Home Cronaca Pensieri di una notte d’estate

Pensieri di una notte d’estate

4
1

Riceviamo e pubblichiamo.

-----

L’estate favorisce il riposo della mente e del corpo; è il periodo migliore per lasciarsi andare a pensieri positivi in compagnia di amici e famigliari. In una notte di mezza estate è difficile concentrarsi sulle vicende politiche della nostra montagna reggiana, anche quando questo territorio diventa un concentrato di eventi gastronomici, culturali, musicali spesso proposti e finanziati dagli enti pubblici. Dopo il lungo inverno, la bella stagione favorisce la vita comunitaria, gli incontri e la promozione del territorio: ogni cosa sembra più bella e le pecche messe in luce nei mesi precedenti sembrano scomparse. In realtà nulla è cambiato.

Chi governa negli organismi statali non ha intenzione di spendere un euro per le infrastrutture della montagna; chi governa negli enti territoriali continua a delineare un quadro più ottimistico del dovuto. In realtà la viabilità è la stessa di sei mesi fa. In Parlamento qualche membro dell’opposizione attacca l’operato dell’ANAS, ottenendo solo qualche rattoppo dell’asfalto (le cunette sono tutte intasate). In compenso nessun esponente della maggioranza o del Governo ha convocato le assemblee dei cittadini per capire quali sono le reali esigenze dei cittadini della montagna. La nostra provincia ha, inoltre, due parlamentari europei. A chi si devono rivolgere i montanari per essere ascoltati? Aspettiamo che l’inverno dia il colpo di grazia al tratto della SS 63 tra Collagna e Cerreto Alpi.

L’illegalità

Sempre più spesso i primi cittadini si lasciano andare ad affermazioni contro la dilagante illegalità, assicurando duri provvedimenti contro l’accattonaggio e a favore dell’istituzione delle famigerate ronde, fortunatamente disarmate. I sindaci sembrano fare a gara a chi per primo riesce ad imporsi per la mano ferma dimostrata nel garantire la sicurezza dei cittadini. Ma che succederà quando qualcuno aggredirà le ronde, disarmate, a piedi, che svolgono le loro funzioni? Non è difficile immaginare quale sarà la reazione dell’opinione pubblica. La sicurezza è un problema complesso ma lo si continua ad affrontare tentando di arginare i problemi e senza agire sulle cause.

Occupazione

La disponibilità di occupazione in montagna sta calando e i segnali di crisi nel sistema socio-economico sono già evidenti. Bisogna favorire soprattutto economicamente quegli imprenditori coraggiosi che mantengono in montagna le loro attività; le loro imprese devono poter continuare a generare reddito ed occupazione. E’ possibile avere delle cifre sicure riguardo ai cassintegrati ed ai disoccupati della montagna? Quali enti ed istituzioni si occupano di loro? Quante di queste persone godono degli ammortizzatori sociali, e in che misura? Che possibilità hanno di usufruire di attività formative? Perché non vengono organizzate attività di carattere sociale nel settore ambientale, che possano favorire il reimpiego di disoccupati e cassa integrati?

Il sud e l’Appennino

Negli ultimi tempi si sente spesso parlare del “problema del Sud Italia”: alcuni politici minacciano di creare nuovi partiti, il Governo decide un piano straordinario per il Sud. Ma il territorio dello stivale è per la maggior parte montuoso, se si considera la catena degli Appennini che lo segna da Nord a Sud. E’ possibile ipotizzare la creazione di un partito trasversale che si occupi dei problemi e delle criticità dell’Appennino, inteso come insieme di realtà politiche, sociali, culturali economiche e geografiche? Se questo fosse il modo per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica, degli enti locali e dello Stato, perché non tentare? Una riflessione a proposito.

Le cittadinanze affettive del Parco nazionale

Il riconoscimento delle cittadinanze affettive è ormai diventato una moda. Le autorità consegnano attestati a persone che hanno mantenuto particolari legami col nostro Appennino o che hanno vissuto o vivono molto lontano dai luoghi dove sono nati. Si tratta di eventi molto efficaci e molto folcloristici. Sarebbe altrettanto corretto attribuire un riconoscimento a chi ha deciso di vivere in montagna, nonostante le condizioni sfavorevoli. In questo caso si dovrebbe allora prendere in considerazione la possibilità di utilizzare una somma pari ai fondi destinati al Parco nazionale per poter ringraziare in modo appropriato, pubblicamente, gli abitanti giovani e non che scelgono di vivere nella nostra montagna. E ancora si potrebbe istituire la “cittadinanza coraggiosa” a favore in particolare di quei giovani che scelgono di tornare a vivere e costruire nuclei famigliari in montagna. Non servono cerimonie pubbliche. Servono incentivi concreti per incoraggiare la gente a tornare a vivere e lavorare in montagna.

