E’ con la reticenza dettata dalla timidezza che Giorgio Simonazzi (classe '52) accetta di fare una chiacchierata con noi sulla sua attività che ormai sta per volgere al termine.
“A chi vuoi che interessi”, obbietta al nostro desiderio di raccontare una vicenda commerciale ed umana che copre settant’anni di storia del nostro paese.
Noi crediamo che invece interessi che tra poco scompaia uno degli ultimi negozi “storici” di Castelnovo ne’ Monti, uno dei pochissimi, fra l’altro, ad essere rimasto nelle mani della famiglia che lo ha fondato.
Così convinciamo Giorgio ad aprirsi un po’, davanti ad una pizza, una serata diversa e, certamente per noi, ricca di piacevoli scoperte.
C’era una volta l’emporio di Bernardo Casali, “Bernard”, prima ambulante, poi con sede in Piazza dell’Unità (nell’attuale Casa del volontariato). Correvano gli anni '30 del secolo scorso ed il padre di Giorgio, Luigi (classe 1906), unitamente a nonna Teresa (1881) vi erano impiegati come commessi; nel 1937 “Bernard” decide di smettere di trattare alcuni articoli che gli erano ghignosi: macchine da cucire, cappelli, valigie, e propone ai due impiegati di rilevarli. Così Luigi decide di fare il grande salto e di diventare imprenditore, apre la sua attività in via Roma, dove attualmente si trova il Banco S. Geminiano S. Prospero e lì rimane fino al 1971, quando si trasferisce in quello che fino ad oggi sarà il negozio “di Simonazzi”.
Ci sono prodotti, oggi forse un po’desueti ma che fino alla fine degli anni ’60 erano largamente usati, che caratterizzano il periodo storico nel quale vengono utilizzati.
Giorgio ricorda di come il basco, di comune lana infeltrita e di colore blu, fosse il copricapo dell’operaio, mentre il cappello “faceva l’uomo rifinito, elegante”. Naturalmente vi erano differenze di qualità e di prezzo, che determinava anche lo stato sociale dell’acquirente.
Racconta di un signore di Succiso che, ogni anno, entrava in negozio e chiedeva il prezzo di un “Borsalino” (nota casa di cappelli di Alessandria, non esattamente a buon mercato, resa celebre dal film omonimo con Alain Delon). Sentitolo tirava due o tre bestemmie e usciva. Rientrava poco dopo e chiedeva “Allora, cosa mi fate di quel Borsalino?” e sentendosi dare la stessa risposta se ne andava allo stesso modo. La terza volta: “Allora me lo fate vedere quel Borsalino?”. Al che Giorgio, per il quale era diventato una tradizione annuale, rispondeva che no, non glielo faceva vedere “Come, no?!” e via di tira e molla in un rituale consolidato (all’epoca non esisteva un acquisto senza una contrattazione, a volte estenuante, dal cappello ai capi di bestiame il prezzo veniva considerato una proposta da rilanciare).
Non poteva mancare poi il cappello grigio scuro per il matrimonio.
Il berretto, che dalle nostre parti è ancora molto usato, era rivolto più ad una clientela “modaiola” o sportiva.
Un cliente affezionato era lo scomparso Romano Pedrazzoli (titolare per molti anni di un noto negozio di casalinghi in piazza Peretti) che non appena entrato si vedeva esporre i berretti che potevano piacergli, tutti già della sua misura, la 58!
Vale la pena sottolineare come la cappelleria potesse anche vantare un cliente illustre, Cesare Zavattini, i cui genitori gestivano l’albergo della Gabellina lungo la statale 63 prima del Cerreto, e che dal 1960 al 1970 comprò i suoi baschi proprio a Castelnovo.
Succiso ci regala anche un’altra “perla” di oculatezza montanara che risale agli anni ‘70: un ragazzino di 12/13 anni, accompagnato dalla madre, desidera acquistare un portafoglio da uomo, forse il primo della sua vita. Soppesa gli articoli propostigli con molta attenzione poi, con fare sprezzante, ne getta uno sul bancone apostrofando Giorgio “Questo scucito ve lo tenete per voi!”. Il bimbetto non sapeva che, normalmente, in un portafoglio a libretto c’è una parte non cucita nel mezzo, per agevolare la chiusura senza che si formino pieghe.
