E’ possibile una “nuova” sobrietà per salvare i nostri giovani? Me lo chiedevo dopo la lettura dell’appello che il cardinale Tettamanzi ha rivolto alle famiglie perché abbiano a ritrovare la sobrietà nell’educare ad uno stile di vita più essenziale i loro figli.
E’ una bella sfida, forse impossibile da vincere! Ridurre i consumi non necessari, che appartengono al di più, al lusso, incontra le ostilità del mercato e dei giovani stessi, che ti arrivano a scuola, già nelle elementari, griffati, con tanto di cellulare o di iPod.
Francesco Gesualdi, uno degli allievi “storici” di don Lorenzo Milani, in una sua lunga intervista, definiva la sobrietà come “uno stile di vita, personale e collettivo, più parsimonioso, più pulito, più lento, più inserito nei cicli naturali… più in modo di essere che di avere, che sa distinguere tra i bisogni reali e quelli imposti”.
Vallo a dire ai nostri ragazzini che mangiano i chipster a colazione e rifiutano pane e salame per via dei brufoli, che non mettono le scarpe da ginnastica produzione nazionale perché costano meno di quelle delle multinazionali e loro non vogliono fare la figura dei poveracci. Le vogliono, le pretendono, anche se in casa i soldi sono misurati e il momento di crisi economica mette molte famiglie a rischio nel tirare alla fine del mese. Sobrietà per i ricchi, che spesso sciupano ma anche per chi è povero.
Parlavo di questo con alcuni genitori incapaci di contenere le spese voluttuarie dei loro figlioli. Mentre la mamma o il papà si lamentavano del tanto lavoro e dei pochi soldi che portavano casa, i ragazzi sorridevano, non ci credevano, non si rendevano conto delle loro fatiche. Mi prudevano le mani nel leggere sui loro volti questa indifferenza e ingratitudine! Una sberla ben data li avrebbe forse risvegliati da questo stato comatoso di rapporti a senso unico: dove è sempre l’adulto che deve dare?
Una sberla? E’ pericoloso, si corre il rischio di essere denunciati a Telefono azzurro o ai Carabinieri. Accarezzarli è ancora peggio: si è ritenuti dei pedofili. Rimangono solo gli scarponi per una pedata “alla Don Camillo”, ma oggi, in città, non si gira neppure con gli scarponi.
Comunque con la violenza si ottiene niente! Ci rimane sempre lo strumento dell’educazione, che coinvolge in prima persona noi adulti. Il guaio è che noi stessi siamo ingabbiati dalla nostra voglia di benessere per cui il discorso della sobrietà diventa falso rivolto a figli, che si sono fatti furbi e sanno intuire con chiarezza la distanza che esiste tra il nostro dire e il nostro fare!