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Lettera / Ci scrive Antonio Roccuzzo: “Complimenti a studenti e insegnanti dell’Istituto ‘Cattaneo'”

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Cara redazione, vorrei intanto ringraziare voi dell'attenzione riservata al mio lavoro e al mio libro, per ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile e pieno di contenuto il mio incontro con i ragazzi del "nostro" Appennino. E vorrei ringraziare primi tra tutti proprio i ragazzi del Cattaneo, al di là di credo religioso, razza, fede politica, gusti musicali o estetici e appartenenza di gruppo. Dico, da siciliano, nostro Appennino perché la mia esperienza da cronista per 5 anni nella provincia di Reggio Emilia mi ha lasciato un senso di appartenenza e un orgoglio che non dimenticherò né rinnegherò mai. Da quell'esperienza in poi mi sono sentito più appartenente ad una comunità nazionale e ho imparato che esistono i "vulcani" civili della mia disgregata terra di origine, ma esiste anche il fervore civile (che non ha nulla di politico in senso stretto) dell'Emilia-Romagna.

Quel fervore l'ho ritrovato nei ragazzi del Cattaneo, nelle loro domande semplici (le migliori e le più giuste) e nella loro voglia di capire e di conoscere. La scuola, almeno questo, dovrebbe insegnarlo: fare domande, avere dubbi e avere risposte sincere. E' esattamente quello che ho trovato a Castelnovo, tra i ragazzi e negli insegnanti che provano a fare funzionare questa scuola non solo come un "esamificio" dove si applicano circolari ministeriali ma dove si cerca di capire la società e i suoi problemi. E ciò anche grazie ad una rete sociale, il Teatro Bismantova primo fra tutti, che permette occasioni di confronto. Io a questo dettato "scolastico" mi sono attenuto in occasione dell'incontro a Castelnovo ne' Monti.

Rivendico il mio diritto di esprimere - al pari dell'ingegnere Filippi - le mie idee, con correttezza e chiarezza, lasciando ampi margini di dubbio e di libera interpretazione a chi mi ascolta. E rivendico il dovere di lanciare tutti gli allerta che la mia professione deve (dovrebbe?) lanciare sui pericoli che la nostra collettività nazionale corre in questo periodo della nostra storia. Nel mio libro, niente affatto assolutorio rispetto ai problemi di Reggio e provincia, ho provato a lanciarne almeno due: il pericolo dell'infiltrazione mafiosa e la perdita dell'identità che ha fatto dell'Emilia un modello "amministrativo" e di concretezza per tutta la nazione. Al di là del fatto che si tratta di un modello creato in decenni dal centrosinistra, questo modello funziona perché dà risposte concrete ai cittadini. Perfino Filippi dovrà certamente mettere nel suo programma elettorale la tutela degli asili nido o delle strutture associative che gestiscono impianti sportivi o spazi collettivi e dovrà promettere l'attivo di bilancio. Perché la gente emiliana rivendica quei servizi che funzionano.

Ma restiamo al primo punto, quello dell'infiltrazione mafiosa anche nella civile Emilia. Temo che le polemiche servano a distrarre il dibattito collettivo dal problema: dire che la mafia è arrivata e si è insediata anche nel cuore dell'Emilia, significa chiamare la società locale ad affrontare questa "ipoteca" pesante sul futuro della "nostra" terra emiliana. I ragazzi del Cattaneo lo sanno, temono quel futuro e non vogliono nascondersi dietro un dito. Vogliono sapere come creare gli anticorpi per debellare quel "male".

Parlarne e capire cosa accade - senza fare inutili polemiche politiche - è l'unico antidoto a questo male pervasivo di cui il mio sud è portatore non sano.
I ragazzi del Cattaneo e i loro prof, ma anche tanti dirigenti di associazioni o istituzioni locali, questo problema lo hanno capito e vogliono conoscerlo e denunciarne i pericoli. Lo fa, da presidente della camera di commercio, Enrico Bini (al quale va la mia solidarietà) e mentre lo fa subisce attacchi: dire che la mafia calabrese si è insediata a Reggio (come dimostrano processi e investigazioni di ogni genere ormai) non significa dire che tutti i calabresi di Reggio Emilia sono mafiosi, ma significa chiamare i calabresi onesti che vivono a Reggio a denunciare e a partecipare al dibattito sulla liberazione dalla mafia su tutto il territorio nazionale e anche a Reggio. Chi non lo fa e grida all'attacco all'identità calabrese e alla discriminazione fa finta di cancellare e vuole rimuovere dati, cifre, cronache quotidiane sulla Calabria e anche sulla mia Sicilia.

Chi non ne fa una "battaglia" politica quotidiana si rende complice - anche a Reggio - di quella rimozione. I ragazzi e i prof del Cattaneo vogliono sapere e capire perché non vogliono essere complici.

Spero che il nostro incontro sia stato utile almeno a seminare un seme di conoscenza e dunque di speranza.

(Antonio Roccuzzo)

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