Aveva pensato che volesse rifilargliene uno difettoso prendendolo per un sempliciotto. Si è convinto solo dopo aver constatato che, per quel modello, tutti presentavano la stessa caratteristica.
Quanti dei giovani di oggi, anche più grandi, fanno caso a che i loro acquisti siano perfettamente eseguiti?
Altro articolo di rito era la valigetta per andare militare. Di fibrone , una sorta di cartapesta (assai meno costosa della “fibra” e durava poco), era di colore verde e aveva misure ben precise: larga 45 cm. (ricorda una valigetta 48 ore) aveva la funzione contenere un po’ di biancheria e di rimandare a casa gli abiti civili con i quali si arrivava in caserma. Le misure erano giuste giuste per la spedizione postale.
L’ombrello verde da pastore arrivava in casse di legno (che si bruciavano nel camino perché, non dimentichiamolo, in quei tempi non si sprecava nulla) prima della Fiera di S. Michele (che cade a fine settembre) ed aveva caratteristiche davvero particolari. Per cominciare il filo del tessuto era impregnato di olio di lino, in modo da renderlo impermeabile e più robusto, trattamento che il pastore ripeteva alla bisogna, e tutto il negozio veniva permeato dall’odore. Il manico non aveva la tradizionale impugnatura a ricciolo, era tronco, in modo che il pastore non si impigliasse nelle frasche.
L’ombrello da carrettiere, invece, era di colore blu con un bordo a vivaci righe colorate.
Per le donne era tradizione ricevere il baule in occasione del matrimonio, oppure la macchina da cucire, generalmente da parte dei genitori della sposa. Si trattava di una spesa impegnativa, non di rado effettuata a rate “sulla fiducia”. Non c’erano cambiali o pagherò, solo la parola dell’acquirente che avrebbe fatto fronte al debito. Capitava che ci fosse qualche difficoltà e, in questo caso, il debitore aveva il massimo scrupolo nell’annunciare il ritardo.
Giorgio tiene a sottolineare come la percentuale di clienti “morosi” nell’arco di tutta l’attività sia stata veramente irrisoria.
La tradizione della macchina da cucire è arrivata a cavallo degli anni ’80 e sia Giorgio che il fratello maggiore, Adrasto, erano in grado di insegnare i primi rudimenti dell’utilizzo della macchina e dei vari piedini.
Adrasto era in grado perfino di insegnare a ricamare!
Con il trasferimento del negozio nella attuale sede, nel luglio del 1971, viene introdotto un nuovo articolo: il cappello da donna che seppur in disuso come elemento decorativo, rappresenta sempre un accessorio importante per l’eleganza femminile.
Tranne che nel periodo attuale la borsetta non ha mai avuto una grande diffusione nella nostra montagna, non era infrequente vedere delle signore uscire di casa con il portafoglio in mano, giusto l’occorrente per fare la spesa.
Ma ci sono sempre le eccezioni e una cliente del negozio si è rivolta a Giorgio per poter riacquistare la borsetta trovata vent’anni prima e… la richiesta è pervenuta dal Canada!
Nel corso degli anni Simonazzi ha cercato di acquisire gli articoli direttamente dai produttori, rivolgendosi al “triangolo della pelletteria”: S. Croce sull’Arno (Pi), Fucecchio (paese natale di Indro Montanelli, in provincia di Firenze) ed Empoli (Fi), per poter offrire la migliore qualità al miglior prezzo.
Anche le valigie hanno subito cambiamenti radicali, dalla summenzionata valigia “da andare militare” in fibrone a quella in fibra, poi in scai (o similpelle), per passare alla Vinilavio (dalla città di Avio in provincia di Trento): prime valigie rigide concorrenti di quelle prodotte in U.S.A. Successivamente saranno introdotti i trolley e tutti gli articoli da viaggio che conosciamo attualmente.
Viene da chiedersi, dopo settant’anni di attività di famiglia e quaranta di lavoro in prima persona, come trascorrerà il suo tempo Giorgio Simonazzi quando le saracinesche caleranno per l’ultima volta sulle vetrine del suo negozio.
