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Gatta-Pianello / Giovanelli risponde a Marazzi

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Fausto Giovanelli risponde a Sauro Marazzi. Ecco il testo della lettera affidata alla stampa.

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Egr. Sig. Marazzi,

partiamo pure dalle “50 famiglie”, cioè dall’argomento più forte e importante che lei ha speso. Se di questo davvero si trattasse, alzo le mani. Ma è così? Non credo. Proprio no! La parte di alveo interessata dal Parco (sulla quale sono previsti interventi di manutenzione e movimentazione già in corso, ma non la cessione commerciale della ghiaia in cambio di opere) riguarda meno di un ventesimo degli inerti del bacino del Secchia. Vuol dirmi che il lavoro della CEAG dipende dalla destinazione di questa piccola parte? Non posso crederlo.

Del resto lei sa che i limiti, peraltro già vigenti, alle escavazioni in alveo dipendono dalla Regione, dal PAE e dall’autorità di bacino e non dal Parco. E’ da lì – e non dal Parco - che si traggono le concessioni – dalla cava di Collagna a quella di Corea di Ligonchio. Perché allora non si rivolge ai veri “custodi” e titolari dei vincoli e delle concessioni? Un imprenditore delle escavazioni, come lei, sa benissimo che “business is business” ma anche che ci sono dei limiti di interesse generale nel suo campo come in altri. E l’importante è che siano uguali per tutti, Ceag e concorrenti.

Comunque non mi dispiace Lei si rivolga al Parco dicendo di attendersi un qualche sostegno alle imprese del territorio montano. In effetti essere un valore aggiunto per l’Appennino è nella mission del Parco nazionale, così come lo è la tutela dello straordinario ambiente dei Gessi Triassici. A ben vedere anche questa “tutela” è volta a creare valore e a sviluppare nuovi turismi, occasioni di lavoro, valorizzazione dei borghi e delle attività delle aree circostanti, nell’ottica dell’apertura di nuovi circuiti economici di cui c’è bisogno.

Ma capisco il momento: tutto è difficile, calano gli ordini, c’è cassa integrazione per migliaia di famiglie. C’è crisi – e dura – per i comparti ceramico e meccanico.
C’è poco tempo per pensare ai parchi ed è facile sparare loro addosso. Eppure Parchi e beni culturali, per la crisi italiana non sono il problema, al contrario sono parte della soluzione. Non sono all’origine delle difficoltà e, viceversa, possono essere risorse per creare valore e lavoro, recuperando competitività in settori – come quello dei nuovi turismi , che anche nella crisi in corso sono in crescita – nonostante il calo del Pil (-5%) e il calo ancora più forte dell’industria manifatturiera. Mentre operiamo sul presente – stringendo i denti dobbiamo anche guardare avanti, innovando e incoraggiando i circuiti economici in potenziale espansione, investendo sulle risorse e i territori sottoutilizzati. L’Appennino e i Parchi sono una di queste.

Col documento sulla Gatta-Pianello il Consiglio direttivo del Parco non ha affatto lanciato nuovi vincoli. Ha proposto, nero su bianco, un “tavolo di concertazione” e “un protocollo per la manutenzione congiunta della pista e dell’alveo”. Sarebbe questo il fondamentalismo? La minaccia all’occupazione? Dunque non forziamo. Dialoghiamo piuttosto...

C’è chi attribuisce al Parco un secolo di abbandono dell’Appennino e della montagna. E’ un falso clamoroso che scarica le sconfitte del passato sui progetti del futuro. Semplice prendersela con il Parco nazionale. Ma poi per il futuro del crinale cosa si propone di meglio e di più attraente? Essere periferia? Magari periferia di Sassuolo? Non mi sembra una buona idea per convincere i giovani a investire la loro vita e le loro capacità in Appennino.

(Fausto Giovanelli)

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