Ecomaratona del Ventasso 2009

Una manifestazione sportiva eccezionale, segnata dallo sforzo e dalla passione degli organizzatori, dal ruolo insostituibile dei volontari e da una notevole partecipazione di pubblico, dove il paesaggio ha un ruolo rilevante. Essa mette quindi in luce ogni anno una serie di eccellenze che sarebbe bene valorizzare e salvaguardare.
Se si ha la pazienza di osservare oltre la superficie si nota però come il degrado ambientale avanzi. Lungo i versanti nord ed est del monte Ventasso aumenta l’incuria del sottobosco, che tende a svanire, ed è necessario creare un nuovo sistema di regimentazione delle acque piovane, perché, attualmente, dalla cima del monte esse giungono fino ai paesi sottostanti. Inoltre molti sentieri sono scomparsi, molte piante di alto fusto come i castagni stanno diminuendo di numero e gli animali selvatici stanno compromettendo tutte le forme di vegetazione. Questa è la vera montagna reggiana per come si presenta agli occhi di chi ci vive. E’ bellissima da ammirare dall’alto, ma se la si considera in profondità e oltre i luoghi comuni non possiamo che lanciare un grido d’allarme.

I caprioli verranno abbattuti

Nei prossimi mesi l’intero territorio reggiano sarà interessato da una smisurata operazione di riduzione di esemplari di caprioli. Si parla di ben 11.000 capi che saranno abbattuti, ma entro il 2010 si stima che ne nasceranno comunque altri 14.000 (dati forniti da Legambiente). Da tempo si discute del problema, ma nessuno lo vuole prendere nella giusta considerazione, affrontando anche una serie di conseguenze che l’inserimento e la moltiplicazione di questa specie ha provocato all’ecosistema: la distruzione delle nuove piante, la diffusione delle zecche, i risarcimenti richiesti dalle aziende agricole danneggiate, la tutela dei luoghi adiacenti ai paesi ancora popolati e il rischio di incidenti stradali. Ma facciamo un po’ di conti: stimando che un capriolo pesa in media 40 kg e i caprioli da abbattere sono 11.000, otteniamo 440.000 Kg lordi di carne selvatica. Di questa, si può supporre che solo il 50% sia adatto al consumo, sempre considerando la relativa commestibilità della carne selvatica. Bisogna quindi chiedersi: dove vanno a finire i 220.000 Kg di carne di capriolo non destinati al consumo? Questa quantità imponente viene destinata al macello? Se sì, dove? Oppure viene distrutta negli inceneritori? Se viene immessa illegalmente sul mercato, a favore di chi? Viene forse destinata all’autoconsumo? Chi si occupa delle analisi della carne che verrà destinata al consumo individuale e collettivo? Come sempre ognuno agisce liberamente, al di fuori di ogni controllo. Peccato che nessuno pensi a trasformare in reddito a favore della montagna i profitti derivanti dall’attività venatoria.

Un mutamento di mentalità si sta facendo strada tra la gente della nostra montagna: la rassegnazione è diventata predominante nel modo di pensare ed agire. Riguarda sia il singolo, che accetta lo status quo senza motivazioni al cambiamento, ma anche la collettività, la quale impedisce alla gente di pensare positivamente al futuro e in un miglioramento realmente possibile. E’ necessaria un’inversione di rotta: non è più sostenibile una politica che agisce per e nel presente, capace solo di programmare azioni nel breve periodo. Bisogna partire dalla situazione attuale per pianificare un’azione futura in grado di dare maggiore stabilità e sicurezza alla popolazione della montagna. Se il cambiamento è difficile da comprendere e accettare perché genera interrogativi, incertezze e paure, è anche giunto il momento di tornare a provare grandi emozioni per provare a cambiare ciò che non funziona. Il desiderio di cambiare e la propensione al futuro sono fonti di energia e rinnovamento per la convivenza civile. Io credo sia necessario accettare questa sfida per rilanciare la nostra montagna

(Giano Bifronte)

1 COMMENT

  1. I problemi della montagna evidenziati, ma per chi?
    Bene! Giano Bifronte, i problemi della montagna sono stati da te evidenziati, ma temo che molti facciano le orecchie da mercante e altri facciano finta di non vedere. Tu hai analizzato la situazione e l’hai resa nota. Chi di dovere si gode le poltrone e prosegue i suoi sonni tranquilli. I montanri intanto fanno i bagagli ed emigrano verso la città. A quando l’inversione di tendenza?

    (Bruno Tozzi)