“Il primo giorno andrò nel “marugaio” dietro casa, da anni ho fatto il voto che non appena ne avessi avuto il tempo mi sarei dedicato a sistemare il terreno, poi mi piacerebbe viaggiare, scoprire l’Italia a bordo del mio camper. Potrò dedicarmi per più tempo alla mia passione per il ciclismo, lo sci e le gite con la moto da turismo”.
Speriamo anche di vederlo più spesso in giro per Castelnovo, in compagnia della sua cagnolona bianca Nëva di dieci anni, la cui razza (Pastore di Valbona) è particolare della nostra montagna ed ha la caratteristica di avere uno sperone nelle zampe posteriori e gli occhi di colore diverso fra loro.
Gli chiediamo se desidera prendere commiato dai suoi clienti anche attraverso il nostro sito:
"Prima di tutti voglio menzionare mio fratello Adrasto che nel corso degli anni mi è stato preziosissimo socio e collaboratore 'dietro le quinte', un ricordo ai miei genitori, in particolare a mia madre Gina, scomparsa nel 2002, che mi ha sempre aiutato come solo le mamme sanno fare.
Ringrazio tutte, ma proprio tutte le persone che ho conosciuto attraverso il mio lavoro, i rappresentanti delle ditte fornitrici ed i loro referenti con alcuni dei quali si è instaurato un rapporto davvero amichevole. Ma, soprattutto, i tanti tantissimi clienti che con i miei genitori, prima, e con me, poi, hanno stabilito un rapporto di fiducia ed amicizia. Come non ricordare chi mi ha portato clienti perfino dall’Indonesia che, per usi e costumi loro, mi lasciavano il negozio come se vi fossero passate le cavallette ma… che acquisti! La signora che dal Canada cercava una borsa uguale a quella comperata anni prima, ed anche, a rappresentanza di quanti mi hanno manifestato il dispiacere per la chiusura del negozio, a quel signore che mi ha detto: '"on ho mai portato un cappello in vita mia ma ne compro uno per avere un tuo ricordo".
Spero che invece lo porterà, quel cappello, anche perché di tutti gli articoli che vendo il cappello è da sempre il mio preferito, quando sono in giro non riesco a trattenermi se vedo una cappelleria, devo vedere cosa propone, è una passione.
Per concludere: in questo lavoro ci sono capitato, mio fratello maggiore studiava ingegneria con profitto, io non avevo attitudine allo studio e sono entrato nell’attività di famiglia, poco dopo mio padre è mancato, la vita ha fatto il resto!
Ho conosciuto tante persone ed i loro volti, le loro peculiarità, mi rimarranno come ricordo carissimo negli anni a venire. A tutti ancora grazie per le manifestazioni di affetto e stima che mi avete dimostrato in questo periodo che precede la chiusura e che non mi aspettavo davvero avesse tanta risonanza, in fondo, forse, non sono che uno che ha fatto del suo meglio”.
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Grazie…
I tuoi saluti sempre sorridenti, in ogni momento, la tua gentilezza, il tuo modo garbato e rassicurante di parlare, il tuo ricordarti sorprendentemente sempre tutto (da piccola mi stupivo… eri uno dei pochi a non confondere il mio nome con quello di mia sorella quando da bambine passavamo le giornate davanti i negozi di quel tratto di via Roma), le tue vetrine ogni volta originali, con dettagli sorprendenti… Pensare di tornare a Castelnovo e vedere quelle serrande chiuse mi mette un po’ di tristezza… Però grazie… grazie dell’attenzione che non solo hai sempre messo nel tuo lavoro, ma soprattutto nei rapporti con le persone…
Ci vediamo in giro… 🙂
(Laura)
Tanto di cappello…
Questo vuol dire che ci vedremo più spesso dietro casa tua, a passeggio coi nostri cani… Ciao Giorgio. Tanto di CAPPELLO…
(u.g.)
Chiude il salotto Simonazzi
Ciao Giorgio, il tuo negozio ci mancherà molto. Dico il tuo negozio perché la tua amicizia gentilezza e disponibilità non verranno mai meno. Il tuo negozio era diventato per me, vecchio appassionato di moto, un luogo dove incontrare te e gli amici pure appassionati di moto e motori. Permettimi di ringraziare Cristina per il fedele e bel tracciato di vita e storia di Castelnovo.
