Non mi sono meravigliato, il mio amico invece sì. E’ stato in autogrill, uno dei tanti sull’autostrada: il personale stava buttando nel contenitore dei rifiuti i panini avanzati. Era al termine della giornata e non si potevano conservare per il mattino dopo. Perché non li date alla mensa della Caritas? Ci sono tanti poveretti, anche anziani, che li mangerebbero volentieri. Niente da fare.
Il mio amico era appena tornato da Addis Abeba, dove aveva inaugurato un teatro con un suo spettacolo da clown e aveva recitato per i ragazzi di strada e visto la miseria che regnava in periferia e nei dintorni. Non si capacitava di questo buttar via roba buona, che lui stesso avrebbe mangiato con gli occhi! Gli ho detto che questo era un “gioco perverso” di tutti i giorni non solo negli autogrill ma nei grandi supermercati!
Abbiamo proseguito il cammino in silenzio, sentendoci anche noi parte di quella società che sciupa, spreca, che è indifferente ai poveri e ai loro problemi, limitandoci a commiserare il ragazzino che muore in una fabbrica abbandonata bruciato dal fuoco, giustificandoci con alibi razionali: “In fondo se l’è cercata lui!”.
Ci arrocchiamo in difesa per paura di essere coinvolti nel problema. Per uno sprazzo di generosità, tentiamo un’adozione purché sia a distanza! Serve a tranquillizzare la nostra coscienza, è comunque un gesto serio di solidarietà per chi scommette la sua vita nella lotta all’ingiustizia della povertà in una delle tante associazioni o movimenti, che si sporcano le mani con i poveri.
Non si chiede di tornare all’essenzialità della vita dei frati che seguivano Francesco, avendo sposato “sorella povertà”, ma almeno l’impegno a non lasciarsi ingabbiare dalle cose, dal denaro che fa immagine ma rimane sempre un padrone duro, mai servo di chi lo possiede per se stesso. Si chiede inoltre una attenzione maggiore ad altri poveri di casa nostra: a chi è vittima di usura o di mutui esasperati dalla crisi, a chi occupa posti di lavoro che non danno garanzia, creando un precariato che non ti permette di mettere su famiglia. Sono i mali dei paesi del G8 perché quelli dei paesi in via di sviluppo sono ben più gravi: di sopravvivenza!
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Solidarietà non solo a parole
Come sempre Don Chiari arriva al nocciolo delle cose, senza tanti giri di parole, senza i “se” e senza i “ma” che da un po’ di tempo vanno tanto di moda. Ha ragione Don Vittorio, pienamente ragione; qualcosa si sta muovendo, ma è ancora poco, ancora troppe parole, troppi incontri, troppa burocrazia. La Caritas fa tanto, ma ha bisogno del sostegno delle istituzioni, delle imprese, dei cittadini. Anche la montagna, come si legge nell’editoriale di Gabriele Arlotti, non è indenne da situazioni di disagio e difficoltà sempre maggiori stanno emergendo. Difficoltà che non necessitano di vetrine o consensi ma fatti concreti, come accordi con supermercati, aziende locali per il riutilizzo di prodotti. O qualsiasi altra iniziativa che possa dare una mano a coloro che sono in difficoltà. Per aiutare ed essere solidali con altre persone qualsiasi sia la loro cittadinanza, provenienza o cultura. Qualsiasi sia la loro scelta di vita.
(Cinzia Formentini)