Sessant'anni fa, il 30 aprile 1950, nasceva la Cisl.
Il 18 ottobre 1948, dopo la fortissima e drammatica tensione insorta nella Cgil unitaria a seguito dello sciopero generale indetto dalla sola componente comunista del sindacato dopo l’attentato a Palmiro Togliatti del 14 luglio 1948, la componente cristiana è uscita dalla Cgil e ha dato vita alla Libera Cgil. La nascita della Cisl ne costituirà l’approdo naturale. Tempi durissimi ma fecondi per il futuro del Paese.
L’Italia, appena riconquistata la libertà e la democrazia con la Resistenza e la guerra di liberazione che avevano abbattuto il regime fascista, si trovava di fronte alla grande sfida della ricostruzione.
L’unità del fronte antifascista non aveva soltanto liberato l’Italia, ma anche dotato il nostro Paese di un ordinamento istituzionale fondato sulla Repubblica, a seguito del referendum del 2 Giugno 1946, e di una Costituzione entrata in vigore il 1° gennaio 1948, di straordinaria modernità e lungimiranza.
Con la Cisl non è nato un nuovo sindacato, ma un sindacato nuovo. Non migliore della Cgil, ma profondamente diverso.
I tratti fondamentali che hanno caratterizzato la Cisl al momento della sua nascita sono parte dell'identità di questo sindacato: libero, indipendente e apartitico, ma non apolitico; aconfessionale e laico, ma non agnostico. Il sindacato dell’autonomia.
La Cisl avrà il merito di rompere la cultura della “cinghia di trasmissione” tra partito e sindacato, adottando per prima norme di autonomia e incompatibilità tra cariche nel partito e cariche nel sindacato.Un sindacato democratico e contro il centralismo.
La Cisl è stata e sarà sempre non un sindacato di lavoratori, ma di categorie di lavoratori, un vero e proprio antidoto strutturale, statutario al centralismo perché fonda l’unità dell’organizzazione non sull’unanimismo, ma sulla sintesi tra categorie fortemente autogovernate.
Un sindacato fondato sul contrattualismo. E’ dalla Cisl che parte il più forte impulso all’avvio della contrattazione aziendale come strumento non solo di difesa delle condizioni dei lavoratori, ma anche come espressione di una cultura riformista per l’emancipazione della classe lavoratrice. Una cultura sindacale pragmatica e innovativa: basti pensare, osservando gli ultimi tempi, al fondamentale contributo della Cisl alla concertazione, alla riduzione dell’orario di lavoro, ai contratti di solidarietà.
Alla formazione di questa cultura sindacale che lo storico del movimento sindacale Vincenzo Saba chiamerà "quella specie di laburismo cristiano", e che si sviluppa soprattutto dal 1946 al 1951, contribuisce in misura significativa Giuseppe Dossetti.
Un apporto emblematicamente testimoniato dalla cura assidua dedicata ai temi sindacali dalla rivista quindicinale dossettiana Cronache Sociali: ben 120 articoli nei suoi cinque anni di vita, dal 1947 al 1951. Ma è sul tentativo operato nel 1950 di dare applicazione agli articoli 39 e 40 della Costituzione in un’ottica di restringimento delle libertà sindacali che Dossetti rivelerà fino in fondo il suo filo diretto con la Cisl. Infatti, Giuseppe Dossetti, l'allora segretario della Cisl Giulio Pastore e il presidente dell’Ufficio studi e formazione della Cisl Mario Romani combattono e vincono, nella Democrazia Cristiana e nel sindacato, la medesima battaglia di opposizione a questo tentativo, al punto che Carlo Donat Cattin, invece favorevole, parla esplicitamente di una linea di opposizione Dossetti-Pastore-Romani.
Altri tempi, non c’è dubbio, ma di tutto ciò qualcosa è rimasto.
Ad esempio, per il sindacalismo e per la cultura riformista, la straordinaria densità e attualità dell’articolo 1 della nostra Costituzione, il cui significato non va confuso con quanto previsto dall’articolo 4. Quest'ultimo articolo recita che “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro” e il riferimento è all’occupazione, mentre nell'articolo 1, dove si definisce che “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, il riferimento è al valore del lavoro come asse fondamentale della cittadinanza, quindi della coesione sociale e dell’unità nazionale.
Inoltre, rimane l’insostituibile ruolo del sindacato nel garantire libertà e democrazia nella nostra società. Questo ruolo è chiaramente contemplato da una Costituzione né statalista, né liberista, ma centrata sulla funzione essenziale dei corpi intermedi e sull’autogoverno sociale, di cui il sindacato costituisce la massima espressione.
E rimane anche la sempre attuale riflessione circa il rapporto tra sindacato e riformismo. Pur nella rispettiva e rigorosa autonomia, il punto di convergenza è sicuramente rappresentato dalla cultura dell’uguaglianza, della giustizia sociale, della solidarietà, della responsabilità, dei diritti e dei doveri.
In sostanza, la strada su cui si dovrebbe camminare insieme, ognuno con la propria storia, cultura e autonomia è la strada di un nuovo Umanesimo, strada alternativa alla "nuova destra" e alla "vecchia sinistra", divise dalle rispettive ideologie, ma unite da culture tanto in grado di offrire risposte effimere e contingenti, quanto incapaci di governare il cambiamento epocale che la globalizzazione presenta all’intera umanità.
(Marcello Stecco. presidente della commissione economia e lavoro della Provincia)