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Il crinale protagonista dell’ultimo libro di Giovanni Lindo Ferretti

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SASSALBO (28 dicembre 2009) – “Le pagine che seguono sono tappe del mio cammino; in parte a ritroso in un passato che non si esaurisce, non è remoto; e il futuro, quando c’è, svela tracce d’anteriore. Ogni capitolo è un pellegrinaggio verso un luogo, un momento, un incontro. Una o più parole lo identificano, ne tracciano il confine, lo raccontano”.
Questa la prefazione dell’ultimo libro di Giovanni Lindo Ferretti, “Bella Gente d’Appennino”, edito da Mondadori, che verrà presentato martedì 29 dicembre alle 17 alla sede del Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano a Sassalbo.

All’incontro con l’autore interverranno Fausto Giovanelli, presidente del Parco nazionale, Clementina Santi, presidente dell’associazione Scrittori Reggiani, e Giuseppe Vignali, direttore del Parco nazionale. Coordina Gabriele Arlotti, giornalista. “Una presentazione che vuole anche essere un momento di riflessione e di scambio di opinioni sulla realtà montana e sul futuro del crinale appenninico” spiega Fausto Giovanelli. Il libro, infatti, ripercorrendo la storia personale di Ferretti e dei suoi avi, offre importanti spunti di riflessione sul territorio del crinale e, in particolare, sul suo legame con una tradizione che, secondo l’autore, rischia di perdersi inghiottita dalla modernità. Uno sguardo sull’Appennino intriso di malinconia per un tempo che non ritornerà e d’amore per le radici che hanno portato Ferretti a tornare in montagna e stabilire la sua dimora a Cerreto Alpi.

“Non posseggo molte parole – scrive Ferretti – ma queste poche sono mie, le ho ricevute, le vivo e riscrivo e solo la morte sigillerà il racconto. Ne faccio commercio, ne faccio dono. Le riconsegno. Ogni parola corrisponde a una lettera dell’alfabeto a ricostruire il mio personale abbecedario: d come dimora, c come cavallante, i come incarnazione, b come bottega, s come sepoltura, e come esilio, p come persone (politica), a come Appennino”.

IL RETROCOPERTINA DI CANORRO
Nel silenzio delle montagne G.L. Ferretti ritrova la sua vera voce

“Non posseggo molte parole, ma queste poche sono mie, le ho ricevute, le vivo e riscrivo e solo la morte sigillerà il racconto”. Questo l’incipit del nuovo libro di Giovanni Lindo Ferretti, Bella gente d’Appennino (Mondadori; 204 pagine; 17,00 euro), ex leader di CCCP/Fedeli alla linea, CSI e PGR ed ex simbolo del movimento punk-filosovietico. Terra di strane creature, l’Appennino: cacciatori di frodo, poetesse analfabete, forgiatori di campane, preti solitari, ex brigatisti in fuga. Nel lento ritmo che scandisce la vita nella natia Cerreto Alpi, borgo emiliano dove si è ritirato da anni, Giovanni Lindo Ferretti, classe 1953, ritrova l’equilibrio interiore, pur non rinnegando niente del suo passato. Bella gente d’Appennino, che segue l’esordio letterario Reduce (Mondadori, 2006), racconta la serena maturazione di un asceta contemporaneo, contraddistinta da meditazione e incontri con persone tanto semplici quanto straordinarie.

(Massimo Canorro)

