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Una capitale che smobilita

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Vetto si vantava d’essere la capitale della Val d’Enza e d’avere la diga più grossa. La diga non è mai arrivata e la capitale nemmeno. Allora ci si mise a sperare nel Parco nazionale, ma non se ne vedono tuttora i confini.
Intanto, s’arresta il treno dell’unica ceramica e lascia a terra più di cento famiglie. La Diocesi, previdente dello sconquasso in arrivo, ha trasferito don Castellini in pianura e affidato le parrocchie al parroco di Castelnovo.

E dire che da queste parti – stando a una mai sopita noblesse - nell’Ottocento i Vettesi inscenarono una protesta per avere una stazione di Carabinieri. Ora non si sa nemmeno più se vale la pena tenere in piedi il Municipio, pericolante.

Beviamoci e mangiamoci sopra? No, perché nel centro ha chiuso l’ultimo ristorante. Dormiamoci su? Nemmeno ha chiuso i battenti pure lo storico albergo Rossel.
Si spera ancora nelle canoe e nella caccia.

1 COMMENT


  1. Egregio Fulminant, il suo articolo mi è sinceramente piaciuto, ma noi di Vetto non disperiamo perchè oltre alle canoe a alla caccia speriamo anche nel nuovo presidente della Comunità montana che, come Lei saprà, è di Vetto; visti gli ottimi risultati ottenuti nel suo comune saprà dare un contributo per il rilancio non solo del nostro territorio ma di tutto l’Appennino reggiano. Cordialmente.

    (C.V.)