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Chissà chi lo sa?

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Vediamo se c'è qualcuno che può spiegarmi come si mettono insieme i due seguenti atti:

1) il presidente del Consiglio, come noto, sta facendo fuoco e fiamme per stringere sulla possibilità per i magistrati di utilizzare le intercettazioni telefoniche; perché, si dice (dice lui), il popolo è spiato e ha diritto ad una maggiore e sacrosanta privacy;
2) un decreto fresco fresco, approvato ieri in Senato e che ora dovrà passare al vaglio della Camera (cosiddetto “milleproroghe”), prevede tra l’altro, come informano le agenzie di stampa, che i dati personali presenti nelle banche dati costituite sulla base di elenchi telefonici formati prima del 1° agosto 2005 sono lecitamente utilizzabili per fini promozionali fino al 31 dicembre 2009 dai titolari del trattamento che hanno provveduto a costituire queste banche dati prima del primo agosto 2005; in sostanza potremo nuovamente ricevere telefonate per farci comprare questo e quello; motivo? i call center hanno bisogno di lavorare.

Ergo. Se si tratta di opporre argini alla criminalità si invoca la privacy dei cittadini e si legifera in senso restrittivo. Se invece si deve far mercato, vendere e consumare, allora la privacy non vale più e si ridà il permesso di rompere le b… alla gente, tra l’altro contro un provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali teso a mettere un freno al telemarketing selvaggio (vedi). Su internet si trova un significativo commento di Adusbef e Federconsumatori: "Questo è un governo che l'unica cosa che sa liberalizzare sono le molestie".

Qualcuno lì ai piani alti romani sa quel che altri stanno facendo al piano inferiore? Ma che razza di Stato è questo?!?

(Lettera firmata)

2 COMMENTS

  1. Bella domanda
    Bella domanda… Intanto penso che se io fossi spiato e se qualche magistrato ascoltasse le mie telefonate si annoierebbero a morte! La privacy secondo me serve a persone che hanno qualcosa da nascondere, ma sono dell’avviso che alle persone pubbliche, specialmente a chi ci governa, andrebbe tolta completamente per una sicurezza di trasparenza verso i cittadini. Per le promozioni telefoniche già arrivano ugualmente in abbondanza e alle molte telefonate indesiderate rispondo sempre inutilmente di cancellare il mio numero dal loro elenco, ma se poi le liberalizzano con questi “fuochi e fiamme” saremo costretti a staccare la spina! Ognuno si difenderà come può!
    A proposito di “fuoco e fiamme”, allora aggiungo anche questa, un’ulteriore domanda: visto il periodo di emergenza crisi-stipendi-lavoro per tutti, se il nostro presidente del Consiglio attuale (ma vale anche per i precedenti e futuri) così semplicemente, tanto per dare il buon esempio, facesse “fuoco e fiamme” per togliere qualche privilegio a loro stessi, dimezzare il numero dei parlamentari, togliesse qualche ente inutile dirottando il personale verso qualche impegno più produttivo, facesse pagare le tasse veramente a chi ha più possibilità, mettesse qualche tetto sulle pensioni e stipendi più alti (ora Bonolis?), facesse scontare le pene, premiasse chi lavora onestamente, chissà quante approvazioni (e voti) si ritroverebbe! Io penso che i nostri politici abbiano un mondo tutto loro (casta?), non vivono fra la gente, non vanno a fare la spesa, non prendono il tram, non vanno dal barbiere sottocasa… non ascoltano la gente che è più saggia di loro. Ma la cosa che mi fa allontanare di più dalla politica è quella di smentire quanto hanno detto il giorno prima; ma ci prendono per imbecilli?
    Grazie.

    (Elio Bellocchi)

  2. Trasparenza e opacità
    Concordo con il commento che mi ha preceduto. Chi ha cose da nascondere con questa malintesa privacy non è certo il cittadino. Il cittadino (nonché elettore e “datore di lavoro” dei politici eletti) ha invece tutto da guadagnare con la trasparenza degli atti e dei comportamenti. E come si fa a controllare la trasparenza se le norme vanno verso una sempre maggiore “opacità” a favore dei politici e dei pubblici amministratori? Andiamo allegramente verso il bavaglio alla libertà di stampa. L’Italia e la Spagna – secondo la classifica di Reporters sans Frontieres – sono i due paesi dell’Unione europea con la peggiore posizione in classifica (ex-aequo al 39° posto). In Italia il conflitto di interessi di Silvio Berlusconi, allo stesso tempo presidente del Consiglio e proprietario di un impero mediatico, continua a pesare sull’indipendenza del settore radiotelevisivo. Ma la relativa cattiva posizione è dovuta, quest’anno, anche alle decisioni liberticide prese dalla giustizia italiana che ha moltiplicato le perquisizioni, le violazioni del segreto delle fonti giornalistiche e le pene detentive inflitte per sanzionare i reati a mezzo stampa.
    L’ultima trovata in materia sta in un approvando disegno di legge, ed è il divieto “di pubblicare il nome del magistrato titolare dell’indagine”, pena la galera. Così, nessuno avrebbe saputo di De Magistris e della Forleo; sarebbero stati rimossi nel silenzio più assoluto, per aver toccato personaggi importanti. Nessuno avrebbe saputo di “toghe lucane”. Al proposito, il giornalista Carlo Vulpio, che seguiva le indagini relative per il @CCorriere della Sera#C, è stato accusato (assieme ad altri quattro giornalisti e a un capitano dei carabinieri) dai magistrati di Matera indagati in Toghe Lucane di “associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa”, un reato inedito, per il quale è tuttora indagato e intercettato; Carlo Vulpio è stato poi sollevato dall’incarico dal suo direttore. Questa è la condizione della libertà di stampa in Italia.
    Riporto da un’intervista di Concita de Gregorio a Licio Gelli:
    – Ha visto il progetto di riordino del sistema televisivo? “Sì, buono”. – E la riforma della giustizia? “Ho sentito che quel Cordova ha detto: ma questo è il piano di Gelli. E dunque?”.
    E dunque? Sì, ci prendono per imbecilli, e noi ci facciamo manovrare come burattini dal burattinaio (come appunto amava definirsi anche il Venerabile).

    (Commento firmato)