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Migranti, i maledetti della terra

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Un'occhiata svelta in su, una botola discreta nel soffitto, un cenno di incoraggiamento di sguardi tutt’intorno e, silenziosamente, capisci all'istante... Bisognerà salire sul tetto. Vestito di bianco, acqua benedetta in mano, in una famiglia di emigranti filippini, padre Jake sale deciso: è il rito della benedizione della casa. Ma, veramente – e chi l’avrebbe immaginato?! - della casa tutt’intera! Gli spiriti del male, è vero, possono annidarsi ovunque; così, in ogni stanza perfino gli armadi si erano aperti al suo passaggio...

È verso sera. Tutto un piccolo gruppo era lì per accogliere, candela accesa in mano, sguardo assorto: una giovane famiglia, i vicini di casa, gli amici venuti da lontano. Mentre per i bambini è un correre dappertutto con la loro candelina accesa su e giù per la moquette e la noncuranza degli adulti. È festa della luce, don’t worry!

Momento sereno di preghiera, ascolto del vangelo: sentire insieme, in silenzio, la presenza di Dio tra queste pareti si fa realtà. Ed è Colui che accompagna i nuovi Abramo degli anni 2000, questi migranti dal Pacifico fino alla periferia di Londra, in un itinerario ancora più lungo e coraggioso... Infine, bella occasione per questa piccola folla di gustare qualche istante insieme, qualche specialità venuta da altri orizzonti, da altri mari, in piedi, su un piatto in cartone simpaticamente in mano.
La benedizione in casa di migranti si fa spiritualità corale, senso di appartenenza, fiducia ritrovata, convivialità aperta... In fondo, una cultura lontana, dei bei volti asiatici che ripetono a se stessi, segretamente, le parole e la speranza del profeta Michea:“Cammina umilmente con il tuo Dio!”(Mi 6,8)

La nostra missione a Londra accompagna il cammino di tre differenti comunità migranti: italiani, filippini e portoghesi. E così, è altra cosa con gli italiani venuti qui nel dopoguerra. È entrare in una casetta dalle tende chiuse, trovare una vecchietta sola, un'immagine cara in argento sul tavolo, due istanti commossi di preghiera... La stessa solitudine, in realtà, che ritrovi spesso in Italia in questo rapido rito di benedizione. Qui però, in verità, pare che il Cristo stesso dica "Tutto è compiuto!" Non tanto finito. Ma completato, piuttosto, raggiunto e realizzato.

“Il mondo è un libro, rifletteva S. Agostino, e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina!” Qui, tuttavia, il loro viaggio è durato tutta una vita... Sì, un cammino di emigrazione, i primi passi eroici fatti con fede e con decisione, una gente che si sentiva allora - ed era la nostra! - come i maledetti della terra, un acclimatarsi lento, lo sbocciare dei figli, un perdersi di vista, la morte del partner...

In fondo, questa benedizione è come un girarsi indietro, per contemplare - con la poca vista che rimane ormai - quanta strada si è fatta! E, dal più profondo del cuore è saper rivivere questo, finalmente, come un grazie. A Dio, naturalmente. A Colui che accompagna la vita di ogni migrante sulla terra con la sua stessa benedizione. Mai potranno dimenticarlo i nostri emigranti nel mondo... E si fa, nei loro ultimi giorni amara, dolce, consolante sensazione.

(Renato Zilio, missionario scalabriniano)