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Mobbing a Collealto

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Una storia come tante. Per parlare di sé. Della propria vita. Delle proprie tribolazioni. Una storia scritta in modo liscio, che si legge d’un fiato in poco tempo e, quasi, sembra quasi autocomporsi via via. Una specie di diario – come annota Giuliana Sciaboni nella prefazione – ma buttato giù come in terza persona. Eppure si tratta di una storia del tutto personale, che racchiude il dramma intimo di un’anima che cerca di sopravvivere tra i propri simili; che sogna il principe azzurro; che riesce, tra alti e bassi, a costruirsi una famiglia.

“Costantemente si avverte il valore e l’importanza attribuita alla famiglia e soprattutto ai figli e si percepisce la profonda credenza dell’autrice in saldi principi morali, non assunti a priori e vuoti di significato, bensì fatti propri, calati nella vita quotidiana e concretizzati nella sua esistenza effettiva”.

E’ la vicenda di Lavinia (anche questo un nome di comodo), nata e cresciuta in un mondo che è ancora quello contadino della nostra montagna, qualche decennio addietro, dal quale deve uscire per poi fare i conti con il mondo esterno: collegio, amicizie, lavoro. Soprattutto quest’ultimo (è impiegata comunale) le renderà dura la vita: da esso fuggirà non appena maturato il diritto alla (“baby”: ancora c’era) pensione.

Nella storia narrata vengono sottolineati tra l’altro il sistema di fatto vigente delle raccomandazioni pubbliche per ottenere posti e promozioni pubbliche e l’ipocrisia per ingraziarsi chi può farci comodo. Poi il tema principale: i maltrattamenti sul posto di lavoro, detto, all’inglese, mobbing. “Rapportato ai gravi problemi che sconvolgono e fanno tremare quotidianamente il nostro mondo contemporaneo, quello del mobbing può sembrare di poca rilevanza, tuttavia esso non deve essere affatto sottovalutato”, scrive sempre la Sciaboni nella prefazione. “Innanzitutto i grandi problemi nazionali ed internazionali non potranno mai essere risolti se ancora in un piccolo paese del mondo occidentale settentrionale, evoluto, democratico e liberale, sono ammessi maltrattamenti sul lavoro, regnano sovrani soprusi e prevaricazioni del più forte e del più immanicato politicamente, sul più debole, ingiustizie sul singolo individuo vengono taciute nell’omertà ed egli non trova il coraggio di difendere e far valere i suoi diritti e pretendere il dovuto rispetto”.

Gran parte delle circostanze reali resta oscura, naturalmente, ma chi legge non farà fatica a identificare alcuni nomi di paesi, seppure anch’essi celati sotto false spoglie. E si potranno così intendere in controluce le sofferenze di (immaginiamo) tante persone che incontriamo ogni giorno, dietro la cui maschera dignitosa forse non immaginiamo situazioni spesso molto difficili da reggere.

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D. Soprani, Una storia come tante (quando lavorare rende le giornate amare), Giraldi editore, 2009