarie, ci sono emendamenti presentati in Parlamento e bisogna evitare che lo sforzo sia disperso.
• Fisco. Gli industriali si impegnano a collaborare, ma vogliono una riforma fiscale prima della fine dei tre anni per abbassare il prelievo su imprese e cittadini e togliere parti del costo del lavoro dal calcolo dell’IRAP. Il federalismo fiscale va fatto solo se riesce a ridurre gli sprechi e la spesa pubblica, invece i due Presidenti di Lazio e Calabria appena eletti hanno chiesto al Governo di ridurre il peso da pagare per i debiti fatti sulla sanità e in questo modo dimostrano che non c’è un uso corretto del federalismo fiscale ed è uno scandalo nazionale. Il nuovo potere va concesso alle Regioni solo se c’è una responsabilizzazione, ovvero premi e penalizzazioni in base ai risultati: chi supera i costi standard va mandato a casa e non deve essere rieleggibile.
• Energia nucleare. Confindustria appoggia la scelta del nucleare e il superamento del conflitto Stato-Regioni per localizzare gli impianti. Senza l’opzione del nucleare non si va da nessuna parte: la Francia ha un mix energetico che senza il petrolio copre il 90%, la Spagna il 70% e nel confronto l’Italia è penalizzata dai maggiori costi dell’energia.
• Legalità. Gli industriali sono impegnati per il recupero del Sud
Nel concludere la Marcegaglia scandisce le posizioni di Confindustria.
- No alle promesse, ma tempi certi per interventi concreti su Ricerca-innovazione, Infrastrutture, Tagli della spesa pubblica corrente, Tagli alle tasse su lavoro e impresa.
- No al pessimismo e impegno degli industriali ad aggiornare l’azienda, assumersi responsabilità e andare nel mondo
- No al lavoro pubblico che teme di essere misurato nel merito e apertura alla concorrenza per dare più opportunità di lavoro
- No alle tariffe minime che fanno venir meno le liberalizzazioni nel commercio e nelle professioni con il rafforzamento delle corporazioni
- No ai sussidi verso una parte del Paese che scarica costi e inefficienze su aziende e lavoratori
- No a politiche diverse e sì alla sfida, al futuro, al coraggio, alla voglia di vincere, al maggiore ottimismo.

A pochi giorni di distanza dall’evento di Confindustria si è svolta l’Assemblea degli agricoltori di Parma e nel suo intervento Vecchioni Presidente nazionale di Confagricoltura ha dichiarato il fallimento della ripartizione delle competenze per l’agroalimentare tra Stato e Regioni.
Il Governo trova in una notte 300 miliardi per salvare l’Alitalia e non trova in un anno 8 milioni di euro per la cerealicoltura italiana. Assegna l’appalto per la gestione informatica di AGEA pagando un prezzo garantito per 9 anni, mentre non garantisce nulla sui tempi di pagamento delle indennità per le aziende agricole. Oltre all’AGEA si sono aggiunti 20 enti pagatori regionali e il costo della loro gestione è salito da 80 a 270 milioni di euro con il peggioramento del servizio.
Le Regioni non funzionano non hanno normative sanitarie e ambientali adeguate, i fondi europei vengono impiegati con procedure complicate e differenti, le aziende agricole sono sommerse dalle pratiche burocratiche che richiedono una media di 110 giornate di lavoro all’anno. I finanziamenti arrivano a fatica, pur richiedendo l’intervento dei consulenti con costi aziendali aggiuntivi e in conclusione quest’anno l’Italia è costretta a restituire all’UE 1,3 milioni di euro che le Regioni non sono riuscite a far fluire in tempo verso un settore in profonda crisi: questo accade anche nelle Regioni del Nord, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna.
Le Regioni dovevano dedicarsi alla sopravvivenza delle aziende, alla conservazione della terra agricola e non lo fanno: l’agricoltura ha subito per decenni un grande spreco della superficie agricola con il consumo di 3 milioni di ettari di pianura in 7 anni, ora anche le multinazionali acquistano terra. Nel mondo c’è una corsa clamorosa che ha investito 9 milioni di ettari in vari Paesi, in Italia restano solo 12,5 milioni di ettari e nessuna Regione si preoccupa del fenomeno. L’agricoltura non è delegabile, non possiamo dismettere la pianura padana e affidarci all’importazione. Occorre investire sull’uomo per avere sviluppo agricolo, realizzare rapporti saldi tra agricoltura-industria-distribuzione basati sul rispetto delle regole.
