Cinque ben precise piste di impegno e di lavoro, una sorta di pentalogo, ha indicato il vescovo Adriano alla Chiesa reggiano-guastallese sabato sera, concludendo il convegno su “lavoro, impresa e responsabilità per il bene comune”. Le ha fatte precedere da due secche affermazioni: la solidarietà non è un optional, ma una virtù, come ha affermato Benedetto XVI nella “Caritas in Veritate”; la Chiesa è esperta in umanità, come disse Paolo VI.
Questi i cinque volti di Chiesa che mons. Caprioli vuole: attenta ai grandi temi sociali che appartengono al primato della persona; che educa alla cultura del lavoro; che educa i giovani al lavoro e alla professione; che cerca di comprendere gli interessi sostanziali di intere categorie operanti nella società; che è capace di andare sul territorio.
E poi l’annuncio: il prossimo 14 dicembre sarà presentato dal vescovo agli amministratori pubblici, alle istituzioni e ai cristiani impegnati in politica e nel sociale il documento “Ridisegnare il volto della città dell’uomo, verso quale speranza”, preparato insieme alla commissione diocesana per l’impegno sociale e politico. Un documento che richiama l’immagine del “sindaco-santo” Giorgio La Pira, che ebbe ad affermare “Il mondo appartiene a chi gli offre la speranza migliore” e che nell’omelia di S. Prospero troverà certamente anticipazione.
Mons. Caprioli, sempre sabato sera, ha ancora una volta richiamato i fedeli laici alla loro specifica missione: impegnarsi per la costruzione di un ordine giusto nella società italiana. L’agire in ambito politico è compito dei fedeli laici illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa. Nel suo discorso il vescovo Adriano è tornato nuovamente ad insistere sulla preoccupante incidenza che i nuovi modi di lavorare hanno sulla vita e i tempi di famiglia; ha chiesto di sostenere la scuola e la formazione professionale; di incoraggiare i giovani a diventare protagonisti nel lavoro e ad assumere responsabilità verso se stessi e gli altri. Ha poi anticipato che nell’ambito della visita pastorale in corso alla città, l’anno prossimo sono previsti incontri con i vari ambienti di lavoro.
Mons. Caprioli, a proposito della Chiesa che va sul territorio, “che esce dal tempio”– come affermò all’inizio del suo episcopato- è poi ritornato su un tema che gli sta particolarmente a cuore: la valorizzazione e la promozione dei centro culturali. Questi vanno intesi non come “salotti buoni”, ma come privilegiato “osservatorio della realtà locale in grado di effettuare un costante lavoro di ricognizione sui fatti inerenti alla vita dei nostri paesi, difendere e anche rappresentare gli interessi del territorio, i comportamenti che toccano i valori di tradizione e di cultura locali – lavoro e casa, lavoro e festa, lavoro e cittadinanza, lavoro e viabilità”, problema quest’ultimo messo in evidenza durante la visita pastorale alle parrocchie della montagna perché proprio l’attuale viabilità incide in modo notevole anche sui tempi della famiglia.
Insomma, se si dice che la cultura ha un alto costo, è altrettanto evidente che è la non cultura ad avere un costo ancora maggiore.