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Valzer di sacerdoti: lo strano caso di Vetto

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Guardando l’ultimo valzer di nomine di sacerdoti in provincia, non si può trattenersi da alcune considerazioni. Da un lato il vescovo Caprioli che, dinnanzi all'inarrestata emorragia di vocazioni ogni anno trova tempi e modi per garantire il servizio pastorale nelle tante parrocchie della Diocesi. Un compito difficile, meritorio e che sicuramente in larga misura attinge ad alcune regole assai chiare nel suo mandato di pastore. Una di questa è quella di fare ruotare i parroci, affinchè la parrocchia sia sempre in cammino, indipendentemente dal conducente. Affinchè il sacerdote abbia stimoli nuovi. Affinchè non si creino legami troppo forti con luoghi e persone. Affinchè sia, insomma, prioritaria la parola del Vangelo sulle persone.

Da quanto leggiamo è sicuramente encomiabile lo spirito di obbedienza e dedizione al proprio servizio con il quale diversi sacerdoti della montagna hanno accolto il trasferimento verso la pianura, anche se per dovere di cronaca registriamo anche il diniego di qualcuno ad affrontare la richiesta - posta con molta delicatezza dal vescovo come domanda e non come obbligo - all’ubbidienza. Sin qui tutto bene.

Lo strano è, però, che ancora una volta sacerdoti che qui "si sono fatti le spalle" e "apprezzare" prendano la via della pianura. Nove anni dopo il clamoroso trasferimento di don Gianni Manfredini alle porte della città stavolta è la volta di don Giordano Goccini, di don Carlo Castellini, di don Pier Luigi Ghirelli… Certo, si dirà, non saranno da meno i sacerdoti che saliranno al loro posto…

Intanto, però, non sfugge il fatto che l’Unità pastorale di Vetto (5 parrocchie) non abbia un parroco assegnato. Di certo si sa solo che l’attuale parte per la pianura in meno di due settimane. Qualcuno ha scritto: “C’era una volta il 'Convegno ecclesiale della montagna'. Che voleva mettere al centro la montagna…”.

(Lettera firmata)

2 COMMENTS


  1. Che fine hanno fatto i parroci che accudivano il loro gregge per tutta la vita, instaurando rapporti profondi e duraturi con intere famiglie, conoscendone, per generazioni, gli affanni e le gioie? Bello sarebbe avere un punto di riferimento religioso e morale che resta inalterato nel tempo. Da quando in qua i legami troppo forti sono un impedimento allo svolgimento dell’opera pastorale? E perchè mai per trovare nuovi stimoli bisogna recarsi altrove anzichè impegnarsi, ogni giorno, a conoscere meglio e a conquistare chi ci è intorno? Rimpiango i tempi in cui il “tuo” prete ti battezzava, sposava e ti accompagnava all’ultima dimora.
    Romanticherie…?

    (Celeste Grisendi)

  2. Si perdono i “pezzi”
    Sono d’accordo con l’intervento, ma vorrei sottolineare in particolare 2 cose:
    1) partono 3 sacerdoti e, ad oggi, nessuno li rimpiazza; domanda: non è che non c’è più nessuno disponibile a venire da noi con il dazio di sobbarcarsi chilometri per girare come trottole tra le varie parrocchie?
    2) il vicariato del crinale si è visto, in meno di un anno, “depredare” di 2 “pezzi da 90” come don Monelli e don Ghirelli senza alcun arrivo. Con tutto il rispetto per chi è rimasto, si ha l’impressione che ci si adatti, anche come Chiesa, al carattere “marginale” in cui questo territorio, così bello e importante, è sempre più relegato da un punto di vista politico e sociale.

    (Commento firmato)