Riceviamo e pubblichiamo.
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E’ il 1992, ho solo sei anni e sono seduta dietro un banchetto come altri 18 bambini. La maestra mi sta spiegando il processo dell’acqua, i suoi diversi stadi e il passaggio tra l’uno e l’altro ma, soprattutto, la maestra ci spiega che l’acqua sgorga direttamente dalla Terra ed è per questa ragione un bene naturale ed un diritto inalienabile dell’uomo. E' di tutti e per tutti. L’acqua è un bene finito, indispensabile all’esistenza degli esseri viventi.
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E’ il 5 agosto 2008 e il Parlamento italiano, con l’appoggio dell’opposizione (in particolare del Pd) approva una legge (legge 133/2008) che fa parte della cosiddetta “finanziaria triennale” del ministro Tremonti, poi diventato decreto legge 112, che affida “il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali, in via ordinaria, a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica […] ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere affidata a soggetti privati […] tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica in materia di rifiuti, trasporti, energia elettrica e gas, nonché in materia di acqua”; tutto questo con la finalità di “favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operanti economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale”.
In altre parole: privatizzazione dell’acqua. In questo modo in Italia l’acqua non è più un bene pubblico ma semplicemente una merce di cui si impadroniscono le multinazionali internazionali.
Questa situazione trova un antecedente nel caso di Latina, dove la Veolia (multinazionale che gestisce l’acqua locale) ha aumentato le bollette del 300%. A seguito di questa crescita spropositata della spesa per il consumo di acqua i consumatori hanno deciso di attuare una politica di resistenza non pagando le bollette alla Veolia ma direttamente al Comune; come risposta, la multinazionale ha inviato squadre di vigilantes armati e carabinieri per staccare i contatori.
Le questioni fondamentali legate a questo provvedimento che necessitano di essere messe in luce sono molteplici. In primis la questione che possiamo definire “etica”. Come sopra detto l’acqua è un bene di prima, anzi primissima necessità, senza la quale l’uomo non può sopravvivere; è quindi assurda anche solo l’idea di renderla privata e sottomessa ad una gestione non pubblica ed alle leggi del mercato e dell’economia.
In secondo luogo, questa legge è l’ennesima azione che priva i Comuni di entrate, a favore delle multinazionali. Il problema è che in tutta Europa si procede nel senso opposto, ponendo come imperativo socio-politico il principio di sussidiarietà; tale principio, in estrema sintesi, postula che gli enti più vicini ai cittadini devono compiere tutte le azioni che autonomamente e singolarmente sono in grado di fare, senza ricorrere ad enti o strutture “gerarchicamente superiori” (ad esempio le regioni o lo Stato). Ciò deve avvenire per un duplice motivo: perché i comuni conoscono più da vicino, e quindi meglio, la realtà che amministrano e possono rispondere con maggiore prontezza ed efficacia alle esigenze dei cittadini.
In secondo luogo agire seguendo il principio di sussidiarietà equivale ed eliminare oneri agli enti cosiddetti “gerarchicamente superiori” che potrebbero così dedicarsi con più attenzione alle questioni di loro competenza. Se però si continua a procedere nella direzione dell’eliminazione di fondi ai comuni, saranno sempre meno le iniziative che questi potranno promuovere e sempre con minor efficacia ed efficienza porteranno avanti i progetti in corso.
In terzo luogo reputo importante mettere ancora una volta l’accento sullo stato di disinformazione in cui viviamo, per cui si comincia a parlare di questo tema a più di quattro mesi dall’emanazione delle legge, quindi, di fatto, a danno compiuto.
Fortunatamente si stanno moltiplicando le iniziative dal basso, promosse da associazioni, enti pubblici e cittadini contrarie alla privatizzazione dell’acqua e dirette a far riflettere sui consumi della risorsa idrica (non dimentichiamo che l’Italia è il maggior consumatore al mondo di acqua in bottiglia di cui il 65% di plastica). Esempi di questa mobilitazione sono la campagna di Altreconomia per diffondere l’uso dell’acqua del rubinetto; il progetto “100% pubblica” in atto a Venezia che si basa su strategia di marketing proprie delle grandi marche di acqua e rielaborate nel segno dell’acqua come bene pubblico; infine,di particolare interesse credo possa essere il Forum Italiano dei Movimenti dell’Acqua, che ha raccolto un gran numero di testimonial nel mondo dello spettacolo a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare per sottrarre l’acqua dalla leggi di mercato e per garantire a tutti l’accesso ad un quantitativo minimo, ma vitale, di acqua al giorno. Tale proposta “si prefigge l’obiettivo di favorire la definizione di un governo pubblico e partecipativo del ciclo integrato dell’acqua, in grado di garantirne un uso sostenibile e solidale”.
(Giorgia Notari)
Falde privatizzate
Con la privatizzazione dell’acqua si privatizzano le falde acquifere, risorsa comune. Una legge sulla privatizzazione dell’acqua per prima cosa non ci dovrebbe neanche essere e per seconda cosa dovrebbe almeno essere discussa in Parlamento. Si dovrebbero vergognare sia i parlamentari sia le persone che li hanno votati.
(Mattia Rontevroli)
P.S. – Ancora nessuna notizia dai mass media.
Precisazione
La L. 133/08 è stata approvata dalla sola maggioranza di governo e NON “con l’appoggio del PD” come afferma chi scrive. Una semplice ricerca in internet avrebbe permesso di accertare la verità. Del resto, un provvedimento del genere, che contiene anche tutto quanto riguarda la scuola su cui l’Italia intera si è mossa come avrebbe potuto avere il voto favorevole del maggior partito di opposizione?
(Pietro Ferrari)
Risposta alla precisazione
Intanto ringrazio per la precisazione, però in realtà dalle mie ricerche su internet emerge che l’opposizione (se così si può chiamare) ha dato il suo assenso verso questa legge. Entro breve indicherò i vari siti in cui questo viene affermato (per dovere di cronaca) intanto cercherò di fare altre ricerche. In ogni caso credo che l’appoggio si possa offrire in molti modi e il silenzio è uno di questi. Se l’opposizione fosse davvero tale e non fosse stata a favore di questo provvedimento (in modo tacito od esplicito) credo avrebbe dovuto in primo luogo mobilitare l’opinione pubblica o quantomeno avvisare di ciò che stava accadendo, ma qualunque ricerca in internet dimostrerà che nessun parlamentare (qualsiasi sia il suo orientamento politico) ha denunciato l’accaduto tramite giornali o televisione. Forse è proprio vero il vecchio adagio per cui chi tace acconsente.
(Giorgia Notari)
Silanzio assenso?
Come già altri ci hanno fatto notare la politica di opposizione non ha informato su questa misura. Quando un’opposizione non espleta il suo compito è come se favorisse la controparte. Ma forse è solo una mia opinione…
(Commento firmato)