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5 COMMENTS


  1. Giovanni Lindo Ferretti oltre che scrittore è ormai un “pensatore d’Appennino”. Ecco un esempio del suo pensare.
    Al direttore (Giuliano Ferrara) – Tengo il “Manifesto della destra divina” sul mio tavolo, a portata di mano destra e la copertina bianca s’è già scollata per l’uso, s’è ombreggiata e imbrunita perché in concomitanza col surriscaldamento globale qui fa un freddo niente male: tutto un maneggiare legna e attizzatoi, giorno e notte. Dovrò rilegarlo in cuoio per salvaguardarlo. Camillo Langone già da tempo s’è intrufolato nei miei pensieri. Se fossi una valle Lui sarebbe un boscaiolo capitato per caso che si è costruito una capanna poi ha seminato l’orto. La capanna è diventata casa e sono spuntati stalle e recinti. Adesso ha eretto solide mura tutt’intorno: è una fortezza.
    Al centro dell’insediamento c’è una Chiesa con cripta e campanile, vi si officia una divina liturgia (cinque candele cinque messali). Sui suoi stendardi ha impresso l’arma: difendi conserva prega! Se fossi una valle ne sarei felice e onorata. Sono un uomo, montano italico cattolico romano, leggerlo mi consola, mi sprona, mi rasserena.
    C’è un Creatore, la creazione, le creature. Creazione e creature vanno difese, conservate e questo è possibile solo in relazione al Creatore. Le creature, a se stesse, s’infiammano e sopiscono tra i migliori sentimenti e gli istinti peggiori o avvizziscono in insignificanze. La creazione sovrasta e annichilisce ogni creatura. I summit poi, che ridicola figura! Babele aveva una torre, queste son bolle e balle. L’unica armonia possibile è nella causa incausata d’entrambi, cioè Iddio. Il giusto timore non guasta e se c’è salvezza è nell’amore infinito che ha reso possibile l’Incarnazione. Altra verità non c’è. Camillo Langone lo sa e lo dice bene, forte e chiaro. Sa anche dei piaceri: gusto tatto olfatto udito vista, e tocca a lui compilarli in maccheroniche paginate per noi zotici ignoranti.
    Nel tempo del tramonto di quella che fu Europa, la Cristianità d’Occidente, come monaco irlandese del tempo dell’alba radiosa dà corpo e voce alla consapevolezza che: Dio è corazza dei forti. Che sia poi l’unico giornalista omofobico dichiarato a commuoversi con le lacrime agli occhi per le parole dell’omosessuale italiano per eccellenza del secolo Ventesimo, a comprenderne l’ineluttabile necessità poetica e sociale, contribuisce a fare di questo nostro paese, la nostra Patria, un patrimonio reale dell’umanità che non può essere lasciato in balia di una salvaguardia con marchio Onu o, peggio, di una Corte costituzionale europea che pretenderebbe di ridurlo, per imposizione giuridica, a uno sciatto scialbo staterello, una specie di Belgio senza neanche il re ma con molti delfini, altrettanto pavidi, bramosi di autoincoronarsi. Roba da invidiare la Svizzera che sta risalendo nella mia classifica e, adesso che si sa: Mariarosa Mancuso è cittadina elvetica, chi la ferma più.
    Altra meraviglia di questo nostro paese, la meraviglia contempla sempre un che di stupore e sorpresa, è il presidente del Consiglio, “l’amor nostro”, non mio. L’ho votato, lo voto, ma ogni volta io e mio zio, l’eterno democristiano di famiglia, ci giochiamo chi vota il Cavaliere e chi la Lega. Troppe cose ci dividono da entrambi, solo non vogliamo lasciare il governo nelle mani della sinistra (ex tutto, pro ogni anti) e dei cattolici cresciuti e invecchiati in spocchia e coscienza.
    E’ l’impatto estetico che mi rende alieno il Cavaliere, per questo mi sono sentito punito quando l’ho visto sdentato e sanguinante risalire sul predellino: coraggioso. Cribbio! Cavaliere, le mie felicitazioni. Lei è uno scandalo salutare in questo mesto contesto istituzionale. Prego per Lei; che Dio l’illumini e la sostenga. E bisogna pregare per l’Arcivescovo di Milano che non trova una immediata parola per un gesto umanamente odioso e socialmente devastante, compiuto sotto casa usando una riproduzione di quel Duomo di cui è responsabile e garante di fronte a Dio e agli uomini. Un brutto segno dei tempi e non è un problema politico ma, oserei dire, liturgico. L’avvenuta vanificazione di ogni valenza simbolica di parole e gesti. L’accettazione che l’interesse economico, quello politico e una generica bontà sono il solo collante della società. Caro Langone, oltre la “preghiera” quotidiana ti toccherà predicare ogni settimana.
    E’ il Santo Natale: dovere dei cristiani non è essere buoni, categoria morale alquanto confusa, ma piegare le ginocchia in adorazione di fronte al mistero della vita, della salvezza: l’Incarnazione.
    Suo devoto, Ferretti Lindo Giovanni”.

    @CIl Foglio#C, 22.12.2009

    (Commento firmato)


  2. Non potrebbe essere il personaggio invocato dal sig. Fulminant La Penna in altra parte di questo giornale telematico? Poi, trattandosi di “ex”, garantirà certamente adeguato furore come si evince dalla lettera al “Foglio”.

    (Ellebi)


  3. Ho ascoltato Giovanni Lindo Ferretti leggere una parte del suo libro. L’emozione è stata davvero forte. L’ho seguito fin da quando fu ospite alla trasmissione di Ferrara; alla presentazione del libro mi sono semplicemente sentito onorato di vivere sullo stesso Appennino. La profondità del suo pensiero entra con forza nell’anima di ognuno di noi.
    Grazie, Giovanni Lindo.

    (Romano Albertini)

  4. Un montanaro che sa veramente amare la sua terra
    Amare è abbracciare totalmente la sua amata, nel bene e nel male. Giovanni Lindo Ferretti, tu sei il nostro esempio, il nostro simbolo di montanaro che poco alla volta ha rivalutato la nostra terra, la nostra cultura, le nostre tradizioni senza escluderne nessuna. Ci hai nuovamente fatto capire che la giornata inizia col suono della campana e muore col suono dell’Ave Maria alla sera, quando le stelle e la luna
    prendono il posto del sole. Tu ci hai nuovamente mostrato la saggezza dei nostri anziani e come loro siano per noi persistente esempio di vita ed archivio vivente delle nostre genuine tradizioni e specialmente dei valori che spesso tendiamo a trascurare e dimenticare. Grazie Lindo per questa nuova opera che sicuramente sarà faro per la nostra montagna.

    (Bruno Tozzi)