Home Cultura “Delitto di Cogne: ecco la verità”

“Delitto di Cogne: ecco la verità”

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Verrà presentato mercoledì 2 dicembre, alle ore 21, alla libreria All’Arco in via Emilia Santo Stefano a Reggio Emilia "Il processo imperfetto. La verità sul caso Cogne", ultimo clamoroso libro di Luciano Garofano, ex comandante del Ris di Parma, che racconta i retroscena di quel processo che si è svolto non solo nelle aule di tribunale, ma anche nei salotti televisivi. Coordina il giornalista Gabriele Arlotti e intervengono numerose autorità.

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Generale, perché ha deciso di scrivere questo libro?
Il libro è servito a raccontare la vera storia dell’omicidio di Samuele Lorenzi e tanti episodi, circostanze e particolari che la gente non conosce e che fanno di questo evento un caso unico nel panorama italiano. Ma è servito anche a svelare i tentativi subdoli dell’avvocato della difesa, Carlo Taormina, che facendo squadra con consulenti e giornalisti compiacenti, ha tentato in tutti i modi di togliere valore ai risultati dell’indagine dei Ris. Visto che la gente non lo sa, con questo libro ho voluto rappresentare quello che si è verificato e si sta verificando tutt’ora dietro a una vicenda drammatica come quella di Cogne, dai tentativi di depistaggio, a tutti gli attacchi contro il Ris e nei miei confronti, per cercare di screditare con modalità subdole e infondate le prove scientifiche su cui si basa l’accusa. Intendo raccontare i fatti.

Questo suo libro ha messo su tutte le furie Taormina. Proprio da una sua denuncia è partita l’indagine nei suoi confronti per truffa ai danni dello Stato, abuso d’ufficio e falso ideologico.
Sapevo che con questo libro avrei potuto suscitare certe razioni, ma per me l’importante è far capire alla gente chi è quell'uomo. Le persone devono capire che da 7 anni a questa parte io e gli uomini del Ris siamo esposti a continue pressioni e calunnie. Anche in quest’ultimo caso, nei miei confronti Taormina ha inventato accuse false di cui non sono responsabile, perché ho sempre fatto solo il mio dovere. Però, sono invenzioni che colpiscono le persone e mi screditano ai loro occhi. Ma lo sconfesserò e dovrà pagare questo suo comportamento scorretto e denigratorio.

Perché ha definito quello di Cogne un processo imperfetto?
Perché in Italia non esistono scuole per formare gli "addetti ai lavori" che dovranno valutare le prove scientifiche. Il processo quindi diventa imperfetto per mancanza di conoscenze degli esperti, dei giudici e degli avvocati, che non riescono immediatamente a capire chi dice la verità. Tutto questo viene amplificato dai media, che in molti casi hanno riferito ciò che un avvocato poco corretto raccontava di ignobile e falso: il risultato finale è una rappresentazione artefatta della realtà che, però, è diventata per molti la realtà stessa.

A proposito di media, quanto il processo mediatico influenza quello giudiziario?
Il rischio è ancora limitato, ma è il momento di fermarci. Il processo mediatico causa pressioni e rallentamenti su quello giudiziario, che possono avere influenze rilevanti soprattutto sui giudici popolari. I giudici togati sono più abituati a questo tipo di situazioni, ma sono comunque persone e a nessuno fa piacere lavorare sotto pressione. Il rischio ultimo è quello di far perdere fiducia ai cittadini nella giustizia.

Situazioni analoghe?
Lo stiamo vivendo anche con il caso Garlasco. Perizie, controperizie, smentite; la realtà viene confusa a tal punto che le persone non riescono più a capire cosa sia attendibile e perdono fiducia nella prova scientifica e nella giustizia.

Perché Cogne, rispetto ad altri casi, ha suscitato così tanto interesse nell’opinione pubblica?
Sia da parte dell'imputata che del suo avvocato c’è stata una forte propensione all’esposizione mediatica, una ricerca spasmodica di visibilità televisiva per raccontare una verità di parte in modo da tenere acceso il dibattito su un argomento che già di per sé suscita interesse. Nessuno di noi, infatti, può accettare tranquillamente che una madre, che genera la vita, possa anche toglierla; è un’idea che urta il nostro senso morale. Tuttavia in altri casi di infanticidio l’attenzione è durata al massimo una settimana perché la difesa non ha cercato visibilità televisiva, come è successo invece con Cogne.

Lei ha seguito molti vicende di cronaca famose, come Novi Ligure, via Poma, Garlasco. Cosa l’ha colpita di più di questi casi?
Ogni caso è differente ma in tutti mi sono reso conto di quanto l’Italia sia ancora indietro per quel che riguarda l’affermazione della prova scientifica, come il Bpa, Blood pattern analysis, cioè lo studio delle macchie di sangue, fondamentali per la risoluzione del caso Cogne. Questo è dovuto sia alla mancanza di esperti competenti in materia sia perché spesso la prova scientifica non viene capita nemmeno dai giudici e quindi non riesce a esprimere tutta la sua efficacia.

Quanto la fiction sui Ris ha contribuito a far conoscere alle persone il vostro lavoro?
Noi abbiamo risolto diversi casi, anche legati al passato, e per questo la gente ci ha cominciato ad apprezzare. Poi è arrivata la televisione che ha colto e rilanciato questo interesse.

Ora che si è dimesso dal suo incarico al Ris, cosa andrà a fare?
Le stesse cose che ho fatto fino adesso: ho 32 anni di professione in questo settore. Continuerò a insegnare agli studenti, ai giovani e ai professionisti l’analisi delle tracce raccolte. Mi occuperò di altri casi, visto che potrò essere chiamato come esperto sia dai magistrati ma anche dalle difese. E continuerò a scrivere.