Le Regioni non devono più parlare di mercato perché ognuna vuole avere la sua fieretta e il suo viaggetto. Nel caso del vino si fanno promozioni per ogni Regione, Provincia, ecc., soldi buttati.
Presidenzialismo e federalismo
Dopo la sintesi sui confronti Confindustria/Governo, Confagricoltura /Governo aggiungo delle considerazioni personali.
Da un lato ci sono le richieste pressanti per riformare l’impianto di enti e uffici pubblici, renderlo più snello e capace di dare servizi effettivi alle attività produttive senza colpire l’occupazione e gli investimenti (l’IRAP, la principale entrata regionale tassa il lavoro e gli interessi), per premiare i meriti nel lavoro e la capacità di innovare nelle imprese. Dall’altro vengono segnalate delle scelte a livello nazionale e regionale orientate in direzione opposta: Palazzo Chigi aumenta i dipendenti di 1500 unità in un anno (da 3000 a 4500), i Palazzi regionali battono cassa per i debiti accumulati nella spesa sanitaria, restituiscono a Bruxelles i soldi che non hanno saputo erogare alle aziende dell’agroalimentare, non tutelano la risorsa terra e le risorse umane, complicano l’esistenza delle imprese.
Per approfondire il contrasto profondo tra i bisogni e i sogni federalisti mi collego al fatto che nella nuova Giunta regionale dell’Emilia-Romagna la responsabilità della sanità è stata affidata a un medico sindacalista e se occorre cercare la figura di un Commissario vuol dire che gli Organi elettivi dell’attuale Ente non servono per gestire la materia, è più semplice nominare i responsabili locali della sanità come si fa ancora con i Questori e i Prefetti. In verità, l’apparato sanitario si è ingrandito oltre ragione e l’esigenza di riorganizzare è ineludibile anche in una Regione tra le meglio amministrate. Per esempio, siamo l’unico Paese al mondo che affida alla sanità i controlli sulla sicurezza alimentare mentre i regolamenti dell’UE, come quelli degli USA, richiedono un sistematico controllo dal campo alla forchetta che può essere svolto da un corpo di specialisti in grado di conoscere i modi di produrre, movimentare, distribuire materie prime e prodotti trasformati dentro l’interno sistema agroalimentare.
La conseguenza è stata la moltiplicazione delle funzioni ispettive per tutte le Aziende Sanitarie Locali, Agenzie per la Protezione Ambientale, Province, Regioni e Ministeri. In questo modo in Italia è sorto un apparato più grande di quello dell’organismo federale degli USA (la Food and Drugs Administration). Per questa funzione nel solo SSN opera un numero di addetti dieci volte superiore a quello che la Francia impiega per seguire ogni punto del sistema agroalimentare e non basta. I servizi sanitari sono molto frazionati dovendo fornire le cure alla popolazione residente, ma questa suddivisione è eccessiva per controllare le filiere alimentari, anzi impedisce di seguire un sistema di produzione di ampiezza sovraregionale e con intensi scambi internazionali. Ancora una volta ’Italia non ha fatto la necessaria riorganizzazione prevista dall’UE e ha seguito la facile scelta di aggiungere ai servizi sanitari locali delle capacità di controllo specializzate che dipendono da Ministeri della Difesa (Nas, Nac, Noe), dell’Interno (GdF), dell’Agricoltura (CfS, ICQ), dei Trasporti (Capitanerie di Porto), ecc. In conclusione, tra Stato, Regioni, Enti locali si sommano in Italia più di 15 organismi che operano in modo del tutto separato e raggiungono una dimensione smisurata in termini di numero di persone e di spesa pubblica. Nessuno è riuscito sinora a fare una completa misurazione dell’insieme e proprio questa straordinaria complessità non è in grado di dare una adeguata sicurezza alimentare.
