Riceviamo e pubblichiamo.
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Una recente legge del governo Berlusconi prevede l'affidamento della gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, oltre alla cessazione degli affidamenti a società interamente pubbliche e controllate dai comuni entro il 31.12.2011.
Il governo Berlusconi espropria così gli enti locali e le comunità locali della libertà di scegliere la forma attraverso la quale gestire ed erogare i servizi pubblici locali; la complessiva normativa italiana sull'acqua risulta non organica e contraddittoria e manca ancora a livello internazionale il riconoscimento formale e solenne dell'acqua come bene comune e diritto umano; in questi quindici anni non sono state attuate coerenti politiche idriche e l'acqua non è stata gestita correttamente a livello di bacino idrografico.
La privatizzazione dell'acqua è un epilogo da scongiurare con ogni mezzo, essendo la risorsa idrica un diritto universale e non una merce né un mero bisogno; non è l'Europa ad imporre la privatizzazione del servizio idrico in nessun provvedimento normativo e in nessuna direttiva europea; due diverse risoluzioni del Parlamento europeo affermano il principio che l'acqua è un "bene comune dell'umanità" mentre gli organismi della Ue hanno più volte evidenziato che "alcune categorie di servizi non sono sottoposte al principio comunitario della concorrenza"; le istituzioni hanno la libertà e l'autonomia di scegliere se fornire direttamente un servizio di interesse generale o se affidare tale compito ad altro ente (pubblico o privato) in piena legittimità e coerenza con le vigenti direttive europee sui servizi pubblici locali.
Nei paesi della Ue, dopo sporadici tentativi di privatizzazione di alcuni servizi pubblici locali e dopo aver constatato l'abbassamento della qualità dei servizi ed un vertiginoso incremento delle tariffe, si è registrata una decisa e ferma inversione di tendenza verso la ripubblicizzazione degli stessi (ad esempio il Comune di Parigi ha avviato l'iter di ripubblicizzazione del servizio idrico integrato).
Si ritiene quindi opportuno:
1. riconoscere l'acqua come bene comune e diritto umano, in particolare l'accesso all'acqua come diritto umano universale, indivisibile, inalienabile e lo status dell'acqua come bene comune pubblico;
2. sollecitare il riconoscimento (a livello dell'Onu e delle norme costituzionali nazionali) dell'acqua come bene comune e diritto umano anche con specifici e vinc0lanti obiettivi internazionali di lotta alla sete e alla desertificazione;
3. impegnarsi al riconoscimento del servizio idrico come servizio pubblico locale (privo di rilevanza economica), anche sperimentando nuove e diverse forme di strutturazione di società di diritto pubblico per la gestione delle risorse idriche;
4. mobilitarsi affinché le Amministrazioni Regionali propongano ricorso presso la Corte Costituzionale su quanto previsto dall'art. 15 del DL 135/2009, come già stanno positivamente facendo alcune regioni;
5. sostenere la raccolta di firme per i tre quesiti referendari indetti dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua, attivandosi per la creazione di comitati locali unitari in ogni comune della provincia con tutte le forze politiche, associazioni e singoli cittadini. In questo modo si potrà fermare la privatizzazione dell’acqua (primo quesito), aprire la strada alla ripubblicizzazione (secondo quesito) ed eliminare i profitti dal bene comune acqua (terzo quesito).
(Maurizio Vergallo, Sinistra ecologia libertà, Reggio Emilia)