Riceviamo e pubblichiamo.
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Il Consiglio Agricolo Europeo, sotto la presidenza della Francia, ha concluso il percorso di aggiustamento della grande riforma del 2003, con un bilancino tra i vari interessi degli stati membri che, spezzettando oltremodo la torta, rischia di rendere illeggibile ogni disegno europeo.
Innanzitutto è bene ricordare che – come più volte sottolineato anche dalla Commissione europea - non siamo di fronte ad una nuova riforma della PAC, ma soltanto ad un aggiornamento della grande riforma del 2003.
La proposta iniziale comprendeva un complesso di questioni, riguardanti: il passaggio ad un modello regionalizzato degli aiuti al reddito; un graduale e crescente trasferimento (cosiddetta modulazione) di parte degli aiuti ai programmi di investimento e valorizzazione della produzione agricola, del territorio rurale, della qualità, della formazione (lo sviluppo rurale); l’uscita graduale dal sistema delle quote latte, con il contestuale incremento di quelle attuali.
L’accordo raggiunto nei giorni scorsi (giovedì mattina) prevede:
a) che dal 2013 gli unici pagamenti che rimarranno accoppiati saranno quelli per la vacca nutrice (fino al 100%) e per gli ovicaprini (50%); per il resto, dunque, gli agricoltori continueranno a ricevere gli aiuti, liberi da vincoli e con l'unica responsabilità di farli fruttare al meglio;
b) l’accordo dà la possibilità agli stati membri di adattare il sistema di aiuti, e passare da un modello di pagamento per ettaro ‘storico’( distribuiti, cioè, sulla base degli aiuti percepiti nel passato) ad un modello ‘regionale’ (ridistribuendo gli aiuti globali a tutte le produzioni e a tutti i produttori della regione). Le scelte nazionali andranno notificate a Bruxelles entro l’agosto 2009 o 2010 per applicarle dal 2010 o 2011 in poi. Ecco un punto importante. Che farà il nostro Paese? Potrà decidere una generale ripartenza delle opportunità e della programmazione della nostra agricoltura, regionalizzando la globalità degli aiuti. Aspettiamo il governo in Parlamento, con delle proposte serie;
c) l’accordo prevede che lo stato membro possa trattenere fino al 10% degli aiuti diretti al reddito per strategie di politica agricola nazionale, con un quadro di possibilità molto ampio. Ecco un secondo, strategico campo di azione per la politica nazionale e delle regioni;
d) il tasso di modulazione obbligatoria (il trasferimento cioè delle risorse dall’aiuto “a pioggia”, verso gli investimenti e lo sviluppo) aumenterà del 2% nel prossimo anno e di un ulteriore 1% negli anni 2010-2012, raggiungendo cioè un totale del 10% nel 2012 (mantenendo, però, la soglia dei 5.000 €, che esenta quasi i 3/4 di tutte le aziende agricole dell’UE). In aggiunta a ciò, il Consiglio ha stabilito di introdurre il concetto di modulazione progressiva, con un tasso di trasferimento aggiuntivo per le imprese più grandi (ma saranno coinvolte solo lo 0,04% delle imprese dell’Ue). Le politiche di sviluppo hanno dunque più risorse. Ecco un terzo campo di azione, per regioni e per il ministero; si tratta di essere operativi, con una visone strategica che possa competere con gli altri paesi membri;
e) latte: la richiesta “storica” del nostro paese di un aumento della quota nazionale più elevato, per riequilibrare una antica disparità tra produzione e consumo, non ha avuto alcun seguito. Gli altri paesi, (soprattutto la Germania), quindi non “Bruxelles”, hanno fatto muro. Ci è stato concesso che l’aumento annuale dell’1% nei prossimi cinque anni (prima dell'abolizione del regime delle quote) possa entrare a regime, nella sua totalità (5%) nel primo anno. A questo aumento si deve poi aggiungere un ulteriore incremento (il tenore di grasso) che porta il totale a ca. più 5,8%. Questo è quanto! Non è chiaro cosa il ministro abbia scritto a verbale – su richiesta degli altri stati membri – con riferimento alla modalità di distribuzione di questo aumento di quota. Lui sa che nel nostro Paese vige una legge dello Stato sulla base della quale solo chi è in regola con il rispetto delle attuali quote di produzione e/o del pagamento delle multe può ricevere un aumento di quota. Se ci sono altre modalità – sempre nel rispetto della legge – il ministro è chiamato a comunicarle al Parlamento e a concordarle con le regioni. Una volta rispettata la legge e rispettati anche tutti i produttori che la legge hanno in questi anni osservato, si potrà procedere: nessuno, infatti, vuole la rovina di chi ha ritenuto di non osservare le regole; si vuole solo che tutti abbiano di fronte alla legge ed al mercato la stessa opportunità.
Per quanto riguarda la scelta negoziale fatta dal ministro di concentrare al primo anno tutto l’aumento di quota aspettiamo di vedere la reazione del mercato: potrebbe determinarsi anche una caduta seria dei prezzi alla produzione e una grave perdita dei ricavi dei produttori.
Ecco, dunque, in sintesi, l’essenziale dell’accordo. Ora si apre un campo di lavoro importante per le regioni e per il governo sia per mettere a frutto l’accordo sia per impostare una strategia chiara e forte sul futuro del bilancio dell’Ue. Per l’agricoltura, nelle cancellerie dei paesi membri parlano di un ritorno al finanziamento nazionale. Una deriva che bisogna scongiurare. Anche su questo è urgente che il ministro delle politiche europee e il ministro dell’agricoltura riferiscano quanto prima in Parlamento e che rendano finalmente espliciti i loro orientamenti nel dettaglio.
(Sen. Leana Pignedoli, capogruppo Pd Commissione agricoltura del Senato)