Riceviamo e pubblichiamo.
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Sulle pagine di ieri l'altro di un quotidiano locale abbiamo letto che presidente e vice della nostra Comunità montana difendono a spada tratta il progetto della galleria del Cerreto - replicando alle critiche mosse in proposito da Legambiente - giacché la ritengono un’opera molto importante di collegamento interregionale e di accesso al mare (e viceversa).
Fuori dal loro contenuto, le parole dei vertici dell’Ente comunitario reggiano ci hanno lasciato sconcertati ed increduli, perché seguono a distanza di soli due mesi una seduta consiliare, quella dello scorso 5 dicembre, in cui la loro maggioranza si è in pratica sottratta al dibattito (preferendo arroccarsi dietro le proprie tesi) quando si è arrivati ad esaminare una nostra mozione sulla viabilità e mobilità in montagna.
Avevamo presentato tale mozione ad inizio novembre, partendo dalle problematiche occupazionali, col proposito di far sì che il Ptcp (Piano territoriale di coordinamento provinciale) includesse l’ipotesi di studiare eventuali ulteriori interventi lungo i tre assi viari che percorrono la montagna reggiana in senso verticale (cioè a dire la statale 63 e le arterie che risalgono lungo le valli dell’Enza e del Secchia), in modo da migliorarne quanto più possibile il tragitto e le condizioni di percorrenza, pur nell’ovvio rispetto delle compatibilità ambientali.
Sta di fatto che al momento del voto quella nostra mozione raccolse la sola approvazione della minoranza, e pertanto venne bocciata. Né dopo di allora la maggioranza ha ritenuto di dover riprendere l’argomento, col risultato che il Consiglio comunitario nulla ha detto in tema di Ptcp; che, è bene rammentarlo, costituisce lo strumento cui la legge regionale n. 20/2000 affida la pianificazione del territorio provinciale, compresa ovviamente la parte montana.
In questo contesto, ai primi di febbraio, dopo che sono scaduti i termini per avanzare proposte ed osservazioni al Ptcp, la presidente della Provincia si dichiara a favore di una galleria di valico, che sul versante toscano sboccherebbe in località Sassalbo; lo abbiamo appreso dagli organi di informazione e l’annuncio, com’era prevedibile, ha provocato una sequela di reazioni, che vanno dal pieno consenso alla più decisa contrarietà, fino a ritenerla iniziativa inutile e dannosa; mentre qualcuno ha preferito lasciarsi andare all’ironia. C’è poi chi vorrebbe vedere al più presto un pronunciamento al riguardo del Parco nazionale.
Si pone dunque una questione di merito - come appunto comprova la difformità dei pareri, nonostante l’entusiasmo manifestato dai vertici comunitari - ma anche quella di metodo non è da meno perché con la prima si salda e si interseca.
E’ naturalmente più che legittimo guardare ad una galleria di valico, ma un progetto del genere non può prescindere dalla più complessiva pianificazione territoriale, e quindi la sede più idonea e naturale per affrontare l’argomento era il Ptcp, per la cui adozione la norma prevede una preliminare fase di concertazione con i vari corpi sociali e istituzionali; una fase che può semmai avvicinare i rispettivi punti di vista, piuttosto che dividere e contrapporre le opinioni, come nella fattispecie sta adesso succedendo.
Del resto proprio il confronto collegiale (che per quanto ci è dato sapere in questa occasione è totalmente mancato) permette di raffrontare le diverse esigenze ed aspettative, per vedere se e come conciliarle, e anche per individuare le priorità e le precedenze, e anche le urgenze, avendo riguardo della reale capacità di spesa; aspetto, quest’ultimo, tutt’altro che irrilevante, soprattutto in tempi di risorse limitate (è la linea da noi seguita quando ad esempio parlammo dell’eventuale prolungamento del tronco ferroviario Reggio-Ciano).
Quanto alle differenti aspettative in campo, non possiamo infatti ignorare i tanti che da sempre intendono che la rete viaria montana debba innanzitutto agevolare l’interscambio verso gli altri distretti della nostra provincia, prima di pensare ad altre realizzazioni.
Né possiamo sottovalutare il pensiero di chi ritiene che vada in primo luogo intrapresa una forte e continua azione di difesa e manutenzione del suolo, nonché di tutela e salvaguardia delle nostre campagne, anche come inevitabile presupposto per la tenuta e la percorribilità della nostra rete viaria, posto che resterà comunque ed essenzialmente una viabilità di superficie; e a conforto di questa diffusa teoria basta scorrere la stampa dei giorni passati, dove non si contano le frane, gli smottamenti e le cadute massi, a darci la misura della sofferenza idrogeologica in cui versa il nostro comprensorio, e che in certi momenti pare assumere i caratteri di una vera e propria emergenza, al punto da farci rientrare tra le zone ad elevato rischio ambientale. In ogni caso siamo di fronte ad una situazione che, anche per le ricadute sui territori a valle, andrebbe riparata e recuperata tramite azioni sistematiche e preventive (e qui torna fuori il discorso del come indirizzare le risorse disponibili, o quelle che si potranno ottenere).
Il confronto delle reciproche posizioni è dunque una tappa per così dire obbligata. Si può forse derogare dalla regola della collegialità se qualcuno dovesse avere a posteriori una intuizione per così dire straordinaria ed eccezionale, sfuggita a tutti gli altri, ma non ci sembra questo caso, non essendo la prima volta che si parla di galleria di valico, come ha recentemente ricordato un ex-sindaco di Collagna.
Per queste ragioni non siamo affatto soddisfatti del come il problema si è posto e ci rammarica parecchio il fatto che in questo campo la Comunità montana sia andata sostanzialmente a rimorchio, quando doveva essere il soggetto protagonista e trainante nel disegnare il futuro del proprio territorio, compreso o meno il traforo del Cerreto.
Non è del resto la prima volta che questo accade. Anche in materia di agricoltura, per venire ad altro settore di indubbia rilevanza ed attualità, ci pare che il ruolo svolto dalla Comunità montana poteva essere molto più attivo, ed incisivo. Lo dimostra il fatto che in questi giorni, sempre da notizie di stampa, presidente ed assessore all’agricoltura del nostro Ente comunitario si sono recati a Bologna, a seguito delle proteste sollevate dal mondo agricolo ma non solo, per vedere come rimediare alla penalizzazione subita dagli agricoltori della montagna quanto ad assegnazione dei fondi regionali. In sostanza si rincorre anche qui il problema, quando andava invece anticipato allorché la Regione ha predisposto il Psr (Piano di sviluppo rurale) per il settennato 2007/2013.
(Marino Friggeri, Riccardo Bigoi, Paolo Bolognesi, Giuseppe Moncignoli e Davide Morani, consiglieri capigruppo di minoranza)