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Quello straniero che tanto strano non è

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In una società che si sta sempre più fondendo con altre culture il ruolo della lingua straniera diviene centrale. Straniero deriva da strano. Strano è ciò che non è conosciuto a fondo. Ciò che è inusuale. Compito educativo della scuola è accorciare la distanza da ciò che è ignoto, e renderlo conosciuto. Il non conoscere spaventa e provoca chiusura. Se qualcosa appare “strano” porta alla diffidenza. A noi insegnanti spetta un compito nobile: far fare amicizia con lo “sconosciuto” e offrire più opportunità possibili di imparare agli allievi che seguono un processo educativo e formativo. Il come far sì che accada questa amicizia, questa conoscenza è in parte suggerito dai cosiddetti programmi e indicazioni ministeriali. Ma tanto resta all’insegnante che decide le modalità di presentazione dei contenuti da apprendere.

Chi sa di scuola sa anche che sono tempi duri. Invece che vicino ci si trova spesso lontano: lontano dall’imparare volentieri, lontano dalla conoscenza, lontano dallo stare bene a scuola. Da un lato si riconosce tutti l’importanza di imparare a parlare straniero, dall’altra studiare costa tempo e fatica. E mica sempre c’è voglia e motivazione. A chi insegna tocca invogliare, trasmettere, coinvolgere. E’ urgente comprendere che strani e stranieri lo siamo tutti, dipende da dove si parte a guardare.

Così, ragionando a cosa serve sapere l’inglese nella classe 3B della scuola media dell’Istituto comprensivo “Il Tricolore” di Carpineti, abbiamo pensato di fare un progetto per invogliare tutti a parlare inglese: Survival English. Gli studenti hanno provato a simulare una situazione in cui dover sopravvivere all’estero e hanno raccolto un piccolo vademecum di frasi adatte a un ragazzo di quattordici anni. Questo il racconto in sintesi dei ragazzi della 3B.

“Una volta individuate le frasi utili, tutti le abbiamo dovute imparare e saper dire. Intanto la classe ha svolto una interessante ricerca sulle abitudini dei popoli anglo-americani per quanto riguarda il cibo, lo shopping che in alcuni casi può diventare consumismo smodato (la dipendenza dagli acquisti o shopping addiction) e l’esistenza e il significato dei non-luoghi, grandi centri dove le persone transitano ma senza incontrarsi veramente. Alla fine di questo progetto, dopo che abbiamo esposto le nostre ricerche, siamo andati a visitare un noto centro commerciale della città dove siamo stati accolti e guidati in un’accurata illustrazione di come funziona il linguaggio commerciale. La responsabile del centro ci ha più volte ripetuto quanto sia importante sapere le lingue straniere per comunicare, commerciare e fare affari con l’estero. Abbiamo poi mangiato in un ristorante “straniero” ma eravamo a nostro agio, dopotutto non c’era niente di così tanto strano. Siamo tornati a casa contenti, ci siamo sentiti un po’ cittadini del mondo; come si dice, “cosmopoliti”. Abbiamo proprio capito che bisogna imparare non solo le lingue ma anche altri linguaggi per potersi muovere nel mondo. Ci piacerebbe fare altri progetti così e ringraziamo la nostra prof. che ci ha portato”.

(La classe 3^ B della scuola media di Carpineti e Ameya Gabriella Canovi, insegnante di inglese)