Il problema dei servizi per la sicurezza alimentare, l’ambiente, l’educazione alimentare penalizza il secondo settore produttivo italiano ed è un esempio significativo dei danni causati da una ingiustificata separazione delle competenze con il federalismo: non saranno superate le degenerazioni del regionalismo e si allontanerà la possibilità di realizzare quella riorganizzazione che serve ad affrontare i fenomeni legati a dimensioni sempre più estese e complesse. Lo stesso tipo di disastro avvenuto per l’agroalimentare si può prevedere per la sicurezza e l’istruzione con una polizia regionale impotente di fronte all’internazionalizzazione della criminalità. Con una scuola regionale inadeguata rispetto al bisogno di innalzare in modo omogeneo il livello dell’istruzione e di allargarlo verso le altre culture. In generale, una pubblica amministrazione definitivamente confinata dalla maggiore autonomia dentro ai nostri orizzonti regionali così ristretti sarà più costosa e incapace di risolvere i problemi della società investita dall’allargamento dei movimenti di persone, prodotti, affari e conoscenze.
Tra gli effetti negativi del presidenzialismo occorre segnalare che i parametri calati dal Governo per limitare il costo della Scuola e dell’Università creano la spinta a diplomare e laureare tutti anche i somari. Curiosamente proprio l’abbrivio presidenziale è riuscito a fare arrivare in porto il famigerato voto politico, a distanza di tanti anni dal ’68. E’ovvio che in questa maniera sarà più difficile competere con gli 8 milioni di laureati annuali che, assieme agli altri 15 milioni di lavoratori, vengono filtrati dall’enorme serbatoio di cultura e di persone presenti nella Cina rurale, fatti che si dovrebbero sapere senza aspettare che la figlia del Capo racconti del suo viaggio
In Italia la riserva del mondo rurale si è esaurita, il numero di giovani è calato paurosamente, c’è invece da riciclare l’abnorme terziario pubblico e privato che per stare a galla porta all’esaurimento la riserva della terra, si aggrappa alle rendite di posizione e alla pubblicità per tutti i consumi, compresi quelli da evitare. G.B.Fabris è un riconosciuto guru in fatto di consumi e sostiene che per correggere le deformazioni consumistiche italiane servirebbe mettere una tassa sul marketing e sulla pubblicità tanto più alta quanto più fa comprare le cose che non servono, dall’involucro appariscente per arrivare al super veicolo utile a rompere le strade.
La coalizione al governo risulta meno coesa di quanto affermano i due leader del presidenzialismo e del federalismo, tuttavia la minore forza non allontana le minacce.
Ci può aiutare l’esperienza del passato quando l’Italia si è affidata a un uomo forte. Quello degli anni ’20 l’ha infilzata con una lunga serie di guerre fino agli anni ‘40. Ha desiderato l’uomo con le palle negli anni ’80 e si è trovata il debito pubblico dilatato di 8 volte per i nonni e i pronipoti. Durante la seconda Repubblica ha predicato l’ottimismo accelerando il massacro della terra e con il federalismo si accinge a dare in pasto un altro pezzo del Paese .
Per il futuro è chiaro che non basta una robusta mano di verde per tenere in piedi le baracche di tante capitali, il fuoco greco si avvicina e urge eliminare quante più capanne di frasche abbiamo costruito favorendo i consumi superflui e gli uffici sovrapposti.
Gli industriali hanno applaudito l’uomo del destino ma senza essere ingenui e saggiandone gli umori si sente che provano diffidenza e invidia per come ha fatto soldi più di loro. Sono comunque tenuti a sollecitare le forze che reggono il Governo e sperano che il duo saltafossi riesca a smuovere l’Italia rimasta bloccata nell’incrocio di interessi.
Chi è impegnato nel tirare sente il bisogno che il sistema pubblico si metta a fare la sua parte scendendo dal carretto e dia una spinta: se si muovono le imprese e i lavoratori, se i malati si spostano da una Regione all’altra per ricevere le cure, può spostarsi chi è più sicuro e sano per curare o migliorare ogni genere di servizio pubblico nella sua giusta dimensione.
Ben vengano gli esempi dei Comuni virtuosi per compiere nuove scelte collettive e la sollecitazione papale a cambiare lo stile di vita personale. Sono entrambe necessarie per costruire un nuovo modello di sviluppo e per dare risposte eque agli emarginati arrivati alla città o rimasti su in montagna.

(Enrico Bussi)