"Meschini e infondati attacchi alla Chiesa. Fini non tenti di cancellare la sue ombre". E' il titolo di un fondo che pubblica il settimanale "La Libertà" nel fascicolo in edicola questa settimana. Il pezzo, firmato e.l. (mons. Emilio Landini?), riprende la posizione assunta subito all'indomani del discorso pronunciato dal presidente della Camera dei Deputati lo scorso 16 dicembre da padre Giovanni Sale, autore di ricerche sulle leggi razziali, emanate nel 1938 dal regime fascista al potere in Italia, basate anche su documenti degli archivi vaticani.
L'estensore dell'articolo riassume le posizioni assunte dal Pontefice del tempo, Pio XI, per poi concludere, sempre con le parole di p. Sale: "Quando Fini dice quello che ha detto sbaglia: evidentemente non conosce questa pagina di storia nazionale che vide contrapposti Pio XI e Mussolini". "Non si fa storia col senno di poi", ribadisce dal canto suo e.l. "Fini proviene da una formazione politica che ha nelle sue radici un rapporto con chi le leggi razziali promulgò; e con l'ebraismo ha avuto un rapporto quantomeno complesso".
Mah!
Di facciata o di sostanza le riflessioni di Fini (anche oltre l’oggetto del contendere) assumono valore di non poco conto soprattutto se accostate alla continua e persistente banalizzazione del fascismo che Berlusconi opera ad ogni piè sospinto, a partire dal confino visto come una sorta di villeggiatura a spese dello Stato. Più che le proteste per le leggi razziali ci pare di ricordare di quel periodo buio le calorose strette di mano alla firma dei Patti Lateranensi.
(Luigi Bizzarri)
Fini è un uomo (e politico) intelligente: sente che l’anticlericalismo (complice l’atteggiamento dell’attuale pontefice) sta montando e si appresta a cavalcarlo. Inutile schierarsi di qua o di là; inutile, perché le leggi razziali furono una vergogna e la chiesa, oggi, dovrebbe prendere seriamente posizione contro le stesse, reiterate, vergogne. Cosa di cui, sinceramente, non mi accorgo. Sarò distratta? Comunque, rileggersi cosa disse a proposito papa Giovanni Paolo II, ripreso in questo documento, può aiutare.
(Normanna)
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@CMessaggio in occasione dei 60 anni delle leggi razziali (1938-1998)#C
Gentile Signore Prof. ELIO TOAFF Rabbino Capo di Roma
Gentile Signora Dott.ssa TULLIA ZEVI Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche d’Italia
La nostra presenza, in questo luogo pieno di memorie, in rappresentanza del Segretariato della C.E.I. per l’ecumenismo e il dialogo, vuole essere un segno di amicizia e di speranza: l’amicizia nostra con voi “fratelli maggiori”, in quanto primogeniti nella fede, che avete tante cose da dirci traendole dal tesoro della secolare tradizione biblica; la speranza che la pianta malefica dell’antisemitismo sia sradicata per sempre dalla storia, a cominciare dalle nostre abitudini culturali e linguistiche. In questi giorni ricordiamo i 150 anni delle libertà civili concesse da Carlo Alberto ai valdesi e agli ebrei nel suo Regno: ed è ricordo gioioso che ci trova partecipi. Ma ricordiamo anche i 60 anni dalle leggi razziali, antiebraiche in Italia: ed è ricordo dolorosissimo, che ci interroga e ci inquieta. «L’antisemitismo non ha alcuna giustificazione ed è assolutamente condannabile», ha ripetuto per tutti con fermezza e chiarezza Giovanni Paolo II il 1 novembre 1997, nel suo discorso ai partecipanti al Simposio vaticano sui rapporti tra cristiani ed ebrei. Dalla comune fonte biblica amiamo ricordare a questo proposito due imperativi d’uso frequente: shemà, ascolta! e zekòr, ricorda!; e una parola inequivocabile: teshuvà. È vero che, come Lei ha detto, signor Rabbino, «vi fu in Italia antisemitismo di Stato e non di popolo»; ma questo fatto non toglie che si tratti d’una pagina oscura della storia recente del nostro Paese. La comunità ecclesiale, anche per lunga acritica coltivazione di «interpretazioni erronee ed ingiuste della Scrittura» (Giovanni Paolo II), non seppe esprimere energie capaci di denunciare e contrastare con la necessaria forza e tempestività l’iniquità che vi colpiva. Scattò spontaneamente però la solidarietà umana e cristiana della gente, e in particolare di tanti sacerdoti e religiosi, quando si passò dalla violenza delle parole alla violenza sull’uomo: la carità venne a mitigare in qualche modo le carenze della profezia, anche se non bastò a fermare la “catastrofe”. (…)
Roma, 1 aprile 1998
+ Giuseppe Chiaretti Arcivescovo di Perugia – Città della Pieve Presidente del Segretariato della C.E.I. per l’ecumenismo e il dialogo
S.E. Mons. Giuseppe Chiaretti
26/05/1998