(Ermete Muzzini)
Ci sarà un vuoto…
Una… cappellata… di grazie a Giorgio. Ci mancherà la sua professionalità e competenza ma soprattutto la sua gentilezza. Era un obbligo, passando in via Roma, fermarsi a dare un’occhiata e scambiare due chiacchiere e un saluto. Ci mancherà…
(Luciano Correggi)
Tanto di cappello!!!!!!!!!!
Un saluto a Giorgio che cessa la sua attività senza troppa malinconia ma con tanto affetto. Un bravo commerciante e una bella persona. Nel passeggiare per via Roma come non fare una sosta da Giorgio, accidenti!!!!!
(Paolo Ruffini)
La Sarzassa perde un valido commerciante, rimane però l’amico con il quale spero di condividere ancora un po’ di anni della vita. Appena posso ti raggiungo nel marugaio.
(Gianni Zannini)
Grande!!!
Caro Giorgio, credo siano state poche le volte che passando davanti al tuo negozio tu non abbia salutato con un cenno, una parola o due chiacchiere. Nel tuo locale trovavo ancora l’unico berretto che porta il mio papà… Ci mancherai sicuramente, ci mancherà la tua professionalità e la tua gentilezza. Ci conosciamo da tanto tempo e lo spero ancora per molto, sei grande!!!!
(Maria Grazia Colombari)
Dopo tanti anni di duro lavoro credo che un poco di meritato riposo ti sia di diritto. Vorrei comunque rassicurarti che senza l’assillo degli orari si “resiste” bene. Assieme a mio marito Giorgio ti auguriamo buona salute affinchè tu possa goderti tutto ciò che desideri fare da ora in avanti, anche assieme a Neva.
Auguri di cuore.
(Paola Bizzarri)
P.S. – Silver non c’è più.
A che ora apre quello dei cappelli
Un altro pezzo di storia di Castelnovo se ne va, quanti nuovi negozianti avranno la voglia e la volontà di condurre un negozio per tanti anni? Con Giorgio ho condiviso una vita sia come amico sia come collega; quante volte abbiamo parlato dei problemi del commercio e dei commercianti. Ora la mattina quando aprirò il negozio e passerà “l’omino” e mi chiederà: a che ora @Crevle quel di capee#C… cosa gli risponderò? Porta pure la Neva a far pipì, gli dirò che oggi aprirai più tardi!!!
(Gianni Leurini)
Un grazie a Giorgio per l’amicizia sempre dimostrata e per la professionalità che l’ha sempre distinto. Mi dispiace vedere chiudere il tuo negozio ma capisco che dopo tanti anni sia giusto che tu ti possa dedicare maggiormente al marugaio e speriamo anche ad altro. Tanti, tanti sinceri auguri.
(Nazzareno Meschieri)
P.S. – Ti devo però fare un’appunto in quanto nei “personaggi” clienti menzionati ti sei dimenticato di uno, senza fare nomi, che ti chiedeva continuamente una “paglietta”. Naturalmente scherzavo.
Ciao, grande Giorg.
Tornare a Castelnovo (come mi capita ormai da qualche anno) e non poter più passare dal negozio per salutare il mitico Giorgio mi mancherà. Di Castelnovo conservo tanti bei ricordi, tu sei uno di quelli.
Ciao Giorgio, adesso che sei più libero ti aspetto in… Terronia.
Con affetto.
(Elisabetta)
Complimenti a te, zio, che hai gestito per tanti anni l’attività e a chi ha scritto l’articolo, perchè ha saputo cogliere nel racconto il sapore d’altri tempi. Ricorderò sempre con tenerezza quando da bambina mi stupivo davanti alle vetrine natalizie (non dimenticherò mai quella con la slitta in legno) o andavo a “scartabellare” dietro al bancone alla ricerca delle carte colorate e dei nastri da ragalo, o, ancora, giocherellavo con gli strani oggetti che trovavo (la forma per i cappelli, l’attrezzo per fare i buchi alle cinture, le fasce di gommapiuma che proteggevano i nuovi cappelli).
(Chiara Simonazzi)